|
Con la rivista Annales, fondata nel 1929 da Marc Bloch e Lucien Febvre, e nel cui contesto si è poi inserito Jacques Le Goff, ha avuto inizio un nuovo approccio alla storiografia che, rispetto al racconto dei grandi personaggi e delle famose battaglie, ha privilegiato una ricerca su tutti gli aspetti di un periodo, in particolare sulla vita materiale e sui costumi. Quindi, un approccio a una storia in movimento, che non è solo il racconto di un evento dopo l’altro, ma è anche una ricerca che tiene conto dello scorrere della vita nel quotidiano.
Questo nel tentativo di trasformare la storia in storie che catturano il lettore e realizzano veramente quell’adagio secondo il quale la storia è, almeno potenzialmente, «maestra di vita». Questo è anche l’approccio seguìto da Giuseppe Dalla Torre, giurista, noto studioso e cattedratico di Diritto canonico ed ecclesiastico, nell’agile e al tempo stesso denso volume in disamina.
Solo a uno studioso di spessore e a un uomo di fede con la passione per la verità e la vita come l’autore poteva venire l’idea di ridare in qualche modo vita al passato attraverso il racconto di memorie, ricordi, riflessioni e gratitudine innanzitutto a Dio e poi ai nove pontefici che nel corso di più di un secolo hanno visto come loro collaboratori – a diverso titolo e in epoche molto diverse, «ma sempre con il medesimo impegno ideale, verrebbe da dire vocazionale» (pp. 12 s) – tre generazioni dei Conti del Tempio di Sanguinetto, un’antica famiglia veneta, trasferitasi a Roma agli inizi del XX secolo.
In 11 capitoli vengono ripercorsi i rapporti dei cosiddetti «maggiori della famiglia» con i diversi pontefici, iniziando da san Pio X per arrivare a papa Francesco, con la sola eccezione di Giovanni Paolo I, con il quale, per la brevità del suo pontificato, non è stato possibile avere alcun tipo di rapporto. Oltre che a questi papi, l’autore fa riferimento anche a Leone XIII e soprattutto al beato Pio IX, per l’influsso che essi hanno avuto su una generazione che ha preceduto quella dei Dalla Torre e, indirettamente, anche sulle successive.
Le memorie iniziano con Giuseppe Dalla Torre (1885-1967), «storico» direttore de L’Osservatore Romano in anni non facili come quelli della dittatura fascista e della Seconda guerra mondiale; continuano con Paolo (1910-93), direttore generale dei Monumenti e Gallerie Pontificie, e si concludono con Giuseppe, autore del libro. Il racconto, che si dipana in un arco di tempo non indifferente, rende testimonianze interessanti su uno spaccato di vita dei pontefici e di molti membri della Curia romana di solito non conosciuto pubblicamente. Per questo risulterà interessante la lettura di fatti e aneddoti che mostrano i vari Dalla Torre nei loro incontri privati con i diversi pontefici, in qualche caso connotati da vera e propria familiarità, tanto da arrivare a parlare in dialetto veneto.
Tra i tanti episodi raccontati, ne scegliamo due che manifestano chiaramente la peculiarità di questo scritto. Il primo riguarda Pio X, che «prese da un cassetto del denaro e cominciò a contarlo. A un certo punto s’impacciò fra due carte troppo aderenti tra loro. Mi affrettai ad avvertire: “Sono due, sono due, Santità”. “Pian, pian, caro – mi disse –, le podaria essere tre”» (p. 28). Il secondo ha come protagonista papa Francesco, il quale, ricevendo l’autore, direttore del Tribunale vaticano, insieme agli altri membri, lo «incoraggiò ad andare avanti “senza guardare in faccia a nessuno”. Capimmo molto bene quanta speranza e fiducia riponeva anche nella funzione giudiziaria, in rapporto alla grande opera di rinnovamento delle istituzioni vaticane da lui messe in moto. […] Le sue parole non saranno dimenticate» (p. 142).
GIUSEPPE DALLA TORRE
Papi di famiglia. Un secolo di servizio alla Santa Sede
Venezia, Marcianum, 2020, 174, € 16,00