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Il contesto dell’articolo. Sono pochi i reperti che ci legano ancora all’antica basilica costantiniana di San Pietro. La vista del polittico giottesco, oggi nello spazio ristretto della Pinacoteca Vaticana, lo fa divenire un caso assolutamente esemplare nell’attuale dibattito sull’opportunità di riportare le opere d’arte nel luogo per il quale furono concepite.
Perché l’articolo è importante?
L’articolo innanzi tutto ricostruisce la storia del polittico, commissionato dal cardinale Jacopo Stefaneschi, nipote di papa Niccolò III, ed eseguito da Giotto all’incirca 700 anni fa (ca 1320) per l’altare maggiore dell’antica basilica di San Pietro.
Giotto privilegiava il fine di ricordare ai visitatori della basilica i mirabilia avvenuti a Roma ai tempi apostolici, in modo che queste storie potessero diventare per tutti veri modelli (exempla). Gli affreschi e i mosaici paleocristiani della basilica, insieme al polittico di Giotto, furono concepiti dunque come una vera ricompensa visiva per tutti quelli che da paesi lontani si recavano a visitare la cattedra di Pietro.
L’articolo offre poi un lettura completa dell’opera. Con esempi concreti, che riguardano il linguaggio gestuale, l’approccio ai simboli, la narrazione per tipologie si sottolinea il carattere eccezionale di questa realizzazione artistica. Negli affreschi della Cappella degli Scrovegni, Giotto aveva già gettato le basi di questo nuovo linguaggio che innesca una reazione dello spettatore a vari stimoli visivi che attivano gli altri sensi. Da un lato, egli sperimenta, rielaborando iconografie precedenti; dall’altro, all’interno delle narrazioni, i simboli non sono più semplici materiali scenici, ma sono investiti della funzione attiva di uniformare i piani narrativi.
Quali sono le domande che l’articolo affronta?
- Perché il polittico Vaticano di Giotto ripropone con forza la riflessione sulla corretta collocazione delle opere d’arte?
- Gli «espedienti» usati da Giotto si trovano soltanto di rado nelle opere dei suoi predecessori. Come spiegare il salto qualitativo?
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IN THE SHADOW OF THE EPIPHANIES. GIOTTO AND THE VATICAN STEFANESCHI POLYPTYCH
This article aims to reaffirm the common belief that Giotto’s polyptych, executed some 700 years ago for the high altar of the ancient basilica of St Peter’s and now housed in the Vatican Museums, continues to be the most important find linking us to that era. The exceptional character of this work of art is emphasised by means of concrete examples involving the language of gestures and the approach to symbols. It shows how Giotto, by confronting the fourteenth-century pictorial traditions, laid the foundations of the artistic vocabulary of the Renaissance.