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Al capitolo 17 degli Atti degli Apostoli troviamo Paolo protagonista di un episodio fra i più significativi per comprendere il complesso e graduale incontro della fede cristiana con la cultura greca: si tratta dell’incontro dell’Apostolo con la cultura di Atene, la quale, inizialmente tollerante e disponibile ad ascoltare il suo intervento, si rivelerà poco dopo refrattaria all’annuncio della risurrezione di Gesù e al superamento dello scandalo della morte. Ma, al di là dell’esito di tale predicazione, questo episodio ci rimanda a un altro aspetto del ruolo di Paolo nella diffusione del cristianesimo: le sue Lettere sono di fatto il primo nucleo dottrinale della fede, l’originale e autentico «Vangelo di Cristo» con cui confrontarsi.
Questo saggio ci documenta che Paolo, in questo senso, è stato il costante interlocutore dei filosofi eredi del pensiero occidentale, che si sono susseguiti nel corso della storia, fino a giungere al secolo scorso e ai nostri giorni: «Nel dibattito contemporaneo, infatti – osserva l’autore – non solo si sono distinti diversi studi dedicati a problematiche religiose o a ripensamenti sul divino, ma emergono anche importanti riflessioni su quanto Paolo ha comunicato nelle sue lettere – sebbene i motivi e i risultati di questa rinnovata attenzione siano vari e addirittura eterogenei» (p. 8).
In questa interessante disamina, dopo aver ricordato i contributi critici di Nietzsche e di Heidegger, Tosolini, docente presso la Pontificia Università Gregoriana, ci introduce al pensiero e agli studi di Jacob Taubes (1923-87), sociologo della religione e rabbino praticante, che interpreta Paolo soprattutto come «fondatore del nuovo popolo di Dio», «candidato» al superamento di Mosè e interprete del primato del comandamento dell’amore per il prossimo (sull’esempio dell’amore kenotico del Messia), che «diventa profeta dei pagani e apre la comunità degli Ebrei, il sacro popolo di Dio, ai Gentili» (p. 26).
Su questa linea, l’autore esamina il pensiero del filosofo francese Alain Badiou, che interpreta Paolo come «fautore dell’universalismo» compreso nell’evento-Cristo, che avvera la sua realtà nel riconoscimento e nella rivalutazione delle differenze: un tema, questo, molto attuale in un mondo alla ricerca di un equilibrio tra omologazione e frammentazione.
Fra le interpretazioni del pensiero paolino che questo saggio ci offre, troviamo anche le pagine dedicate al filosofo italiano Giorgio Agamben e alla sua lettura «secolare» di Paolo, «che lo pone così sulla scia di altri pensatori che hanno letto le epistole di Paolo come se si trattasse di un’opera classica o di un trattato di filosofia» (p. 53). Agamben viene preso in considerazione soprattutto per la sua interpretazione «politica» e attualizzata del messianismo paolino, «che può scardinare quel potere che ormai impera sui suoi cittadini considerandoli dei semplici oggetti impersonali e anonimi. E Paolo è visto non tanto come colui che fonda una nuova religione, quanto piuttosto come il teorico dell’abolizione o sospensione della legge giudaica» (p. 59).
Ma Tosolini non si limita a offrirci questo importante aggiornamento sulla lettura contemporanea dell’Apostolo delle genti: prima di introdurre il «cristianesimo debole» di Gianni Vattimo, ricorda al lettore il ritorno, negli ultimi 40 anni, del discorso sul divino in filosofia, facendo riferimento a Lévinas, Marion, Henry, Brague, Habermas, Focault, Derrida (autore post-metafisico, che chiude la rassegna del saggio) e a Grondin, che individua tre motivi per spiegare il fenomeno: l’ascesa dei fondamentalismi, il crollo del comunismo e la carenza di senso delle società occidentali.
Il confronto con Paolo è inserito in tale contesto, e il volume di Tosolini, che analizza e confuta, se necessario, questa complessa pluralità di voci e di interpretazioni, ci consente di comprendere la grandezza e l’importanza del messaggio paolino.
TIZIANO TOSOLINI
Paolo e i filosofi. Interpretazioni del cristianesimo da Heidegger a Derrida
Bologna, Marietti 1820, 2019, 176, € 16,00.