TIERRA DE MI RAÍZ
Ser de Rosa que siempre llevo dentro,
desde más dentro aún que el centro mio.
Tierra de mi raíz de mi rio
y tierra de la tierra y de su centro.
Porque rebosa todo lo que adentro
guardo de Ti, yo mismo desvario
si no te busco, término del rio,
latido fiel del mundo que concentro.
Porque todo mi ser está en el tuyo
y flota y siente el mundo tuyo suyo.
Porque el más hondo corazón señala
tu mar y mi raíz tu tierra cala.
Porque eres Dios y yo soy hombre solo,
mi ser de rosa te pronuncia en todo.
TERRA DELLA MIA RADICE
Essere di Rosa che sempre porto dentro,
più intimo ancora che il mio centro.
Terra della mia radice e del mio fiume
e terra della terra e del suo centro.
Poiché trabocca tutto quello che dentro
serbo di Te, io stesso mi perdo
se non ti cerco, termine del fiume,
palpito fedele del mondo che concentro.
Perché tutto il mio essere è nel tuo
e fluttua e sente il tuo mondo suo.
Perché il profondo del cuore segnala
il tuo mare e la mia radice nella tua terra cala.
Perché sei Dio e io soltanto un uomo,
il mio essere di rosa ti pronuncia in tutto.
***
UN ARCO DE ALEGRÍA
La casa estaba ardiendo de silencio
y el Pan dispuesto ya a partir. Un beso
dio en el cántico escrito del «Magnificat».
Los siglos de cenizas le miraban.
Estaba puesta en pie Castilla pura,
respirando azul aire y limpio trigo.
Abrió los brazos, corazón partiendo,
para nombrar a Dios y para darlo.
Hablar de Dios sintiéndole que fluye
desde Sí mismo a todas las cabezas,
cada cabeza un mundo entrecortado.
Aniquilado tiempo devolvía
su libertad al tiempo. Mieses mudas
erguían las cabezas como el trigo
a la lluvia de julio. Se granaba
en profundos latidos la esperanza.
Los tiempos por venir eran abiertos
al aleteo suave, en nido blanco,
donde nace el ser nuevo. Era la siega.
Las hoces se miraban tan brillantes
al sol del Pan, que de rodillas eran
un arco de alegría, como de alas.
La bendición final dio la salida,
y el pueblo andaba por el polvo ciego
alegre, hacia otro llanto y otras horas,
reconcidas ya como del vuelo
que acompaña a la Asunta levantada.
UN ARCO DI GIOIA
La casa ardeva di silenzio
ed era già disposto il Pane da spezzare. Un bacio
raggiunse il cantico scritto del Magnificat.
I secoli di cenere lo guardavano.
Era dritta in piedi la Castiglia pura,
respirava aria azzurra e grano puro.
Aprì le braccia, cuore spartendo,
per nominare Dio e per donarlo.
Parlare di Dio sentendolo che scorre
da Sé a tutte le teste,
ogni testa un mondo sospeso.
Annichilito tempo ridava
la sua libertà al tempo. Messi mute
alzavano la testa come il grano
alla pioggia di luglio. Si sgranava
in profondi battiti la speranza.
I tempi a venire erano aperti
al dolce battito d’ali, in nido bianco,
dove nasce l’essere nuovo. Era la mietitura.
Si vedevano le falci scintillare
al sole del Pane, che inginocchiate erano
un arco di gioia, come di ali.
La benedizione finale segnò l’uscita,
e il popolo andava accecato di polvere
gioioso, verso altro pianto e altre ore,
riconosciute ormai come dal volo
che accompagna l’Assunta innalzata.
***
Emilio del Río è nato in Castiglia, la terra di Machado, nel 1928. Nel 1940 è entrato nel seminario di El Burgo de Osma e quindi nella Compagnia di Gesù. Ha svolto gli studi a Lovanio (Belgio), ma anche a Gandía, Madrid e Roma. La sua carriera di docente di Letteratura è iniziata a Comillas, Santander, e in seguito a Valladolid. Ha trascorso vari anni tra l’America centrale, il Messico e New York. Negli ultimi anni è vissuto a Valladolid, dove è morto il 7 ottobre 2022. Le due poesie che qui presentiamo sono tratte dalla sua ultima antologia poetica, dal titolo Tu nombre ha florecido (Madrid, Vitruvio, 2008).