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Il bisogno di ripensare il sistema socioeconomico, e lo stile di vita che ne deriva, viene percepito da più parti non soltanto come una necessità, ma anche come un’urgenza dettata dai tempi sorprendentemente eccezionali che viviamo a causa della pandemia. A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso il neoliberismo ha conosciuto la sua «clamorosa» affermazione, colpita profondamente dalla crisi economica del 2008 e oggi messa ulteriormente in discussione da un virus globale inaspettato.
È su queste premesse che si articola il libro di Francesco Maggio, economista e giornalista, che intende spronare le coscienze a un nuovo risveglio e mettere in questione l’era del capitalismo pervasivo e della governance neoliberale, accettata senza condizioni e con cecità nei confronti delle sue storture socio-politiche. «Quando le idee economiche diventano autoreferenziali, quando ogni fenomeno difficilmente spiegabile viene ingabbiato a forza nei paradigmi di quelle idee o peggio occultato se rischia di metterle in dubbio […], ecco che l’economia si trasforma in una scienza non solo triste ma inutile, perché incapace di capire la realtà che cambia continuamente sotto i nostri occhi» (p. 12).
L’autore, invece, capisce con precisione la realtà che abbiamo davanti e presenta alcune questioni sociali che restano sullo sfondo del dibattito quotidiano: passa dallo smarrimento di Milano, che con la pandemia ha lasciato da parte il suo mitico dinamismo per mostrare una fragilità «esistenziale», al ritorno della questione meridionale italiana e del divario sempre più incolmabile tra un Nord ricco e un Sud povero, per poi porre l’attenzione anche sul ruolo del Terzo settore e sui suoi limiti nell’offrire risposte adeguate alle mancanze del welfare state.
Se il cristiano pone l’accento sulla necessità di ridistribuire a tutti le ricchezze prodotte, il neoliberista si è concentrato sull’aumento del Pil e della ricchezza, nella convinzione che poi il mercato aggiusterà il resto. La sintesi sta nella soluzione indicata da papa Francesco, cioè nel mostrare che è possibile organizzare un’economia che proceda nella direzione della prosperità senza però lasciare indietro nessuno. La stessa Dottrina sociale della Chiesa sostiene un modello che garantisce la prosperità, e quindi non promuove la tesi della decrescita. La prosperità è fondamentale, ma deve essere inclusiva e non appannaggio di pochi, come vuole il neoliberismo. La grande sfida del nostro tempo, a cui chiama a raccolta papa Francesco, è quella di far stare insieme la prosperità con l’inclusione.
Ecco allora il richiamo all’utopia, che compare anche nel sottotitolo del testo. Utopia non come sinonimo di demagogia, bensì come riferimento forte alla politica e al pensiero politico oltre il neoliberismo. Che fine ha fatto la politica? Che cosa significa fare politica? Queste domande si intrecciano, fino a chiedere: è possibile un pensiero posteconomico? Attraverso una riflessione attenta e appassionata dei falsi miti della nostra contemporaneità, e grazie a una dimostrazione concreta di cosa sia un esempio di giustizia sociale, viene attribuito un nuovo valore al concetto di utopia.
FRANCESCO MAGGIO
Post economia. L’utopia possibile di una società più giusta
Roma, Armando, 2020, 144, € 16,00.