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ABSTRACT – Nel luglio del 1914, a Lourdes, cattolici tedeschi e francesi, ognuno nella propria lingua, avevano pregato pacificamente insieme. «Due settimane più tardi, era scoppiata la guerra in Europa, e i pellegrini di Lourdes, tornati in patria, all’ombra delle proprie bandiere nazionali, si scagliavano gli uni contro gli altri». Così scriveva p. Jules Lebreton sulla rivista dei gesuiti francesi Études. Per i cattolici di entrambi i fronti lo scoppio della Guerra mondiale non era stato affatto l’ultima conseguenza di un distacco decennale: fu piuttosto avvertito come la dolorosa distruzione di una solidarietà internazionale.
Quali furono le posizioni delle tre riviste dei gesuiti Stimmen der Zeit (Germania), Études (Francia) e La Civiltà Cattolica sulla Prima guerra mondiale?
In Stimmen der Zeit e in Études troviamo da una parte, l’identificazione scontata e acritica con la «giusta causa» della propria patria; dall’altra, lo sforzo di essere equi verso il nemico e la prospettiva futura di una possibile riconciliazione a guerra finita. Tutto questo con sfumature diverse e qualche riserva nei confronti di un nazionalismo esagerato.

Papa Benedetto XV
La rivista italiana dei gesuiti La Civiltà Cattolica, invece, si distingue per una rigida imparzialità e per la conseguente distanza da ogni nazionalismo. Essa si mantiene coerentemente lontana dalle tesi sulla possibile azione purificatrice delle guerre o da quelle sul loro potenziale di stimolo religioso. Invece, si pone sulla linea di quanto detto da papa Benedetto XV, per il quale la guerra è un’inutile «strage» e un «suicidio» dell’Europa.
Di qui la recezione dell’iniziativa di pace del Pontefice – una pace senza vincitori né vinti, con una rinuncia reciproca alle riparazioni dei danni di guerra – che solo da La Civiltà Cattolica viene fatta senza riserve.
Le altre due riviste non la criticano, ma l’accettano piegandola in senso nazionale. A ciò corrispose anche la presa di posizione sul trattato di pace di Versailles, che si andava delineando. Una presa di posizione che è negativa già ne La Civiltà Cattolica del 1° febbraio 1919. Il Congresso di pace che si tiene a Parigi – afferma la rivista – mira a una pace dei vincitori che si spartiscono tra loro il bottino e che porta in sé il germe di guerre future.
Già nella sua esortazione apostolica del 28 luglio 1915, a un anno dallo scoppio della Prima guerra mondiale, Benedetto XV aveva scritto: «Riflettasi che le Nazioni non muoiono: umiliate ed oppresse, portano frementi il giogo loro imposto, preparando la riscossa e trasmettendo di generazione in generazione un triste retaggio di odio e di vendetta». I fatti avrebbero dato ragione al Papa.
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THE FIRST WORLD WAR: NATIONALISM AND DIALOGUE BETWEEN PEOPLES CONSIDERED. The debate between Jesuit magazines
What were the stances of the three Jesuit magazines Stimmen der Zeit (Germany); Études (France); and, La Civiltà Cattolica on the First World War? In Stimmen der Zeit and in Études we find a clear identification in the “just cause” of one’s own nation, albeit with different nuances and some reservations towards unbridled nationalism. For La Civiltà Cattolica, however, the culprit of war is not a specific nation, but a modernity free of any transcendent connection. Hence, the reception of Pope Benedict XV’s peace initiative, which has only been considered wholeheartedly by La Civiltà Cattolica. Though the other two magazines do not criticize the peace initiative, they accept it while interpreting it in a national sense. The Author is professor emeritus of Church History at the Hochschule of Philosophy and Theology “Sankt Georgen” in Frankfurt.