
Un’opera d’arte proveniente da un tempo distante può ancora pronunciare, per una persona di oggi, una parola di senso, custodire un messaggio che possa dialogare con un interlocutore del nostro tempo, oppure, poco alla volta, è condannata al dimenticatoio? Me lo sono chiesto contemplando le opere del Guercino, attualmente in mostra alle Scuderie del Quirinale, a Roma.
Le opere di Giovanni Francesco Barbieri, chiamato «il Guercino», riflettono il dinamismo romano del periodo barocco in cui Gregorio XV fu papa. Questi, da un lato, promosse la dimensione universale della Chiesa; dall’altro, amò e privilegiò l’arte. Roma fu teatro di vari movimenti. I colori, lo stile vivace del Guercino si presentano come una finestra che offre la possibilità di volgere lo sguardo a questo periodo.
Il Guercino nacque a Cento nel 1591. Fu amico di Ludovico Carracci, che ne stimava il talento. Si formò, come artista, a Ferrara e a Bologna; lavorò a Roma per Gregorio XV. Assunse la direzione, con l’aiuto del fratello, dell’atelier della famiglia. Quando venne a mancare a Bologna nel 1666, era già un artista famoso, da cui apprendevano molti allievi, e richiesto da molti committenti.
L’opera L’incredulità di San Tommaso riassume alcuni elementi fondamentali dello stile del Guercino. La luce invade il dipinto. Il fulcro della luminosità è il corpo del Risorto, che inonda in primo luogo i volti e poi gli abiti degli altri personaggi. La spalla e il petto nudo di Gesù sembrano emergere dal blu. Forse, interpretando il colore del vestito come simbolo di umanità, secondo la tradizione iconografica cristiana, il Guercino offre un’ermeneutica della risurrezione: è il momento in cui nell’umanità risplende la divinità. Ignazio di Loyola sarebbe d’accordo. Se la passione è l’esperienza in cui la divinità si nasconde, la risurrezione è quella in cui la divinità si mostra, esplode. Ed è una divinità che restituisce alla vita un corpo, quello di Gesù, che era stato escluso, lasciato ai margini fino alla morte. Il corpo di Gesù ritorna.
L’incredulità di San Tommaso mostra un ritorno. Lo spettatore ha l’opportunità di ritornare: come direbbe Kant, la bellezza restituisce l’essere umano a sé stesso. L’arte e il Guercino hanno il potere di far sì che chi contempla ritorni a sé stesso. In secondo luogo, il corpo di Gesù ritorna dall’esclusione, e ritorna come corpo luminoso che interrompe l’esclusione della violenza e della morte. Diventa un simbolo che può ispirare e sostenere il ritorno dei corpi oggi esclusi.