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In questo volume (con il sottotitolo: «Tolerance and the Humanitarian Way at the Time of Jihad and the Crusades: a new Outlook on “the Other”») Giulio Cipollone, già professore di Storia medievale alla Pontificia Università Gregoriana, illustra innanzitutto il metodo seguito per l’indagine storica: per una storiografia realmente nuova ed efficace, occorre rileggere insieme la storia per riscriverla insieme; da qui la necessità di coinvolgere anche le fonti «dell’altra parte», cioè i musulmani.
Nella prefazione, il card. Ravasi afferma che «attraverso una ricca e multiforme base documentaria, Cipollone mette in scena le due visuali storico-religiose: la complessa cristianità medievale, da una parte, e la variegata comunità musulmana, dall’altra. Si crea così una duplice e complementare prospettiva di lettura che, libera da stereotipi o da tentazioni apologetiche, delinea un affresco che non ignora anche le scene minori» (p. 9).
L’opera si sviluppa in due parti: lo studio e l’edizione delle fonti. Nel primo capitolo si esaminano il processo che, partendo dalle «parole di Dio», produce i «fatti di Dio», e quello di «imbruttimento dell’altro», per cui si passa dall’immagine (mirror image) all’identificazione del nemico.
I capitoli successivi sviluppano il tema della «guerra in nome di Dio»: crociate e jihad che hanno causato migliaia di vittime e prigionieri come bottino di guerra. L’autore si sofferma su Gerusalemme, città santa per cristiani e musulmani, che è stata il più alto motivo di contesa.
Si fa notare anche una sorprendente rassomiglianza di linguaggio nelle lettere del sultano Saladino e in quelle di papa Innocenzo III, nel chiamare i rispettivi fedeli alla guerra con motivazioni convincenti: Deus vult e fi sabīl Allāh. Questa rassomiglianza si ritrova anche nel trattamento dei nemici finiti nelle mani dei cristiani o dei musulmani vincitori.
Una particolare attenzione è riservata a quanti, in tempo di propaganda bellica, all’energico grido Deus vult contrapponevano quello di Deus non vult. Alla guerra che coinvolgeva le nazioni della cristianità e della umma si opponeva l’alternativa umanitaria di liberare i prigionieri di guerre intraprese «in nome di Dio».
Il sesto e ultimo capitolo tratta dell’approvazione, da parte di papa Innocenzo III, del progetto di «alcuni uomini redentori» che danno origine a una sorta di «Croce rossa internazionale». A Parigi un magister provincialis, originario della Provenza, per ispirazione divina, lancia il progetto di liberare i prigionieri (sia cristiani, sia musulmani) di guerre sante. Per l’intervento di Innocenzo III, tale progetto viene esteso all’intera cristianità. La redenzione e la liberazione dei prigionieri di estenuanti guerre sante diventano la missione in nome del Papa, come testimonia la regola di vita dei trinitari redentori, redatta con il concorso del Papa e da lui approvata il 17 dicembre 1198.
Una peculiarità del progetto di questi cristiani redentori è la devozione alla Trinità. Essi si chiamano «trinitari redentori», e sono disarmati rispetto ai crociati trinitari armati (muṯalliṯūn, come i musulmani chiamavano i cristiani). Altri riferimenti identitari di questi cristiani sono l’asino come cavalcatura, e la triplice ripartizione dei beni: una parte per l’opera della redenzione; un’altra per i poveri da accogliere nelle singole domus Trinitatis; e una terza per il sostentamento dei religiosi. Insomma, una povertà per la carità.
In questo capitolo l’autore illustra una lettera di papa Innocenzo III, Inter opera misericordiae, che è rimasta un unicum almeno nei primi 13 secoli della vita della Chiesa. In essa infatti il Papa, con una mossa di diplomazia internazionale, scrive a Abū ‘Abd Allāh Muḥammad al-Nāṣir, amīr al mu’minīn, capo degli almohadi, presentando l’attività umanitaria dei trinitari come di comune utilità per i cristiani e per i musulmani (8 marzo 1199).
L’opera di Cipollone ha il grande merito di offrire l’edizione sinottica di lettere di sultani e papi, e in particolare la traduzione in inglese di 46 lettere di Saladino Ṣalāh al-Dīn Yūsuf e di papa Innocenzo III.
Il volume che narra, con sistematico rimando alle fonti, pagine di violenza e di guerre, crociate e jihad, vuol essere un invito alla speranza, grazie agli esempi di personaggi religiosi che sono stati costruttori di pace. Presenta cristiani e musulmani che hanno seguito la via del servizio umanitario come alternativa al ricorso alle armi e alla violenza, che veniva sostenuto in molti modi dai centri di potere religioso.
GIULIO CIPOLLONE
When a Pope and a Sultan spoke the same language of war
Cairo – Bruxelles, Mahjar, 2019, 656, € 114,00.