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Con questo volume inizia una nuova collana di testi dei Padri della Chiesa. I criteri adottati sembrano quelli della già collaudata Sources Chrétiennes (dei gesuiti di Lione): introduzione, testo critico, traduzione e note di commento.
Lo scritto A Diogneto è uno dei gioielli della prima letteratura cristiana, spesso annoverato tra i Padri apostolici, in quanto l’autore afferma di essere un «discepolo degli apostoli» (11,1). Tuttavia i cc. 11-12 hanno sempre fatto difficoltà, sia perché nel manoscritto che contiene l’opera essi sono preceduti da una lacuna, sia per una diversa ambientazione teologica. Gli studiosi si sono così divisi tra i sostenitori dell’unità dell’ Ad Diognetum e quelli invece che considerano i cc. 11-12, se non di un altro autore, almeno parte di un’altra opera.
In una nostra recensione del libro La questione dell’unità dell’ Ad Diognetum, di Marco Rizzi, strenuo assertore dell’unitarietà dell’opera, esponevamo le nostre perplessità, optando per una totale separazione dei cc. 11-12 dal resto dell’opera («L’enigma dell’“Ad Diognetum”, in Rassegna di Teologia 32 [1991] 327-332). Ora, anche Fabio Ruggiero opta per questa posizione, ponendo i
cc. 11-12 in appendice. Cosa che, purtroppo, porta a svalutare questi due capitoli, che meriterebbero un commento a parte.
Tornando al testo dell’ Ad Diognetum (cioè i cc. 1-10), sono state avanzate molte ipotesi sul probabile luogo di provenienza: Asia Minore, Alessandria d’Egitto, Roma. Nel nostro succitato articolo avevamo osservato che in 10,2, parlando della creazione degli uomini, l’autore si esprime così: «Dio […] li ha plasmati (eplase) dalla (ek) sua propria immagine». Abbiamo qui la fusione di due versetti biblici: quello di Gen 1,17, dove si dice che Dio crea l’uomo «secondo l’immagine di Dio», e quello di Gen 2,7, dove si dice che «Dio plasmò (eplasen) l’uomo, polvere dalla terra». Ora noi sappiamo che la lettura alessandrina di quei versetti, a partire da Filone, li manteneva accuratamente distinti, ravvisando nella creazione «secondo l’immagine» solo la parte spirituale dell’uomo, mentre il «plasmare» riguardava la dimensione corporea. Invece, una fusione dei due versetti la troviamo in Ireneo, che parla delle «mani del Padre, cioè il Figlio e lo Spirito», che modellano l’uomo «a immagine di Dio» (Adversus haereses V, 6,1). Un alessandrino non si sarebbe mai espresso così. Di conseguenza, per l’ Ad Diognetum l’origine alessandrina andrebbe decisamente esclusa. Quanto all’origine romana, sostenuta da Norelli e condivisa da Ruggieri, essa è plausibile, ma ci sembra troppo generica, in quanto nella Roma cristiana del II secolo convergeva un po’ di tutto.
Ruggieri fa opportunamente rilevare come questo breve scritto, rimasto del tutto sconosciuto fino alla sua scoperta nel 1435, sia stato utilizzato più volte, ma non sempre con esattezza, nei documenti del Concilio Vaticano II. In particolare, è celebre il c. 6, citato da Lumen gentium, n. 38, dove si dice che «ciò che l’anima è nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo».
La «guida alla lettura» (pp. 27-62) è una vera e propria introduzione contenutistica, usufruibile anche da chi non ha intenti specialistici. Per i più raffinati, valgono le «osservazioni critiche» (pp. 63-87). Ci saremmo aspettati qualche maggiore osservazione sullo stile, che è certamente apprezzabile. Non ci piacciono invece i caratteri greci usati, perché troppo simili al corsivo.
A Diogneto
a cura di FABIO RUGGIERO
Roma, Città Nuova, 2020, 176, € 27,50.