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La nuova edizione del Messale Romano (MR), adottato da tutte le diocesi italiane, a esclusione di quella di Milano, che segue un suo proprio Messale[1], contiene numerosi testi orazionali sul tema del Cuore di Cristo. Anzitutto vi è la Messa per la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, il venerdì dopo la II domenica dopo Pentecoste[2]. Vi è poi la Messa votiva del Sacratissimo Cuore di Gesù (cfr MR 930), e infine vi sono tre orazioni opzionali per le Messe della Solennità negli anni A, B e C (cfr MR 1054). Sono questi i testi che noi vogliamo esaminare nel loro contenuto teologico-spirituale.
Un po’ di storia
Il tema del «cuore» è certamente centrale nell’antropologia biblica, ed è presente anche nei Vangeli, dove Gesù mostra sé stesso come «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), e dove evidenzia la «durezza di cuore» di alcuni (cfr Mt 19,8)[3]. I Padri della Chiesa hanno sviluppato il tema del cuore, soprattutto partendo dalla ferita del costato di Gesù, da cui uscì «sangue e acqua» (Gv 19,34), simbolo dei sacramenti e della Chiesa stessa[4]. Durante il Medioevo, con le sue varie spiritualità, soprattutto francescana e domenicana, la devozione al Sacro Cuore di Gesù si è diffusa tra il popolo, ma è nell’Età moderna che essa tende ad avere un riconoscimento liturgico[5]. A san Giovanni Eudes si deve la composizione del primo Ufficio liturgico in onore del Cuore di Gesù, la cui festa solenne fu celebrata per la prima volta, con l’adesione di molti vescovi della Francia, il 20 ottobre 1672. Il 6 febbraio del 1765, Clemente XIII, accogliendo le richieste dei vescovi di Polonia e dell’Arciconfraternita romana intitolata al Cuore di Gesù, concesse loro di celebrare la festa liturgica in onore del Sacro Cuore, con l’Ufficio e la Messa propria. Nel 1856, il beato Pio IX introdusse la festività del Sacro Cuore nel calendario della Chiesa latina. Leone XIII la confermò, associandola alla richiesta di consacrazione del genere umano al Sacro Cuore[6]. Pio XI, con l’enciclica Miserentissimus Redemptor, diede alla festa liturgica un nuovo impulso, aggiungendo l’invito a recitare l’Atto di riparazione[7]. Pio XII, forse presentendo un affievolirsi della devozione al Sacro Cuore, minata dalle accuse di «naturalismo» e di «sentimentalismo», promulgò un’enciclica ricca di contenuto biblico e patristico[8]. Il Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, al n, 22, ha ricordato che Cristo «ha amato con cuore d’uomo».
Questa prospettiva ecumenica è stata però male interpretata nel postconcilio, dove si è assistito a un raffreddamento della devozione al Sacro Cuore, assieme ad altre devozioni, che pure il popolo amava. San Paolo VI ha cercato, con scarso successo, di porvi rimedio con la Lettera apostolica Investigabiles divitias Christi del 6 febbraio 1965, in cui riconosce che «il culto al S. Cuore ‒ lo diciamo con dolore ‒ si è in alcuni un po’ affievolito»[9]. Tuttavia, proprio la riforma liturgica da lui voluta ha conservato, come abbiamo visto, la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, assieme a una Messa votiva. Questa base liturgica ha certamente fatto da sostegno ai numerosi interventi sulla spiritualità del Sacro Cuore presenti nelle catechesi di san Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di papa Francesco[10].
Da un punto di vista liturgico, non possiamo qui tralasciare l’aggiunta di una nuova festa, quella della Divina Misericordia, istituita da san Giovanni Paolo II nel 1992, secondo le visioni avute da suor Faustina Kowalska, la religiosa polacca canonizzata da papa Wojtyła nel 2000. Non si tratta propriamente di una nuova festività, ma di un titolo che viene dato alla II domenica di Pasqua. La sua connessione con la spiritualità del Cuore di Cristo è evidente, ma essa sottolinea altri aspetti, pure importanti, delle «impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8)[11].
Temi teologici e spirituali
Poiché la preghiera liturgica è sempre rivolta al Padre, nella Messa per la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù (cfr MR 304-305) il Cuore di Cristo è visto anzitutto come il Cuore del Figlio, «del tuo dilettissimo Figlio» (Colletta). Il Prefazio ci dona la chiave teologica della solennità, richiamando il colpo di lancia di cui parla il Vangelo di Giovanni: «Dalla ferita del suo fianco effuse sangue e acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa»[12]. Già i Padri avevano commentato la ricchezza simbolica di quell’evento, vedendovi addirittura adombrata la nascita della Chiesa. Come infatti dal fianco di Adamo dormiente Dio trasse la donna (cfr Gen 2,21-22), così dal costato aperto di Cristo, ormai nel sonno della morte, Dio ha fatto nascere la Chiesa[13]. Questo Cuore, «trafitto dai nostri peccati» (Colletta bis), diventa così la «fonte perenne della salvezza» (Prefazio), una «fonte inesauribile» da cui attingere «l’abbondanza» dei doni divini (Colletta)[14]. La liturgia invita i fedeli a essere nella «gioia» per questa celebrazione (Colletta) e a viverla «con gioia» (Prefazio).
Il Cuore è espressione viva dell’«immensa carità» di Cristo (Sulle offerte), cioè del suo «amore senza limiti», nel quale egli «donò la vita per noi» (Prefazio). In esso si manifestano anche le «grandi opere» dell’amore del Padre (Colletta), che nel Cuore di Cristo ha aperto «i tesori infiniti» del suo amore (Colletta bis). Questo messaggio dovrebbe far sì che «tutti gli uomini» siano «attirati al Cuore del Salvatore» (Prefazio), «attratti sempre» da lui (Dopo la comunione), e che questa attrazione «ci infiammi di santo amore» e ci insegni «a riconoscerlo nei fratelli» (ivi).
La Colletta bis, rivolta al «Padre misericordioso», tocca anche il tema della riparazione: «Fa’ che […] adempiamo anche al dovere di una degna riparazione». Questo tema non è facile da trattare, perché connesso con i concetti di peccato, espiazione, soddisfazione vicaria, tutti argomenti che richiedono un grande impegno teologico[15].
Tuttavia non è difficile trovare un fondamento biblico. Infatti, secondo l’Apocalisse, «l’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere […] onore, gloria e benedizione» (Ap 5,12). Gesù ha amato i suoi, e chiede di «rimanere nel suo amore» (Gv 15,9); quindi vuole essere riamato, come ha chiesto espressamente a Pietro (cfr Gv 21,15.19)[16]. Nel Getsemani, Gesù chiede ai suoi di «vegliare una sola ora» con lui (Mt 26,40). Quanto a Paolo, egli esorta così i fedeli: «Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1), ed egli stesso dice di «essere lieto delle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24)[17]. È poi chiaro che la migliore «riparazione» è quella che si concretizza nell’amore fraterno, fino al dono di sé (cfr 1 Gv 3,16)[18].
Le Collette alternative per gli anni A, B e C (cfr MR 1054) sono molto ricche di spunti. La Colletta A richiama temi prettamente giovannei: il «Dio fedele e misericordioso» «ha mandato nel mondo» il suo Figlio (cfr Gv 3,17) «perché gli uomini abbiano la vita» (cfr Gv 10,10) e «impariamo ad amarci gli uni gli altri» (cfr Gv 15,17), «per dimorare in te che sei l’amore» (cfr Gv 15,9). Tra questi spunti giovannei è inserito anche un testo matteano, con l’invito a mettersi «alla scuola di Cristo, mite e umile di cuore» (cfr Mt 11,29).
La Colletta B collega vari temi: quello della «tenerezza» del Padre, che «nutre» con la sua «mano» e «sostiene» i suoi figli. Questo ricorda il tema della manna, e quindi dell’Eucaristia (cfr Gv 6,32: «Il Padre mio […] vi dà il pane dal cielo, quello vero»). Inoltre, il «Cuore di Cristo trafitto sulla croce» diventa la fonte di una «sublime conoscenza»: quella dell’amore del Padre. Non si tratta però di una conoscenza astratta, ma di quella che ci «rinnova con la forza dello Spirito», per annunciare «a tutti gli uomini le ricchezze della tua grazia». Nello sfondo scorgiamo un’allusione al testo di Tt 3,5, che parla di «rinnovamento nello Spirito», e a quello di Ef 3,8, che parla di annunciare alle nazioni le «impenetrabili ricchezze di Cristo».
La Colletta C tocca il tema del pastore: Dio è il «pastore buono» (Gv 10,11), che manifesta la sua onnipotenza «nel perdono e nella compassione», e così raduna «i figli dispersi» (Gv 11,52), ristorandoli «al torrente della grazia che sgorga dal Cuore del Figlio» (Sal 36,9: «Tu li disseti al torrente delle tue delizie»). Il tema del pastore è richiamato nell’antifona alla comunione C: «Rallegratevi con me, perché la mia pecora perduta è stata ritrovata» (Lc 15,6). Il raduno dei figli dispersi fa sì che ci sia «festa grande nell’assemblea dei santi».
La Messa votiva (MR 930) tocca altri aspetti importanti della spiritualità. La Colletta ci fa chiedere al Padre di essere «infiammati dei sentimenti del Cuore del tuo Figlio». Riconosciamo qui il tema paolino espresso in Fil 2,5: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù»: non quindi sentimenti di «rivalità o vanagloria», ma di «umiltà» (Fil 2,3). Queste sono le «virtù» delle quali dobbiamo «rivestirci» (ivi). Anche questo è un tema paolino: «Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3,27). Pure la richiesta di essere «conformi a Cristo» (Dopo la comunione) e «trasformati a sua immagine» (Colletta) è di derivazione paolina (Rm 8,29: «Predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo»).
Il significato della festa liturgica
La Solennità del Santissimo Cuore di Gesù rientra in quelle introdotte tardivamente nella liturgia, come la festa della Santissima Trinità e quella di Cristo Re dell’universo. I liturgisti le chiamano «feste di idee», perché a esse «mancherebbe un vero e proprio elemento anamnetico di base, che permetta di fondare l’Azione liturgica in un evento storico-salvifico ben preciso»[19]. Esse sono chiamate anche «feste di devozione», «perché traggono la loro origine dalla pietà particolare di un determinato gruppo»[20]. Tuttavia, quando una forma di devozione viene assunta dalla liturgia, riceve una forma di riconoscimento ufficiale. Le formule orazionali, introdotte nel Messale e accompagnate dalle letture bibliche appropriate, tracciano i binari sui quali incanalare la devozione, evitando le sempre possibili deviazioni.
A sua volta, la dicitura «feste di idee» ha una sua verità. In effetti, lungo i secoli la Chiesa ha contrastato le varie ideologie non soltanto con i dogmi o con gli interventi del Magistero, ma anche, e soprattutto, con la liturgia[21]. Infatti, i dogmi formalmente definiti sono molto rari[22], e per il momento non c’è da aspettarsene altri. Quanto al Magistero, esso non è sempre di facile accesso a tutti, e spesso arriva ai fedeli solo in pillole, tramite i mezzi di informazione, che in genere semplificano l’insegnamento e talvolta lo travisano. La liturgia, invece, bene o male, rimane stabile nel tempo. Quello che Gesù ha comandato nell’Ultima Cena, con le parole sul pane e sul calice: «Fate questo in memoria di me» (1 Cor 11,24; Lc 22,19), si tramanda invariato da duemila anni. I riti sono per loro natura conservativi, ma occorre distinguere il nucleo essenziale dagli elementi accessori e culturalmente condizionati. Questi ultimi rischiano di fossilizzarsi, cadendo nel formalismo, o di accrescersi come parassiti, soffocando il significato originario del rito. Per questo la liturgia non soltanto conosce riti diversi, da Oriente a Occidente, ma anche ha conosciuto riforme, come quella di san Pio V (1570) e quella di san Paolo VI (1969), voluta dal Concilio Vaticano II[23].
La liturgia poi usa il linguaggio dei simboli, che hanno un forte impatto emotivo. Il XIX secolo ha visto l’apoteosi della devozione al Sacro Cuore[24]. Numerosissime scuole, chiese, parrocchie e confraternite furono dedicate al Sacro Cuore, e molte congregazioni, femminili e maschili, portarono il suo nome. Non si può negare che questa spiritualità, già affermatasi nel XVII secolo contro la rigidità del giansenismo, ha saputo «tenere ferma la dimensione corporea e allo stesso tempo affettiva della fede, all’interno di un’epoca in cui la religiosità rischiava, da una parte, di essere pensata in chiave esclusivamente intellettuale e, dall’altra, di essere praticata in forme apparentemente irrazionali»[25].
Non soltanto però all’interno della Chiesa, ma anche nei confronti del mondo moderno, la spiritualità del Cuore di Cristo è stata un argine contro la diffusa mentalità razionalistica, che alimentava la cultura atea e anticlericale.
Già Leone XIII, nella sua enciclica Annum Sacrum, dichiarava: «Le motivazioni per l’adempimento dell’atto di consacrazione, tra l’altro, oltrepassano i semplici argomenti di carattere teologico-spirituale, implicando delle serie ragioni di natura sociale e politica»[26]. L’atto di consacrazione proposto dal Papa termina invocando «incolumità e libertà sicura» per la Chiesa, e per «tutti i popoli la tranquillità dell’ordine»[27].
Anche l’enciclica Miserentissimus Redemptor di Pio XI evidenzia il valore della festa liturgica del Sacro Cuore quale incremento di una fede più autentica e baluardo contro le ideologie, sia quelle interne alla Chiesa stessa, sia quelle esterne, che fomentano «leggi e mozioni dei popoli contrarie al diritto divino e naturale»[28]. A sua volta, Pio XII, nella sua enciclica sul Sacro Cuore, non manca di sottolineare l’importanza di questa devozione per contrastare una «società inquinata di indifferentismo religioso, incurante di ogni norma discriminatrice del vero dal falso nel pensiero e nell’azione, ligia ai princìpi del materialismo ateo e del laicismo»[29]. Anche ora essa può continuare a svolgere un ruolo centrale nell’osteggiare ciò che papa Francesco ama definire «le malattie spirituali del nostro tempo, ossia lo gnosticismo e il neo-pelagianesimo autoreferenziale»[30].
Passando in rassegna l’enorme mole di approfondimenti teologici fatti sul tema del Cuore di Cristo, dobbiamo riconoscere che siamo di fronte a una spiritualità ben fondata nella Scrittura, nella Tradizione e nel Magistero. Tutta la liturgia, infatti, è una teologia in azione, perché in essa sono proposti attivamente, in un contesto di adorazione e di lode, i misteri principali della nostra fede: Trinità, Incarnazione e Redenzione, in una chiara prospettiva escatologica. In particolare, però, la celebrazione liturgica del Cuore di Cristo riveste un carattere «sintetico», in quanto compendia in sé stessa il mistero della «incarnazione del Verbo e la Sua offerta sacrificale sulla croce per la redenzione degli uomini»[31]. Da qui il suo profondo legame con l’Eucaristia, sacrificio e sacramento dell’amore, divino e fraterno. Giustamente, dunque, il Messale Romano ha conservato la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, ponendola proprio di venerdì, il giorno che ricorda il dono di sé che Gesù ha fatto sulla croce, suprema manifestazione dell’amore trinitario.
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[1]. Arcidiocesi di Milano, Messale Ambrosiano, Milano, Centro Ambrosiano 2021. L’uso del Rito Ambrosiano, tuttavia, non corrisponde esattamente al territorio della diocesi. Ci sono eccezioni sia dentro sia fuori i limiti territoriali di quella diocesi.
[2]. MR 304-305. Questa Solennità si estende a tutte le Chiese cattoliche di rito latino che seguono il Rito Romano. Sono dunque escluse le Chiese cattoliche di altri riti, come quelle di Rito Bizantino o Armeno o Copto, e così via.
[3]. Cfr P. Scaravilli, Celebrare le «Investigabiles divitias Christi» (Ef 3,8). Analisi storica, liturgica e teologica delle Messe del Sacro Cuore di Gesù, Roma, Centro Liturgico Vincenziano, 2022, 21-48.
[4]. Ivi, 49-58.
[5]. Cfr ivi, 58-92.
[6]. Leone XIII, Enciclica Annum Sacrum, 25 maggio 1899, con annesso Atto di consacrazione. Cfr E. Cattaneo, «Il centenario della consacrazione del genere umano al Sacro Cuore», in Civ. Catt. 1999 II 439-449; P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 102-105.
[7]. Pio XI, Enciclica Miserentissimus Redemptor, 8 maggio 1928, in www.vatican.va/. Cfr P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 105-110. La «riparazione» è il tema centrale di questa enciclica (cfr ivi, 499).
[8]. Pio XII, Enciclica Haurietis aquas, 15 maggio 1956. Cfr E. Cattaneo, «Una rilettura dell’enciclica “Haurietis aquas” di Pio XII», in Civ. Catt. 2006 II 417-425; P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 111-117.
[9] . Paolo VI, s., Lettera apostolica Investigabiles divitias Christi, 6 febbraio 1965. Cfr «Il Sacro Cuore di Gesù alle soglie del terzo millennio», in Civ. Catt. 1990 III 3-15.
[10]. Cfr P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 117-120.
[11]. Per chi volesse approfondire analogie e differenze tra le due spiritualità, cfr D. Marafioti, Il Cuore di Gesù. La spiritualità dell’amore nell’oggi della Chiesa, Roma, AdP, in stampa.
[12]. Il passo di Gv 19,34 è riportato nell’antifona alla comunione: «Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua».
[13]. Cfr Giovanni Crisostomo, s., Catechesi 3, 13-19, riportata nell’Ufficio delle letture del Venerdì Santo: «Un soldato gli aprì con un colpo di lancia il costato: ne uscì acqua e sangue. L’una simbolo del battesimo, l’altro dell’Eucaristia. […] Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti […], usciti dal costato. Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva».
[14]. Questo tema è sottolineato dall’antifona alla comunione: «Gesù gridò: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me; dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”» (Gv 7,37-38).
[15]. Alcuni teologi contemporanei, come Karl Rahner, Joseph Ratzinger, Walter Kasper, Hans Urs von Balthasar hanno cercato di rivitalizzare questi temi, con esiti diversi (cfr P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 499-523).
[16]. Sulla riparazione come forma di redamatio, cfr P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 536-539.
[17]. Intimiditi dall’esegesi protestante, che nega qualsiasi cooperazione nostra con Cristo redentore, molti predicatori ignorano questo versetto.
[18]. Cfr G. Mucci, «Un punto incompreso della spiritualità del Sacro Cuore», in Civ. Catt. 2013 III 75-79.
[19]. P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 348.
[20]. Ivi, 372. La devozione si nutre anche di alcune pratiche, come la Confessione e Comunione i primi nove venerdì del mese, l’Ora Santa, l’Offerta quotidiana. Queste pratiche sono state diffuse soprattutto dai gesuiti, grazie anche al movimento L’ Apostolato della Preghiera, da loro fondato nel 1844. «L’associazione ancora oggi conta milioni di membri e, in tempi a noi più recenti, papa Francesco ha voluto costituirla come opera pontificia, con sede legale nella Città del Vaticano, attribuendole la nuova denominazione di Rete mondiale di preghiera per il Papa» (ivi, 99).
[21]. Cfr ivi, 12: «I vari formulari delle Messe che sono stati redatti nel tempo, […] rappresentano una sorta di risposta “liturgica” tesa a contrastare il progressivo affermarsi di alcune forme di dottrine eterodosse».
[22]. L’ultimo dogma che è stato promulgato è quello dell’Assunzione di Maria in cielo, proclamato da Pio XII nel 1950. Nel 1854, il beato Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. Celebreremo tra poco il centenario del primo dogma, quello promulgato dal Concilio di Nicea del 325, che definì la divinità di Cristo, «consustanziale al Padre».
[23]. Cfr Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963.
[24]. A Parigi, nel 1875, iniziò la costruzione della basilica del Sacro Cuore, nel quartiere di Montmartre («monte dei martiri», in ricordo di san Dionigi), e il progetto fu votato dalla stessa Assemblea Nazionale, dopo la sconfitta del 1871.
[25]. P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 529. Cfr G. Mucci, «Dal sacrocuorismo al Sacro Cuore», in Civ. Catt. 2013 II 596-601.
[26]. P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 104.
[27]. Leone XIII, «Formula di consacrazione da recitarsi al sacratissimo Cuore di Gesù», in Enchiridion delle encicliche, 3, 1441.
[28]. Pio XI, Enciclica Miserentissimus Redemptor, cit.
[29]. Pio XII, Enciclica Haurietis aquas, cit.; corsivi nel testo.
[30]. P. Scaravilli, Celebrare…, cit., 530.
[31]. Ivi, 375. Cfr G. Marchesi, «Il Cuore di Cristo: centro dell’incarnazione di Dio e della redenzione dell’uomo», in Civ. Catt. 1988 II 440-452.
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THE HEART OF CHRIST IN THE LITURGY
The new Italian edition of the Roman Missal has retained the Solemnity of the Most Sacred Heart of Jesus, together with a votive Mass. This article intends to bring these prayer texts to the attention of readers, framing them in a broader discourse, drawing on the Popes’ encyclicals and the reflections of liturgists. This devotion is still a stimulus for all, individuals, families and nations, to set out on the path of oblative love.