
L’«operazione di terra»
La cosiddetta «operazione di terra», tanto attesa quanto temuta, anche dai sostenitori di Israele, è iniziata con la penetrazione di uomini e carri armati israeliani nel territorio della Striscia di Gaza il 20 ottobre, 13 giorni dopo il terribile attacco dei miliziani di Hamas, che ha causato la morte di 1.200 civili israeliani. La risposta dell’esercito israeliano è stata immediata: il Nord della Striscia è stato bombardato, con potenti raid aerei, per diversi giorni, provocando la morte di più di 10.000 palestinesi, molti dei quali bambini. «C’è un tempo per la pace e un tempo per la guerra», ha commentato il 30 ottobre il premier israeliano Benjamin Netanyahu, e questa sarà, a quanto pare, una guerra lunga e sanguinosa, combattuta a Gaza, fino alla distruzione di Hamas.
È un’operazione non facile, perché, a differenza dell’Isis, questo non è un gruppo ben definito di terroristi, ma un partito politico islamista, nato come filiazione palestinese dei «Fratelli musulmani», con finalità religioso-assistenziali; ha governato Gaza dal 2007 ed è andato man mano radicalizzandosi. Certo ha i suoi capi – molti dei quali vivono in altri Paesi arabi, soprattutto il Qatar – e le sue strutture amministrative, ma quanti sono di fatto i
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