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«Legista sine canonibus parum valet, canonista sine legibus nihil»: con questo adagio tramandato oralmente almeno dal XII secolo, ma del quale si hanno testimonianze scritte già nei primi anni del secolo XV, si è voluta sintetizzare l’esigenza inderogabile, per un vero giurista, di una piena conoscenza e padronanza delle due fonti del diritto universale: il diritto romano e il diritto canonico. Di fatto, gran parte della scienza giuridica medievale intese questi due sistemi normativi come due facce della stessa medaglia.
Infatti, la dimensione giuridica è prima di tutto una delle espressioni della comune natura umana, che il diritto positivo umano è chiamato a disciplinare, riconoscendo ciò che è proprio della dignità di ogni persona, anche se allo stesso tempo deve rispettare le diversità proprie di ciascuna cultura e delle diverse tradizioni. Cosa facile a dirsi, ma difficile da realizzare, riproponendosi così, in certo qual modo, l’eterno dilemma che Socrate pone a Eutifrone nell’omonimo dialogo platonico: «Una certa azione è giusta perché piace agli dèi, oppure piace agli dèi perché è giusta?». Come pure il fatto che il diritto non sia riducibile alla legge umana, tanto che lo stesso Platone nella Repubblica fa emergere la pericolosità di una tale concezione attraverso l’opinione del sofista Trasimaco: «Il giusto è l’utile del governante che detta le leggi, perché questi è il più forte». Quindi, a ben vedere, si ha alla fine un solo diritto, in quanto unica è la natura umana, ma si ha una pluralità di ordinamenti giuridici, come giustamente ha sostenuto agli inizi del secolo scorso il giurista Santi Romano.
In questo contesto, e nella profonda convinzione dell’unità del diritto e dei reciproci contributi tra i diversi ordinamenti giuridici, si colloca la presente pubblicazione, che raccoglie 20 relazioni e 13 comunicazioni di giuristi di estrazione civilistica e canonistica, provenienti da differenti centri accademici e di amministrazione della giustizia dei diversi continenti, in occasione del XVII Congresso della Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo, svoltosi a Parigi, presso la Facoltà di diritto canonico dell’Institut Catolique, dal 13 al 16 settembre 2022. L’Associazione, nata con l’intento comune dei docenti delle Università ecclesiastiche e civili di promuovere la conoscenza del diritto canonico, ha festeggiato lo scorso anno il suo 50° anno di vita, ricevendo da papa Francesco un significativo riconoscimento per il lavoro svolto e l’augurio che questo «sia un momento provvidenziale di riflessione per rinnovare la vostra cooperazione in così delicato ambito della Chiesa. Siate consapevoli di essere strumenti della giustizia di Dio, che è sempre indissolubilmente unita alla misericordia» (Messaggio, 1° dicembre 2023).
Tutti i contributi hanno cercato di declinare il trinomio «persona, diritto e giustizia» a vari livelli della società civile ed ecclesiale e nei diversi ambiti del diritto: da quello sociale e patrimoniale a quello di famiglia; dal diritto processuale – con una particolare attenzione al diritto di difesa – a quello penale, con tutte le problematiche riguardanti gli abusi di minori e delle persone vulnerabili, approdando nella parte conclusiva al reciproco vantaggio di un fruttuoso dialogo tra i diversi sistemi giuridici.
L’approfondimento della combinazione tra diritto e giustizia, e soprattutto il contributo specifico del diritto canonico alla loro salutare osmosi nel fenomeno giuridico in quanto tale permeano tutti gli studi, costituendo così un materiale di riferimento per tutti i cultori e gli operatori del diritto, nella certezza che il rapporto e la tensione tra diritto e giustizia siano inseparabili dal rapporto tra persona e diritti umani, e che al riguardo il diritto canonico, in quanto diritto di persone che sono coscienti e riconoscono di essere creature di un Dio che li ha generati e li ha redenti, offra la prospettiva del «fondamento» a tali diritti. Fondamento che in fin dei conti, anche se rifiutato a priori in nome dell’ideologico rispetto della realtà sociale multiculturale e multietnica, viene poi di fatto usato, anche se mascherato e giustificato in tanti modi, nelle varie dichiarazioni dei diritti dell’uomo o nei processi dei tribunali internazionali, come furono quelli di Norimberga.