|
Titolo appropriato quant’altri mai. La notte dell’ultimo libro di Peter Cameron (sessantenne del New Jersey, vissuto tra New York e il Vermont, autore di altri sette romanzi e tre collezioni di racconti) non è solo quella dopo il tramonto, ma quella esistenziale: è il pellegrinaggio di due anonimi protagonisti – un uomo e una donna – impegnati in una missione impossibile, vista l’età e il cancro terminale di lei: l’adozione di un bambino, in una città fredda e aspra, un non-luogo di atmosfera artica, che rimane anch’essa senza nome.
Al centro dell’azione troviamo una geografia straniata e immaginifica, che diventa palpabile metafora del disorientamento della coppia: un grande albergo nella «città vecchia», che ha visto giorni migliori e dal nome improbabile – Borgarfjaroasysla Grand Imperial Hotel –, popolato da un sottobosco di personaggi ambigui e criminaloidi; un orfanotrofio dalle pratiche assai losche a favore della «clientela» internazionale; e la villa-santuario di un guru e guaritore locale, fratello Emmanuel. Intorno, neve, gelo e vuoto.
Molte le evocazioni letterarie e cinematografiche, alcune alte, altre più frivole: lo stolido barman dell’hotel pare la versione in bianco e nero del più scintillante collega, nell’allucinazione di Jack Torrance in Shining; l’ambiguo uomo d’affari sembra uscito dalla penna di Graham Greene; e la ex chanteuse oracolare e alcolizzata da una qualche versione baltica di Casablanca. E così gli spazi inquietanti dello stesso albergo – semideserto, dall’arredo eccessivo, dove la lingua del personale locale è, naturalmente, incomprensibile per i due americani confusi – evocano un poco l’Hotel Transylvania dell’omonimo film di Genndy Tartakovsky e il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson.
Le vicende, i turbamenti, gli incidenti dei due americani, e della corte dei miracoli che si stringe intorno a loro, vagano anch’essi tra le convenzioni letterarie (una particolarità dell’A. è quella di rivisitare creativamente i generi classici): commedia, storia di fantasmi ottocentesca e novecentesco dramma borghese alla O’Neill, o Albee. Malattia del corpo, disamore e incomunicabilità: «Quando stai per morire, disse lei, sembra tutto diverso. Le parole assumono un altro significato, o lo perdono del tutto. Ecco perché non dovrei parlare con te. Vorrei tanto fartelo capire: non ha niente a che vedere con quello che provo, o provavo, per te. Quindi, per favore, non farmi queste domande» (p. 190).
L’ordalia dei due, sofferenti per buone ragioni ma anche inetti e in balia di una realtà sconosciuta e ostile, insidiati da fuori e imprigionati dalla loro stessa identità sociale e razziale – bianchi facoltosi nord-americani, implicitamente prevenuti –, è il classico viaggio nella selva oscura.
Ma non tutto è come sembra: la cantante sul viale del tramonto, che s’intromette nelle loro vite, dalla storia complicata e un nome evocativo di altri luoghi – Livia Pinheiro-Rima –, ha non solo saggezza da vendere, ma sarà l’angelo caritatevole che presterà soccorso nelle ore più oscure.
A sua volta, l’altro invadente comprimario, il misterioso uomo d’affari, non è solo un predatore sessuale, ma si rivelerà amico vero quando l’uomo viene inesplicabilmente pestato, oltre che una specie di oracolo di verità sgradite. E persino il santone, che offrirà rifugio e ascolto alla donna alla fine dei suoi giorni, non ne avrà potuto curare il male per via spirituale, ma l’avrà forse aiutata a salvarsi l’anima.
Il fascino straniante del romanzo risiede intero nella sua mescolanza di intenti e registri, come un cantiere lasciato a metà, dove si intravede a malapena la casa finita che ne uscirà, ma intanto si ammirano l’ardire del progetto e la bellezza delle singole parti. La topografia immaginaria di Cameron incornicia il paesaggio irriducibilmente complesso delle relazioni umane, le metamorfosi che attraversiamo nostro malgrado, i tradimenti delle nostre migliori intenzioni, ma anche la possibilità sempre presente che la grazia ci sfiori, nonostante o forse proprio a causa della nostra inadeguatezza.
PETER CAMERON
Cose che succedono la notte
Milano, Adelphi, 2020, 242, € 19,00.