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A 48 anni, Patrick è tornato alla sua infanzia, alle sue esperienze più traumatiche, in un momento in cui sua madre era malata, ogni giorno a letto, in attesa della sua telefonata. Il racconto ci tocca profondamente. È impossibile che la sincerità delle parole dell’A., espresse in uno stile poetico, non ci colpisca. Senza pudore nel presentare la sua fragilità, Patrick finisce per rivelare una forza immensa. Alla fine, affronta la vergogna, la paura, il senso di colpa, l’impotenza nel soffrire e nel non perdonare. Ma ha la forza di dirlo. In definitiva, egli si racconta a noi. E in questo modo si libera. Essendo vittima e riconoscendo tutta l’ingiustizia che gli è stata inflitta, vive oltre il risentimento. Non si chiude in un odio rancoroso, non chiede che un giustiziere ristabilisca la vita perduta.
Per lui ci sono stati molti anni di negazione. Senza rendersi conto che stava cercando di far tacere il trauma, il suo corpo ha finito per gridare dal dolore. I dolori fisici alla schiena lo hanno indotto a consultare numerosi medici. Si è sottoposto a terapie, da quelle consigliate dai reumatologi alle soluzioni suggerite dagli osteopati. Non si liberava dalle crisi periodiche che gli invadevano i giorni e il sonno di notte. Dopo l’insuccesso degli analgesici e dei massaggi, ha cercato di curarsi con la medicina alternativa. Ma i dolori continuavano. I medici non conoscevano il nome della sua malattia. Poi i dolori fisici hanno cominciato a salire verso le labbra (non siamo forse esseri psicosomatici?). La ferita nella sua anima si manifestava in tutto il corpo. Era questo ciò che gli stava accadendo. E, piano piano, Patrick ha iniziato a vivere l’esperienza del dolore sempre meno come un semplice «paziente», per diventare sempre più un «soggetto», una persona che cerca di non doversi sottoporre a dolori sproporzionati.
Il suo racconto ci mostra come la fragilità umana non svanisca con la forza del coraggio di chi vuole percorrere un processo di guarigione. Con il suo libro, Patrick ci aiuta a capire che la denuncia non serve solo a punire l’abusatore, ma è soprattutto un passo fondamentale nel processo di riconciliazione e di cura dei dolori psicosomatici. Persone a lui vicine, spesso legate alla Chiesa, non capivano perché egli volesse a un certo punto presentare una querela. Dopo così tanti anni, esse pensavano che forse sarebbe stato meglio mettere una pietra sopra il problema e andare avanti… Ma fuggire dalla realtà della sua storia non aiutava Patrick a liberarsi dalla rabbia, dal rancore e dal dolore.
Con il suo racconto egli ci fa capire che non denunciare l’ingiustizia porta la vittima a sperimentare una negazione che, invece di cancellare, intensifica il dolore. Una volta commesso l’abuso, è necessario riconoscerlo. Una volta commessa l’ingiustizia, non possiamo vivere fingendo che nulla sia successo perché è passato. Non è passato, ma rimane lì.
Perciò è stato importante per Patrick capire che altre persone erano state vittime dello stesso sacerdote. È strano, ma lui ha provato una certa pace quando esse gli hanno descritto esperienze simili alle sue, perpetrate dallo stesso abusatore. Perché alla fine c’era una comunità di vittime di cui lui faceva parte. Così è finita la paura che il trauma fosse frutto dell’immaginazione di una memoria antica che quel bambino non avrebbe mai voluto avere. Quando qualcuno gli disse che quel sacerdote, il cui nome Patrick non poteva pronunciare senza balbettare, era davvero pedofilo, allora capì che non stava delirando.
Potrebbe sorprenderci che proprio colui che da bambino è stato vittima di un sacerdote oggi sia un gesuita. Possiamo immaginare lo stupore dell’ispettore di polizia, dopo aver ascoltato il resoconto: «Eppure lei oggi è un prete. Com’è possibile?». Patrick ha preso seriamente in considerazione la questione. Essa è stata oggetto di preghiera fino ad oggi. Il suo racconto ci dà la sensazione di trovarci di fronte a qualcuno che, fin da giovane, ha desiderato vivere come Gesù: una vittima che rifiuta di entrare nella logica della violenza, aprendo le braccia sulla croce per amare senza possedere. Questo amore Patrick vuole viverlo nel suo celibato. E così sta continuando il suo processo di guarigione.