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«La scrittura è il mezzo per raggiungere il reale, quella che penso debba essere una delle funzioni essenziali della letteratura». Con questa dichiarazione possiamo presentare Annie Ernaux, che ha vinto il premio Nobel per la Letteratura il 6 ottobre 2022.
Ernaux è il quindicesimo premio Nobel francese in questa categoria, e in assoluto la diciassettesima donna a vincerlo. L’Accademia svedese ha motivato così l’attribuzione del riconoscimento: «per il coraggio e l’acume clinico con cui ha svelato le radici, le rimozioni e i limiti collettivi della memoria personale».
«Questo – afferma la scrittrice francese – è ciò che mi prefiggo scrivendo: far entrare nel reale. Ma i miei strumenti non sono scientifici. I miei strumenti sono la memoria, sono parole, tutte le parole possibili, e posso usare quelle che voglio, qualsiasi lessico, ma necessariamente scelgo quello che mi si addice».
Del valore delle parole Ernaux è stata sempre acutamente consapevole, fin dall’infanzia. Le parole, le intonazioni, gli accenti e le espressioni definiscono il mondo di appartenenza sociale, costruiscono limiti e definiscono relazioni, aprono e chiudono porte.
Il patois, lingua mista di francese e dialetto normanno, è la lingua madre, contadina e povera, che descrive il mondo al quale appartiene la giovanissima Annie; è la culla delle prime relazioni con gli altri e con il mondo.
Ernaux in molti dei suoi libri riprende questo punto e denuncia la sorpresa che si tinge di sconcerto quando, iniziando a frequentare la scuola, scopre che vi è un altro mondo, acculturato, con attese più elevate, ma anche con pretese stringenti, forse più cortese, che di certo comanda.
La frequentazione scolastica, la possibilità di conoscere, leggere e scrivere, può segnare in modo netto e irrevocabile la vita delle persone. Ne emerge la fatica di un percorso lungo e accidentato, di un allenamento rigoroso con direzione unica verso l’alto, che modifica la percezione del mondo originario di provenienza.…