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Questo libro di Marco Campedelli è un testo a più voci: c’è la sua, che tesse la trama di questo racconto poetico; c’è quella della protagonista, la poetessa Alda Merini; e c’è quella del Vangelo, punto di incontro e sintesi di un rapporto profondo che in queste intense pagine viene menzionato, e amato.
«Il vangelo e la poesia? Che parentela hanno?», chiede l’autore, ricordando un dialogo avuto con la Merini. «Alda rimane in silenzio, poi risponde sottovoce: il vangelo è poesia» (p. 25). Non una poesia astratta, pensata, meditata. La Merini «non ne fa una questione letteraria», ma piuttosto la manifestazione di una forza concreta; un’esperienza carnale, viva; un’energia potente e stravolgente che prende forma nel fluire dei versi.
L’immediatezza della poetica della Merini e l’urgenza impetuosa di espressione che fa seguito a tempi lunghi di silenzio e a giorni vestiti di buio sono la cifra di un percorso difficilmente riassumibile in una definizione. La vita, teatro poetico, con i suoi tumulti, bussa alle porte di queste pagine, lasciando al lettore la possibilità di aprirle e scoprirne luci e ombre.
«Il poeta ha delle lentezze segrete e si porta dietro la casa dei suoi dolori ovunque come una perenne nevrosi che non vuole abbandonare» (p. 36), scrive Campedelli a proposito del «guscio» in cui la Merini si ritrae ogniqualvolta è «toccata nel vivo» della sua storia. E ricorda: «Quando Alda Merini dettava le sue poesie entrava come in uno stato di trance poetica. Come se le parole seguissero le immagini di un sogno, tanto che, se la si interrompeva per chiedere qualcosa che non era chiaro da trascrivere, sembrava come svegliarsi da un sonno ispirato, da un miraggio interrotto» (p. 68).
In questo «sonno ispirato» c’è una dimensione mistica, un tempo di connessione misterioso e insondabile in cui l’abbandono e la resa si tramutano poi in vigore, in ripresa e in una parola autentica «che trasforma la vita». Scrive l’autore: «In questa trasformazione Dio non è estraneo, anzi è complice del nostro cambiamento, è fonte segreta della nostra rinascita» (p. 133). Così nella poesia (mai pubblicata) della Merini, datata 22 aprile 2004 e citata dall’autore, le «membra insalubri» diventano, al momento giusto, «ali»: Io credo fortemente Signore / che Tu esisti / perché tutto ciò che mi circonda / è aria di tenerezza / Io sono così abitata da Te / così bruciante della tua passione / che mi sembra di avere le membra insalubri / e che si stacchino / al momento giusto / per renderti le ali.
Quello che osserva Campedelli è l’affinità elettiva tra il corpo narrante della Merini, «che attraversa il mare della storia altra, dei folli e dei perduti», e la Bibbia, scoperta quale «grande teatro fatto di attori, di scene, di metafore viventi […] in cui si mette in scena la vita, dove le prospettive possono essere rovesciate. Teatro soprattutto perché nella Bibbia la parola si fa azione. Questa parola dove suono e azione sono una cosa sola» (p. 93).
La poesia, per la Merini, è stata un dono misterioso e quotidiano: «L’ha imparata dentro le ferite così come nelle mille risurrezioni della vita». Perciò la Buona Notizia, che la poetessa ha fatto sua, «non è un ossequio confessionale alla religione, ma piuttosto il tracimare di un mosto evangelico che fermenta dentro le misteriose e quotidiane sorprese dell’esistenza. In questo senso la poesia si fa religiosa proprio quando rimane fedele alla laicità del vivere».
In una delle sue brillanti pagine, l’autore riporta un’affermazione dello scrittore argentino Jorge Luis Borges: «Io credo che il lavoro dei poeti sia di natura passiva; si ricevono doni misteriosi e poi si cerca di dar loro forma». La Merini ha messo a nudo gli abissi della sua esistenza, li ha sondati e plasmati nella libertà della poesia e li ha trasformati in vette ripide e vertiginose, tese a toccare il cielo. Ha superato la paura di vivere, vivendo «controvento», nell’autenticità più pura. «La poesia, insiste la Merini, “educa”. Educa il cuore, biblicamente centro del pensiero e del sentimento. Avvia quella trasformazione per cui si diventa finalmente umani. Educa lo sguardo, lo riempie di senso. E da questo sguardo poetico è il mondo stesso a essere trasformato» (p. 139).
Una trasformazione che il libro di Campedelli racconta bene, lasciando poi al lettore il piacere di scoprire che nelle pagine del Vangelo è possibile trovare il proprio posto e «prendere ciò che ci manca: la poesia, necessaria come il pane».
MARCO CAMPEDELLI
Il vangelo secondo Alda Merini. «Ho messo le ali»
Torino, Claudiana, 2019, 160, € 14,90.