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Libri
Non chiamateci barboni di Matteo Cantori

Non chiamateci barboni

Quaderno 4061 - pag. 443 - 444

8 Settembre 2019


Spesso si parla, specie negli incontri di catechesi, di «Vangelo vivente». Per molti questo sembra un termine utopico, quasi destinato a rimanere tra le pieghe di qualche bella predica, oppure a rimpolpare la biografia di un santo del martirologio. Eppure il Vangelo vivente esiste sotto forma di poesia tradotta in prosa: una prosa che ritroviamo in questo libro di Angelo Romeo, docente di Sociologia presso l’Università degli Studi di Perugia e le Pontificie Università Salesiana e Gregoriana di Roma.

Dopo un’appassionata prefazione del card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, il libro offre al lettore una sorta di diario di viaggio. È un viaggio tra le periferie del mondo, più o meno vicine, in quanto l’autore, dismesse le vesti di insegnante, è da diversi anni volontario nelle realtà nascoste di Roma destinate ai clochards, ai senza fissa dimora, a quelli che – nella maggior parte dei casi e con tono dispregiativo – vengono chiamati «barboni». Il volontariato dell’autore non si ferma entro i confini romani, ma spazia fino a Calcutta, nella sconfinata missione condotta dalle suore di Madre Teresa.

Non c’è da aspettarsi nulla di straordinario sotto il profilo teorico: non si parla di eventi sensazionali o di soluzioni delle condizioni di indigenza dei poveri incontrati in Italia o in India, bensì di come questi uomini, donne e bambini, profughi, immigrati, braccia senza lavoro, frutti della disperazione, della miopia perbenista e dello scarto, siano, invece, pagine sempre aperte per chi è alla ricerca di Dio e lo vuole toccare, mettere il dito nelle sue piaghe e cercare di curarle.

Non si tratta di retorica quando il card. Montenegro parla di un «amore senza guanti», riferendosi agli incontri in cui l’autore – come tanti altri attivi nel mondo del volontariato – porta non soltanto cibo, medicine e coperte ai clochards, ma si propone anche di sfamare di amore questi uomini e donne dimenticati. Allora è lì che avvengono gli incontri, quelli in cui si tocca Dio. Dio è nelle carni di Renato, di Lino, di Tom, degli ospiti del lebbrosario di Calcutta e di tanti altri che vengono incontrati in qualche angolo sperduto.

L’autore sottolinea l’importanza di ricordarsi sempre di quelli che chiamiamo ingiustamente «barboni». Alle volte, sono storie che vengono proposte solamente durante le festività natalizie, quasi fosse un piatto forte della tradizione mediatica. In realtà, i cosiddetti «barboni» esistono tutto l’anno. E muoiono. Muoiono male, e di questo quasi nessun telegiornale parla, a meno che la morte di costoro non abbia destato un certo scalpore. Ecco, dunque, la frase urlata da uno di loro e che Romeo riporta: «Non siamo solo barboni, siamo esseri umani!».

E se i racconti romani non sono sufficienti per scuotere le coscienze, a sollecitarle ancora di più ci pensa la parentesi indiana. «Brother, come here!» («Fratello, vieni qui!») è il titolo di un episodio avvenuto nella «Città della gioia» che Romeo racconta con vivo trasporto. Esso funge da provocazione: perché andare da un fratello dimenticato? Perché portargli buone parole, del cibo, un sorriso? Perché entrare in un lebbrosario, rischiando, a momenti, un contagio? La risposta ce la fornisce lo stesso autore, parafrasando il passo di Mt 25,40: «Perché ti voglio bene, voglio essere tuo amico».

Tanto basti per incontrare Dio, per entrare nelle pagine di un Vangelo che vive nei poveri e, attraverso i poveri, continua a educare e curare l’uomo di oggi dai frequenti sintomi di una paura, o peggio, di un’inguaribile lebbra, il cui germe proviene dal perbenismo e dall’indifferenza di chi deve ancora toccare Dio.

ANGELO ROMEO
Non chiamateci barboni. Il Vangelo tra i poveri
Bologna, EDB, 2019, 152, € 10,00.


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