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In questo libro Franco Marucci – per anni docente di Letteratura inglese a Venezia, Ca’ Foscari – affronta un tema inusuale nella narrativa odierna. Il suo romanzo, intitolato Altomare, ruota tutto quanto intorno alla vocazione, intesa nel senso più letterale del termine, cioè la vocazione sacerdotale, scoperta o riscoperta da uno studente ancora fresco di maturità classica. Il romanzo a sfondo storico è diviso in tre capitoli, i cui titoli allusivi, modellati su participi passati e volutamente sfasati rispetto agli accadimenti interiori, mirano a disegnare un cammino spirituale di «tesi-antitesi-sintesi».
Il primo capitolo si intitola «Atterrato», che significa concretamente «sceso da un aereo», come succede al protagonista Bill alla fine del capitolo; ma significa anche «con il morale a terra», quindi ben lontano dall’essere giunto a destinazione. Perciò nel secondo capitolo – «Ripartito» – il protagonista simbolicamente riparte. L’approdo si delinea un anno dopo, quando Bill – il quale, abbandonando quel vezzeggiativo, torna a chiamarsi William – sente echeggiare su un peschereccio, in mezzo al mare, frasi che suonano come una scherzosa parodia della chiamata di Gesù agli apostoli e dell’esortazione a farsi pescatori di uomini. Il terzo capitolo – «Approdato» – si chiude sul ricordo di un giorno di novembre in cui, ancora fanciullo, William aveva sentito leggere nella festa di Tutti i Santi il brano dell’Apocalisse che parla dei 144.000 segnati: «Sentiva che era stato scelto, che era stato chiamato, che era tra i segnati» (p. 78).
La trama è retrodatata a fine anni Sessanta del secolo scorso. Il romanzo, in parte «storico», offre uno spaccato della cultura italiana di provincia e di un microcosmo giovanile all’inquieta vigilia del Sessantotto. È perciò ambientato nel mondo della scuola e, per due dei tre capitoli, in una città di mare, in estate, con scene che si svolgono in un bar sulla spiaggia. Per sottolineare la risposta del protagonista alla dimenticata, ma pur sempre presente, «vocazione» avvertita nell’infanzia, l’autore ha organizzato i primi due capitoli in progressione cronologica, ma con una differenza: mentre nel primo il protagonista è in terza persona, nel secondo – che scandisce le note di un diario – è in prima persona. Il diario di voci mimetiche registra ora il tran tran scolastico, ora i flirt adolescenziali, le amicizie, gli entusiasmi e le delusioni, e soprattutto un crescente senso di vuoto e di abulia. Nel suo percorso di frammenti scollegati, come impone il genere, il diario seleziona e riassume gli avvenimenti interiori ed esteriori di un intero anno scolastico fino alla «vocazione».
Alla fine della seconda estate questo diario, riletto sul peschereccio – e anche per noi –, si interrompe d’improvviso. Il protagonista Bill-William si sente come davanti a un bivio e si domanda se dovrà andare avanti in una direzione ignota, o tornare indietro rispetto alla folgorazione ricevuta in occasione della prima Comunione e della Cresima. Ricorda che «il vescovo gli aveva tracciato sulla fronte il segno della croce, e William tastandosi credeva veramente di infilare le dita come in veri e propri solchi scavati perpendicolarmente fra loro, simili alle scanalature dei bicchieri pregiati nella credenza. Era intimamente sicuro che quei solchi così tangibili non ci fossero mai stati prima e che fossero stati scavati lì per miracolo divino, mentre il vescovo li aveva tracciati con l’olio santo» (p. 75).
Il romanzo va dunque letto cominciando idealmente dal terzo e ultimo capitolo, che rinarra rapsodicamente l’infanzia del protagonista fanciullo, colpito dai più svariati e minuti dettagli visivi, che hanno scavato una traccia profonda nel suo immaginario. Un romanzo, dunque, controcorrente in un tempo, come il nostro, di disaffezione al sacro, sperimentata anche da chi si è lasciato alle spalle la giovinezza.
Da alcuni particolari che traspaiono qua e là, si ha l’impressione che sotto lo pseudonimo Bill-William si nasconda il fratello dell’autore, Corrado, ormai nella casa del Padre, che sui vent’anni approdò dai gesuiti, gettando nello sconforto chi su di lui aveva vagheggiato altro; in seguito fu sacerdote, ricercatore e docente di scienze bibliche in Italia e all’estero, apprezzato da quanti nello studio non si contentano di raschiare in superficie.
FRANCO MARUCCI
Altomare
Roma, Castelvecchi, 2020, 80, € 13,50.