Jesus Christ Superstar nasce 50 anni fa, nel 1970, dal compositore Andrew Lloyd Webber e il paroliere Tim Rice. La colonna sonora antecede la trasposizione cinematografica che fu diretta nel 1973 dal regista Norman Jewison ed ebbe come protagonisti Ted Neeley (Gesù) – che prese il posto della potente voce di Ian Gillan, diventato ormai frontman dei Deep Purple – Carl Anderson (Giuda) e Yvonne Elliman (Maria Maddalena).
Tra le tante polemiche che il musical ha prodotto vi è quella sull’assenza della resurrezione: esso, infatti, termina con la crocifissione, dopo la quale la troupe di attori risale sul pulmino hippie per tornare a casa.
Si può provare, tuttavia, a leggere diversamente questa scena: nel finale i protagonisti che veramente hanno avuto un contatto con Gesù, mostrano un atteggiamento differente rispetto agli altri attori. Si vede Barry Dennen (Pilato) che, proprio sulla soglia dell’abitacolo, si ferma pensieroso, voltandosi per qualche istante verso la croce; similmente fa, con la tristezza nel volto, Yvonne Elliman (Maria Maddalena); da ultimo Carl Anderson (Giuda) fissa a lungo la croce, anche quando il pulmino parte tra le strade polverose. Ci si accorge che Ted Neeley (Gesù) non è presente tra gli attori che fanno ritorno e, allo stesso tempo, l’inquadratura finale al tramonto, mostra come la croce sia priva della figura di Gesù.
A un certo punto, si intravede in lontananza, come un’ombra, un pastore che, lentamente, conduce un gregge: un’immagine che evoca «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» (Gv 10,11). Durante il film, diverse sono le scene in cui viene inquadrato un gregge: quella più intensa rappresenta Giuda che, appena dopo aver tradito Gesù nell’ultima cena, scappa sparpagliando un gregge di color rossastro, come il sangue che verrà sparso.
Ora, nell’ultima inquadratura, la croce è vuota, il gregge è ricomposto e chi ha avuto un’esperienza con Gesù non è più lo stesso: ma proprio questi sono gli effetti dirompenti e intimi della Resurrezione.