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A Roma, il 25 marzo scorso, presso la sede de «La Civiltà Cattolica» è stato presentato il volume «La Chiesa in Cina. Un futuro da scrivere», curato dal nostro direttore, p. Antonio Spadaro, e dedicato ai rapporti tra Chiesa cattolica e Cina dopo l’accordo provvisorio raggiunto tra la Santa Sede e Pechino sulla nomina dei vescovi. Il volume reca la prefazione del Segretario di Stato di Sua Santità, cardinale Pietro Parolin. Alla presentazione sono intervenuti mons. Claudio Maria Celli, il preposito generale dei gesuiti, p. Arturo Sosa, e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato da p. Sosa[1].
Inculturazione: al seguito dell’incarnazione kenotica di Gesù
Ha scritto papa Francesco nel suo Messaggio del 26 settembre 2018 ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale: «Da parte mia, ho sempre guardato alla Cina come a una terra ricca di grandi opportunità e al Popolo cinese come artefice e custode di un inestimabile patrimonio di cultura e di saggezza, che si è raffinato resistendo alle avversità e integrando le diversità»[2].
Leggo il volume La Chiesa in Cina. Un futuro da scrivere, a cura di p. Antonio Spadaro, in questa chiave. L’unica finalità di questo mio intervento è quella di condividere le riflessioni suscitate dalla lettura del libro. Il lettore si tramuta, a partire dalla sua sensibilità e dal suo punto di vista esistenziale e intellettuale, in interlocutore degli autori dei capitoli di questo volume, che, a loro volta, li hanno scritti a partire dalla loro prospettiva ed esperienza personale. Si tratta di un dialogo su alcuni aspetti della vasta e complessa realtà della Chiesa in Cina. Le riflessioni che condivido non rappresentano la posizione ufficiale della Compagnia di Gesù in relazione ai temi trattati nel libro, né alla situazione politica o alla Chiesa in Cina. Io stesso non ho esperienza diretta della Cina, tuttavia appartengo alla Chiesa presente in Cina e ad un corpo – la Compagnia di Gesù – che ha avuto, e continua ad avere, molte relazioni con la Cina.
La presenza della Chiesa in Cina risponde all’invito del Signore ad andare a tutti i popoli del mondo, essere in tutti gli angoli della terra, per invitare gli uomini a trasformare la propria vita, renderla più umana secondo il modello che abbiamo ricevuto in Lui.
Uno sguardo al mondo attuale ci dice che, se non facciamo i conti con tutto ciò che la Cina rappresenta, non è possibile avanzare nella riconciliazione tra i popoli del mondo. Tanto meno, senza la partecipazione cosciente e attiva del popolo cinese, sarà possibile ottenere l’equilibrio ecologico sostenibile del Pianeta né raggiungere le mete delle Nazioni Unite quanto al superamento della povertà e allo sviluppo umano.
La Chiesa e la Compagnia di Gesù hanno cercato, cercano e continueranno a cercare di inculturarsi nella complessa e mutevole realtà sociale di quella immensa nazione che è la Cina. Un’inculturazione che si ispiri all’incarnazione di Gesù, il quale si è fatto presente nella storia umana in mezzo a una realtà di povertà e di oppressione sociale, religiosa e politica. L’inculturazione secondo lo stile di Gesù è un cammino kenotico, cioè il suo punto di partenza è s-legarsi, tirarsi indietro, da ogni posizione di privilegio e di potere, per farsi «uno dei tanti» (cfr Fil 2,6-8).
Per la Chiesa inculturarsi nella realtà cinese implica abbandonare ogni pretesa di sapienza o riconoscimento sociale per «trasferirsi» nella nuova realtà nella quale desidera vivere pienamente. L’inculturazione comporta l’uscire dalla propria casa per andare ad abitare nella casa dell’altro, e quindi imparare a vivere in una casa diversa da quella a cui si è abituati.
L’inculturazione è un incontro aperto e sincero in cui ciascuno mette in gioco il suo essere. Il cristianesimo ha qualcosa di molto valido da offrire a ogni cultura umana, in ogni momento della storia. Il suo tesoro è la persona di Gesù Cristo, che ci ha rivelato il Volto misericordioso di Dio e ha aperto il cammino della fratellanza, attraverso il quale ci riconosciamo come esseri umani, fratelli e sorelle, responsabili della Casa comune, in cui possiamo abitare in pace se, guidati dallo Spirito, perseguiamo la giustizia sociale. L’incontro che deriva dallo sforzo di inculturazione si attua solo se viene suscitato dall’amore che Dio ha versato nel cuore di ogni essere umano e si riflette in molti modi nelle diverse espressioni culturali di ogni popolo.
Poiché il cristianesimo non è una cultura ma una fede religiosa capace di incarnarsi in ogni cultura umana, esso non entra in competizione con le culture a cui si rivolge e con cui si incontra. Al contrario, offre a ognuna di esse una nuova opportunità di andare più a fondo nella conoscenza delle proprie radici e di aprirsi alla realtà universale dell’umanità piena.
Per questo l’inculturazione rende possibile l’esistenza del «cattolicesimo cinese», che è, nel medesimo tempo, cattolicesimo universale. Il cattolico cinese conserva le sue radici profondamente immerse nella sua cultura ed esprime la sua fede in modalità che la sua cultura offre per simboleggiare ciò che egli è e ciò che vive. Allo stesso tempo il cattolico cinese partecipa al corpo universale della Chiesa che, ispirata dallo Spirito di Gesù, cerca di contribuire al processo per riconciliare tutte le cose in Cristo.
«Sinizzare» il cristianesimo in Cina non è facile. Si tratta di un processo complesso e sempre incompleto. Tanto complesso quanto la realtà culturale cinese, con la sua immensa varietà e la sua ampiezza di tradizioni. Incompleto, perché nessuna cultura viva è statica: ogni cultura invece è mutevole, per cui il processo di inculturazione comporta uno sforzo continuo nel tempo, impossibile a realizzarsi una volta per sempre. Nessuna espressione culturale, sociale, economica o politica del passato o del presente può considerarsi la piena inculturazione del cristianesimo in Cina. Un autentico processo di «sinizzazione» del cattolicesimo nella varietà di culture della Cina è un processo dinamico, sempre aperto e incompiuto.
Come ha dimostrato la storia della Cina, l’inculturazione secondo lo stile «kenotico»[3] di Gesù comporta una notevole dose di umiliazione. Conseguentemente, disporsi a far parte del presente e del futuro della Chiesa in Cina significa accettare la possibilità di essere umiliati per trasformare l’umiliazione in fonte di vita nuova.
Riconciliazione in un mondo che si trova in un cambiamento epocale
Viviamo in un mondo che, a prescindere dalle ambiguità di ciò che chiamiamo «globalizzazione», si fa sempre più universale. L’interdipendenza tra i popoli, le culture e le nazioni del mondo è una realtà caratteristica del tempo in cui viviamo e si proietta come una dimensione essenziale del mondo futuro. Contribuire alla riconciliazione e alla giustizia, nel presente e nel futuro, implica, in primo luogo, riconoscere la ricchezza rappresentata dalla diversità culturale del nostro mondo e, in secondo luogo, garantire la giusta partecipazione di ogni espressione culturale al volto multiculturale dell’umanità universale.
La Compagnia di Gesù si propone di collaborare nell’opera di riconciliazione e nella promozione della giustizia, in sintonia con la Chiesa, con papa Francesco e i cattolici cinesi, secondo le sue «Preferenze apostoliche universali»[4], tra le quali risalta la seguente: «Accompagnare gli impoveriti ci obbliga a migliorare i nostri studi, le analisi e la riflessione per comprendere in profondità i processi economici, politici e sociali che causano tanta ingiustizia, e contribuire alla produzione di modelli alternativi. Ci impegniamo a favorire un processo di mondializzazione/globalizzazione in cui si riconosca la multiculturalità come ricchezza umana, si protegga la diversità culturale e si promuova l’interculturalità».
La crescente partecipazione della Cina al processo globale di sviluppo della società umana ha aperto molti fronti di rinnovamento all’interno della società cinese. Al governo socialista che regge la Cina si presenta l’enorme sfida di adattarsi alla nuova era dell’umanità, in cui ha deciso di assumere una partecipazione attiva e di prim’ordine. La dimensione politica di tale sfida è di fondamentale importanza.
L’apertura alla nuova era dell’umanità sta esigendo un ripensamento radicale dell’esercizio del potere pubblico. I segni presenti possono sembrarci poco incoraggianti. Il cambiamento epocale sembra aver portato con sé un indebolimento delle forme democratiche di governo delle nazioni. In tutte le regioni del Pianeta sorgono infatti governanti che portano avanti ideologie fondamentaliste o populiste, che si ergono a espressione unica delle proprie nazioni e le governano secondo i propri interessi particolari, senza promuovere la partecipazione dei popoli nel prendere decisioni che abbiano come obiettivo il bene comune, sia nel presente sia nel futuro.
La dimensione politica è centrale quando si tratta di favorire la riconciliazione tra gli uomini. Questa infatti non si ottiene attraverso la concentrazione del potere nelle mani di pochi, né all’interno di ciascuna nazione né in ambito internazionale. Essa esige che si torni a presentare il bene comune come orizzonte dell’azione politica, e l’espansione della coscienza civica come garanzia del mantenere sempre viva questa ricerca del bene comune. La decentralizzazione del potere e il bilanciamento tra gli attori sociali che lo esercitano sotto il controllo di una cittadinanza consapevole è una condizione per progredire nella giustizia sociale e nella riconciliazione dei popoli e tra le nazioni.
Esistono molti indicatori che segnalano che la società del futuro sarà secolare. In un modo o nell’altro, tutte le società attuali vivono processi di secolarizzazione. In molti casi la secolarizzazione dà vita a forme estreme che giungono a combattere contro qualunque espressione religiosa, partendo da un ateismo militante o dal fondamentalismo religioso, che porta alla mitizzazione di un’unica forma di religione. Conosciamo oggi molti modi di persecuzione religiosa associata al secolarismo o al fondamentalismo religioso. In altri casi, la secolarizzazione produce l’indifferenza religiosa e interrompe la trasmissione sociale delle pratiche e degli insegnamenti religiosi.
Quando si superano queste forme estreme di secolarismo, si dà l’avvio a una società secolare matura, in cui esistono le condizioni per l’esercizio della libertà come caratteristica propria dell’essere umano. Libertà che deve esprimersi tanto nei rapporti politici, economici e sociali quanto nella sfera culturale e religiosa. Il contesto secolare offre pertanto nuove possibilità per l’esercizio della libertà religiosa, sia personale sia istituzionale.
Altri segni indicano chiaramente che nella società del futuro la città, cioè ciò che è «urbano», avrà un peso superiore a quello che ha avuto in un passato segnato dalle relazioni tipiche di un contesto contadino. Il cattolicesimo urbano rappresenta in Cina – come in tante altre regioni del mondo – una novità e una sfida. La novità deriva dalla differenza delle relazioni umane che si generano nel mondo urbano rispetto a quelle che caratterizzano la società contadina. L’urbano inoltre si trova in un rapido processo di cambiamento costante, in quanto la novità non si limita alla transizione dal contadino all’urbano, ma richiede la capacità di tenere il passo con i cambiamenti in ciascuno di questi ambiti e nei rapporti tra loro.
Di fronte a tali trasformazioni umane e sociali sorge la sfida di trasmettere il messaggio del Vangelo. La presenza e azione della Chiesa è pastorale, cioè originata e mantenuta nell’impegno di annunciare la Buona Notizia di Gesù Cristo in tutti gli angoli della terra e in ogni momento della storia umana. L’attività della Chiesa in Cina, inclusa la partecipazione della Santa Sede a vari livelli, va intesa come pastorale e tiene conto dei dettagli propri delle attuali relazioni sociali all’interno della Cina e del suo contesto politico.
Sia le relazioni sociali sia il governo socialista cinese sono in evoluzione. Comprendere e attendere tale evoluzione è una condizione necessaria per realizzare il contributo alla riconciliazione e alla giustizia che la Chiesa si propone di dare nel compimento della sua missione.
La missione di riconciliazione e di giustizia assume in Cina una dimensione interna di speciale importanza e complessità. Come in ogni processo di riconciliazione, si richiede di ricostruire la fiducia tra tutti i protagonisti della vita istituzionale della Chiesa. Ristabilire la fiducia implica conoscere ciascuno dei membri attivi e riconoscerli come uguali, come fratelli e sorelle. Implica conoscere la loro storia e riconoscere l’autenticità con la quale l’hanno vissuta.
Ricostruire la fiducia apre le porte all’amicizia. Nel caso dei cattolici cinesi, si tratta di quell’amicizia che nasce nel riconoscersi nella condivisione del pane eucaristico alla mensa del Signore. Non c’è dubbio che la riconciliazione all’interno della Chiesa cinese sarà un processo lungo, mediante il quale si potranno superare i conflitti del recente passato, sanare tante ferite e giungere a guardare insieme al futuro da scrivere.
La riconciliazione nell’ambito della Chiesa permetterà di camminare, al contempo, verso la riconciliazione con tante altre dimensioni della vita politica, sociale e culturale cinese, in mezzo a una rapida trasformazione di tutte le sue forme. Senza dubbio questa è una prospettiva entusiasmante per quanti si identificano con la missione della Chiesa.
Appunti per scrivere il futuro
A partire dalla spiritualità della Compagnia di Gesù e nel desiderio di servire la Chiesa cattolica, la partecipazione all’affascinante compito di scrivere il futuro della Chiesa in Cina individua come primo requisito l’affinare la capacità di discernimento. Lo ha ripetuto in molti modi papa Francesco: la Chiesa ha bisogno di crescere nella sua capacità di discernere. Scrivere il futuro della Chiesa in Cina parte dalla domanda: come e dove si manifesta l’azione dello Spirito Santo nella società cinese oggi? Rispondere a questo interrogativo richiede di crescere nella capacità di discernimento.
E questo va anche di pari passo con la crescita nella vita spirituale. Il futuro della Chiesa in Cina, come in qualunque altra parte del mondo, dipende dalla profondità della vita spirituale dei suoi membri e dalla vitalità spirituale delle comunità cristiane, che conduca a una valida conversione istituzionale. La Chiesa cinese deve cambiare molto, vivere un’autentica metanoia, cioè un cambio di mentalità, possibile soltanto attraverso l’incontro trasformante con la persona di Gesù Cristo e la disponibilità a lasciarsi guidare dallo Spirito.
Scrivere il futuro della Chiesa in Cina è un processo di discernimento in comune che parte dalla convinzione, per l’esperienza vissuta, che Dio è all’opera nella storia ed entra in relazione con gli esseri umani. Il discernimento e la buona elezione richiedono che ci si liberi dai legami e dagli affetti disordinati, per mettersi completamente nelle mani del Signore. Il miglior servizio pastorale che si può fare alla Chiesa in Cina è promuovere le condizioni per il discernimento in comune, e metterlo in pratica in tutti gli ambiti della sua vita e della sua azione.
Allo stesso tempo, contribuire a scrivere il futuro della Chiesa in Cina esige un enorme sforzo intellettuale che permetta, innanzitutto, di approfondire la comprensione del contesto socio-politico-culturale della Cina e le sue tendenze evolutive. È un compito appassionante per chi voglia contribuire a incarnare il messaggio cristiano in realtà tanto diverse e a umanizzare la storia. Un compito la cui complessità porta a realizzarlo necessariamente insieme agli altri. Un compito che supera le capacità non soltanto di qualunque individuo, gruppo di ricercatori o istituzione, ma anche della Chiesa stessa, e nel quale si crea un luogo di incontro tra tante persone e istituzioni che perseguono il medesimo obiettivo di un futuro migliore per tutti.
Conoscere le sfaccettature del cattolicesimo cinese è un’altra esigenza dello sforzo di comprensione della realtà attuale e dei cammini verso il futuro. Uno sforzo che può arricchirsi molto, se ci si decide ad apprendere dall’esperienza dei cristiani non cattolici e dalla loro vita in Cina. Uno sforzo che papa Francesco ha chiesto nel suo già citato messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale del 26 settembre 2018: «Con convinzione vi invito a chiedere la grazia di non esitare quando lo Spirito esige da noi che facciamo un passo avanti: “Chiediamo il coraggio apostolico di comunicare il Vangelo agli altri e di rinunciare a fare della nostra vita un museo di ricordi. In ogni situazione, lasciamo che lo Spirito Santo ci faccia contemplare la storia nella prospettiva di Gesù risorto. In tal modo la Chiesa, invece di stancarsi, potrà andare avanti accogliendo le sorprese del Signore”»[5].
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[1]. L’intervento introduttivo di p. Spadaro è stato pubblicato sulla testata online Vatican Insider il 25 marzo 2019, con il titolo «La Via della Seta non può esistere senza la fiducia fra Cina e Vaticano». Il volume al quale si fa riferimento è stato pubblicato dall’editrice Àncora di Milano. L’intervento di mons. Celli è apparso sull’Osservatore Romano il 25 marzo scorso con il titolo «Alle radici del dialogo». L’intervento conclusivo del presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato pubblicato sul sito del Governo italiano.
[2]. Francesco, Messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale, 26 settembre 2018, n. 2.
[3]. Kenōsis è una parola greca che significa letteralmente «svuotamento». Viene usata da san Paolo nella Lettera ai Filippesi, dove leggiamo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,5-7).
[4]. Dopo due anni di discernimento in comune, la Compagnia di Gesù ha determinato alcune «Preferenze apostoliche universali». Si tratta di quattro accenti apostolici per la missione, che dovrebbero caratterizzare il modo di procedere e gli impegni dei gesuiti nei prossimi dieci anni. Esse sono: 1) «promuovere il discernimento e gli Esercizi spirituali» per aiutare le persone a trovare Gesù Cristo e a seguirlo; 2) «camminare con gli esclusi» al fianco dei poveri, dei vulnerabili e di coloro che la società considera inutili, in una missione di riconciliazione e giustizia; 3) «accompagnare i giovani in cammino», nella creazione di un futuro pieno di speranza; 4) «prendersi cura della nostra Casa comune» e operare con profondità evangelica per la protezione e il rinnovamento del creato.
[5]. Francesco, Messaggio ai cattolici cinesi…, cit., n. 7.
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THE CHURCH IN CHINA. Notes to write the future
On March 25, at the presentation of the book The Church in China. A future to write, the Superior General of the Society of Jesus, Fr. Arturo Sosa, gave a speech in which he recalled the task of the Church and the Society to inculturate itself in the complex and changing Chinese reality according to the “kenotic” style of Jesus. Fr. Sosa then went on to identify certain specific requisites for the implementation of this task: the capacity for discernment; growth in the spiritual life; a great intellectual effort to deepen the understanding of China’s socio-political and cultural context and its evolutionary tendencies; the knowledge of the facets of Chinese Catholicism, with the willingness to learn from non-Catholic Christians.