|
Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, ovvero «La Banda del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepper», è l’ottavo album dei Beatles, pubblicato nel 1967. L’eccellente prefazione di Tito Schipa jr. a Risvegli, romanzo del critico letterario e storico della letteratura Marco Testi, prende le mosse anche da qui, proprio da dove siamo partiti in molti, nel periodo della maturità liceale e frementi di lanciarci, cantando e suonando, nell’agone universitario, ignari che stava per emergere, con veemenza, il possente cambiamento epocale del Sessantotto. Fu allora che ci trovammo a conversare, a dibattere appassionatamente con altri amici e coetanei su tematiche che ci chiamavano a essere protagonisti.
Da qui possiamo partire per veleggiare con Risvegli, un libro che parla a molti di noi, soprattutto a quelli che pensano di aver raggiunto un punto solido nella vita e che improvvisamente – almeno sembra così – sentono dentro di sé il momento della ribellione, delle decisioni estreme. Con la voglia incontenibile di vagare al di fuori di una vita poco prima anelata, costruita, raggiunta, ma non appagante, anzi deludente e fuorviante. La realtà che si trasforma in antirealtà, il buio in luce, la certezza in labilità, l’ebbrezza solida del denaro nell’ebbrezza temporanea del vino. Un mondo rovesciato, che va alla ricerca di una serena lentezza, o quanto meno del fascino di respirare su incerti sentieri sassosi.
Insomma, la voglia di morire per rinascere. È come aprire la gabbia dorata dove Narciso ti fa credere di essere un re e mostrare la vera forza dell’essere, nella libertà… e ribellarsi, scappare, vagare per ritrovarsi «inspiegabilmente» in luoghi sconosciuti, non ricercati, apparentemente ostili ma seducenti, a confrontarsi con sé stesso e con altri: in una «comunità di nomadi solitari», che dona momenti di svago e di serenità. Ma non solo.
Al di sopra di tutto resta l’invincibile, bizzarro e volubile dominio del Tempo, che snebbia e non annebbia, che ti fa sembrare «buio» ciò che credevi essere luce, e «fuoco» ciò che arde ma non scalda. E che resta in noi grazie alla memoria. Questo non è altro che il paradosso della vita, una prigione da cui si può evadere procedendo al contrario, stracciandosi di dosso la giubba del giullare di corte e mostrando il rozzo saio del pellegrino errante… scendendo da tanti variopinti «carri di Tespi» blasonati, che illudono di donare un’esclusiva superiorità. E finalmente procedere nella semplicità e non nella complessità, fuori da canoni, liturgie e ipocrisie sociali. Transumando il tempo, nella libertà. Cercando di non cedere alla vanità e all’appetito dell’inutile e del vano.
Risvegli è un viaggio sentimentale, ma anche sensoriale, che, attraverso l’attraente scrittura dell’A., consente a ognuno di perdersi e di ritrovarsi in un percorso intimo, a volte suggestivo, altre volte struggente e nostalgico, ma intenso e rigenerante. È la storia di un uomo che decide di andarsene, abbandonare la sua vita e la sua città, senza un motivo apparente, senza una meta. Egli si ritrova, a molte miglia di distanza, in un luogo che pian piano si rivela un’antica chiesa. Una donna lo accoglie come se lo attendesse e insieme a lui aspettasse altre persone. L’uomo sarà coinvolto nelle storie di chi, lasciata la propria vita cittadina e sociale, ha formato una compagnia che mette in scena nelle periferie i Carmina Burana. I personaggi ora recitano solo per l’uomo che si accorge anche di un mistero che regna nel rapporto tra la donna che lo ha accolto e il padrone del luogo. Passata la notte, al risveglio, l’uomo comprende la necessità di una svolta nella sua vita, pur rimanendo nel dubbio che tutto sia stato un sogno. Un sogno di rinascita e redenzione dalla vacuità e dall’effimero.