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«Questo è per lo scrittore che – a prescindere da quante stupidaggini commerciali sta scodellando al momento – nutre ambizioni e ideali, e agogna il giorno in cui i giornali per agricoltori e le riviste per casalinghe non occuperanno più gran parte della sua agenda».
La citazione riassume lo spirito di questa antologia: lettere personali e articoli sul mestiere dello scrittore, pubblicati da Jack London su riviste e periodici all’inizio del XX secolo; arricchita da alcune pagine dell’autobiografico Martin Eden, che suggellano il rapporto sempre profondo, nell’autore, tra vita vissuta e creazione letteraria.
I testi compongono una sorta di manuale per aspiranti scrittori: trattano del mercato editoriale come dei ferri del mestiere, e della strada in salita che dovrebbe condurre al vivere – o almeno al sopravvivere – di scrittura, se non di letteratura. In un contesto che non era allora, e non è neppure oggi, meno mercantile e mercenario di qualsiasi altra industria, soggetto alla stessa dinamica tra domanda e offerta.
E London, che visse anni di fatica giovanile brutale, di sogni calpestati e di mestieri improvvisati, tutti durissimi, ma che era anche capace di scrivere per 15 ore al giorno con furia ossessiva, è uno che le ha viste tutte in faccia le miserie, prima della grandezza del successo raggiunto alla fine.
Nato a San Francisco nel 1876, cresciuto in condizioni precarie, autodidatta, London muore ricco e famoso (oltre che malato e intossicato), appena quarantenne, nel suo ranch in Sonoma, California. Lo scrittore è spesso relegato ai generi «avventure per ragazzi» e «fantascienza», e non gode di grande fama critica neppure oggi; anzi, è minacciato di «cancellazione», almeno in America, da parte di zeloti che ne denunciano con inane anacronismo i peccati originali: maschio, bianco, sessista, razzista ecc.
Invece, l’autore di Zanna Bianca, Il richiamo della foresta, Lupo di mare, Martin Eden, il più pagato e più maniacalmente prolifico del suo tempo, con oltre 50 libri a suo nome e centinaia di racconti e articoli pubblicati è, ovviamente, un classico.
Nella stessa classe di Mark Twain, se non in quella di Herman Melville e Walt Whitman, almeno per quanto riguarda la formidabile narrazione, tratta dalla sua stessa esistenza ruvida e randagia, della grandiosa e turbolenta unicità americana, tra l’Ottocento e il Novecento.
E con quegli esordienti scrittori che lo interpellano London si identifica, lui socialista militante, anche da un punto di vista di classe sfruttata – «Noi, spinti alla letteratura dalle necessità del ventre» –, in un mercato dove la paga minima (10 dollari del 1903 per 1.000 parole) è inferiore ai più umili e faticosi mestieri di allora.
E dove l’unico genere che promette di far uscire dalla miseria, sempre che l’apprendista autore lavori come un mulo, abbia talento e fiuto commerciale, è la narrativa (mentre con poesia e saggistica, ammonisce l’autore, non si pagano i conti del droghiere e del sarto).
Lo scrittore dispensa consigli ispirati ed esemplare pragmatismo – «Hai mai imparato a leggere davvero?»; «Devi toccare con mano il pulsare più profondo delle cose» –, e lo fa con brutale franchezza: «Nella mia vita ho letto migliaia di manoscritti di principianti. Ma non ne ho mai letto nessuno che fosse sciatto come il tuo».
E come il suo eroe Martin Eden, London, ateo dichiarato ma non arido materialista, di fede profonda nell’uomo e nell’artista, è riuscito a «essere qualcosa di più che un semplice scrittore di narrativa per riviste […]. Ciò che cercava era un realismo veemente, permeato di ispirazioni umane e di umana fede. Ciò che voleva era la vita così com’era, con dentro tutti i brancolamenti dello spirito e gli slanci dell’anima».
JACK LONDON
Pronto soccorso per scrittori esordienti
Roma, minimum fax, 2021, 114, € 13,00.