Salvatore Cernuzio
IL VELO DEL SILENZIO
Abusi, violenze, frustrazioni nella vita religiosa femminile
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Il libro raccoglie testimonianze di religiose ed ex religiose a seguito di un articolo apparso sulla rivista (G. Cucci, «Abusi di autorità nella Chiesa. Problemi e sfide della vita religiosa femminile», in Civ. Catt. 2020 III 218-226). Esse si possono riassumere con quanto scrive nella prefazione suor Nathalie Becquart, della Segreteria generale del Sinodo: «La vita consacrata […] può generare sia il meglio che il peggio. Il meglio quando i voti religiosi di povertà, castità e obbedienza sono proposti come un cammino di crescita umana e spirituale […]. Il peggio quando i voti religiosi sono interpretati e attuati in modo da infantilizzare, opprimere o addirittura manipolare e distruggere le persone» (p. 10). E «il peggio» è quanto accaduto alle protagoniste di queste dolorose vicende.
Alcuni esempi possono aiutare a comprendere l’ambiente in cui hanno vissuto per anni: divieto, in nome della povertà, di fare la doccia o lavare gli indumenti intimi (Marcela, p. 67; Lucy, p. 145); impossibilità di un confronto che non sia la superiora, anche per la vita spirituale (Anna, p. 78), e usare le informazioni per danneggiarle (Lucy, p. 148). Aspettare mezz’ora sotto la pioggia fuori dalla porta, perché la superiora non ha terminato di cantare i vespri e non è possibile avere le chiavi della propria casa; per una lampadina nuova si deve attendere la venuta della provinciale (A., p. 120). Alla richiesta di svolgere lavori più leggeri per gravi problemi alla colonna vertebrale, Thérèse si sente rispondere: «Dovresti soffrire per Gesù» (p. 93); in caso di abuso, si deve tacere, o si è trasferite perché «siete state voi ad aver provocato i preti» (Elizabeth, p. 107; Alexsandra, p. 111). Ogni concessione è un favore personale («Anche le scarpe delle suore morte è un super regalo», Anne-Marie, p. 59). Tutto è controllato: telefonate, lettere, persone incontrate (Marcela, p. 68; Elizabeth, p. 100). Non manca neppure il razzismo: «Durante il pranzo, tutte insieme, [la superiora] diceva a me e alle ragazze ugandesi: in Africa non mettete le scarpe?” […]. Per lei, venivamo dal Terzo mondo e non potevamo avere capacità di ragionamento» (Anne-Marie, p. 59; Lucy, p. 146). Tutto questo spacciato per volontà di Dio, con gravi ripercussioni sulla vita di fede (Marcela, p. 71; Maria Elena, p. 140) e l’impressione di essere finite non in un monastero, ma in una caserma (Anna, p. 78) o una prigione (Marcela, p. 74).
Dopo anni trascorsi in queste condizioni, con gravi problemi fisici e psichici, la decisione di lasciare la vita religiosa, aprendo un nuovo doloroso capitolo. Chi chiede aiuto alle suore si sente rispondere che «la sua vita fuori era un suo problema e che l’avevano aiutata fin troppo» (Maria Elena, p. 141). Altre si vedono proibito perfino il contatto con le consorelle: dopo 30 anni di vita religiosa nessun saluto al momento dell’uscita e la lettera di dimissioni arriva per posta (Lucy, p. 153, Magdaleine, p. 165). A volte è la superiora stessa che vorrebbe costringere la ex a lasciare anche il lavoro che svolge e fa pressioni sul vescovo, il quale le rifiuta la domanda d’ingresso in un altro Ordine «senza nemmeno incontrarmi né sentirmi» (Vera, p. 128). Altre sono state aiutate dal proprio ex Istituto, ma proprio questo è il punto del problema: si può lasciare un aspetto così importante alla volubilità della superiora di turno?
Situazioni di grande tristezza, specie in questi tempi in cui si chiede da più parti il riconoscimento della dignità e del valore delle donne all’interno della Chiesa. Ma che viene osteggiato dalle stesse donne che le governano.
Queste testimonianze, ammirevoli per il coraggio di uscire allo scoperto, mostrano comunque una storia speculare: alla crescente delusione vocazionale delle sorelle corrisponde la graduale trasformazione delle loro superiori. Esse per lo più non sono descritte come persone cattive, ma il posto troppo a lungo occupato le ha corrotte interiormente, riducendo la vocazione a giochi di potere non dissimili da quanto avviene in ambiti lontani dal Vangelo. È significativa l’osservazione di Marcela sulla sua superiora: «Per me era una vittima del sistema che lei stessa aveva creato» (p. 69).
Nel libro sono presenti anche contributi psicologico-pastorali (Tonino Cantelmi) e canonici (Giorgio Giovanelli) per una riflessione più ampia e propositiva sul tema.
La Chiesa è intervenuta per far fronte alla gravità di queste situazioni: alcuni Istituti sono stati commissariati. Tuttavia, in tempo di grande attenzione del magistero verso il dramma dell’immigrazione, per queste «immigrate silenziose» che hanno lasciato il proprio Istituto non sembra esserci alcun sostegno per continuare una vita di consacrazione.
Il velo del silenzio. Abusi, violenze, frustrazioni nella vita religiosa femminile
a cura di SALVATORE CERNUZIO
Cinisello Balsamo (Mi), San Paolo, 2021, 208, € 20,00.