
«Educazione» e «azione educativa» sono due termini correlati e per molte persone probabilmente anche sinonimi; ma non è così. Riteniamo un grave errore associarli e restringere l’istituzione docente alla sua spazio-temporalità, assecondando tale associazione spontanea: tra l’altro, perché così la «scuola» finisce con l’addossarsi tutto il peso e la responsabilità della diseducazione delle persone e delle collettività alle quali per secoli ha prestato i suoi servizi[1].
Ci pare invece che l’espressione «azione educativa» – usata al posto di «educazione» – possa includere meglio le molteplici prassi alle quali desideriamo riferirci in questo articolo. Il fatto di non essere grande conoscitore della teoria pedagogica e di non lavorare in una istituzione non impedisce infatti a nessuno di essere un eccellente educatore nella quotidianità delle relazioni più svariate: sportive, ludiche, religiose, politiche, economiche, culturali, familiari, commerciali e così via. In questo senso, sono attori educativi tutti coloro che svolgono in qualche modo un servizio che accompagna e incoraggia l’umanizzazione di persone e collettività.
Il «Patto educativo globale»
Possiamo leggere in un simile allargamento dell’orizzonte educativo una delle grandi intuizioni di papa Francesco, nel momento in cui propone di ricostruire un «Patto educativo globale» (Global Compact on Education).
Usando il termine «patto», il Papa
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