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La mano dell’angelo di Giovanni Sale

La mano dell’angelo

Quaderno 4088 - pag. 197 - 199

16 Ottobre 2020


Non è facile interpretare un capolavoro del Rinascimento, più volte copiato e imitato, sospettato di essere avvolto da una criptica oscurità. Non solo, ma la sua storia è strettamente legata a un altro dipinto dello stesso soggetto. La prima versione della Vergine delle Rocce, ora al Louvre di Parigi, è certamente di mano di Leonardo, mentre la seconda, ora alla National Gallery di Londra, alquanto diversa per modalità esecutiva e resa pittorica, sembra piuttosto un’opera dei suoi allievi. Commissionato dalla Confraternita milanese dell’Immacolata Concezione, che aveva sede nella chiesa di San Francesco Grande dei frati minori (oggi non più esistente), il dipinto rappresenta la prima commissione di Leonardo a Milano.

A partire da un excursus storico sulla storia delle due versioni, il libro di p. Andrea Dall’Asta si focalizza inizialmente su alcune delle molteplici interpretazioni formulate in questi ultimi decenni. Sarebbe il racconto tratto da Vangeli apocrifi o da testi letterari che narrano l’incontro tra Gesù e il Battista durante il ritorno dalla fuga in Egitto? Oppure metterebbe in scena l’episodio evangelico della Visitazione? Sarebbe stato forse ispirato dalle visioni di un mistico francescano legato alla Confraternita, il beato Amedeo Mendes da Sylva, sostenitore delle tesi dell’Immacolata Concezione, per cui il dipinto si incentrerebbe sull’Immacolata?

In questa selva interpretativa, un punto fermo va sottolineato: l’angelo a fianco di Maria indicherebbe con l’indice della mano destra il Battista, il precursore, colui che riconosce in quell’uomo «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo». In questo senso, il dipinto sarebbe una riflessione sulla passione e morte di Cristo, in quanto il Battista è colui che riconosce Gesù come l’ Agnus Dei. Tuttavia, com’è possibile giustificare la preminenza simbolica del Battista, tenuto anche conto che nel contratto firmato da Leonardo gli veniva richiesto di rappresentare una Madonna col Bambino?

Un punto centrale sembra essere sfuggito alle varie letture dell’opera: l’angelo non indicherebbe il Battista, ma il grembo della Vergine. È questo un dettaglio che non è mai stato osservato, forse perché oggi gli aspetti teologici passano troppo spesso in secondo piano. A uno sguardo attento, la mano è infatti vista di scorcio, non di profilo: è leggermente ruotata verso l’interno. È uno scarto pressoché impercettibile, che richiede uno sguardo molto attento, ma proprio questa leggera rotazione permette di individuare la chiave di lettura del dipinto.

Questa intuizione sembra dipanare gli interrogativi di tante riflessioni sull’opera, già ampiamente sviluppate, ma che non sempre sembravano ricondotte a un’unitarietà coerente. Il grembo della Vergine diventa infatti la «caverna» simbolica della nascita, il luogo dell’Incarnazione. Come scrive l’autore: «La relazione Grotta-Grembo della Vergine è ora immediata. Se l’angelo indica infatti il grembo materno, è per significare che il grembo di Maria è la vera grotta, la caverna della fecondità, il luogo dell’Incarnazione. Quella grotta è lo spazio dell’origine, degli “inizi”. […] Avvolta dal mantello stesso del cielo che copre la scena nello sfondo, specchio del firmamento celeste, quella fanciulla è la Madre» (pp. 61 s).

A partire da questa intuizione tutti gli altri elementi del quadro assumono pienezza di senso e sono in qualche modo «ri-significati». Certo, la critica ha più volte notato la centralità del grembo di Maria, ma non si è mai soffermata sul fatto che la mano dell’angelo indichi il luogo del mistero in quel grembo. Questo aspetto non deve sorprendere, in quanto è un tema centrale della tradizione patristica, che pone una continuità precisa tra il grembo di Maria, il luogo della nascita del Redentore e il sepolcro di Cristo, lo spazio della sua morte e risurrezione.

Da questa chiave di lettura emerge come l’intenzione di Leonardo non si sia concentrata sul racconto di una storia, ma su una riflessione teologica nella quale ogni elemento acquisisce una pienezza di senso: dal paesaggio con i ghiacciai che si sciolgono in laghi e fiumi al luminoso panneggio che cinge il grembo di Maria; dagli elementi vegetali della caverna, come fiori, erbe e piccoli arbusti, al fermaglio del mantello con il «lustro»; dagli occhi abbassati della Vergine, che contemplano il proprio grembo, al pilastro centrale che sorregge la grotta, quasi fosse una «capanna».

Perché la mano dell’angelo è stata soppressa nella versione londinese? Dai documenti non riusciamo a saperlo. La centralità del grembo di Maria poteva forse creare ambiguità con i culti della Madre Terra ancora presenti in Lombardia alla fine del XV secolo? Non è certo. In ogni caso, la Vergine delle Rocce ancora oggi ci fa riflettere sul senso più profondo della nostra vita, sulla nostra capacità di essere fecondi e di lasciarci avvolgere dallo spirito di luce di Dio.

ANDREA DALL’ASTA
La mano dell’angelo. La Vergine delle Rocce di Leonardo: il segreto svelato
Milano, Àncora, 2019, 80, € 17,00.


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