Oltre ad aver scritto e, talvolta, rielaborato pregevoli romanzi, come La morte in banca, L’arte della fuga, La grande sera e Nati due volte, nonché le riuscite biografie immaginarie di Vite di uomini non illustri, Giuseppe Pontiggia (1934-2003) continuò a svolgere, nel corso dei decenni, una lucida attività critica, occupandosi tanto di autori classici quanto di moderni e contemporanei. A proposito di questi ultimi, alcuni suoi scritti su Morselli, D’Arrigo e Sinisgalli colpiscono ancora oggi per la limpidezza dello stile e l’acume dei giudizi.
Negli anni della gioventù, l’A. aveva però riservato grande attenzione soprattutto a Italo Svevo e alla sua tecnica narrativa. Per questo va salutata con vivo interesse la prima pubblicazione della sua tesi di laurea, discussa all’Università Cattolica di Milano nel 1959, che ci consente di conoscere, per un verso, un contributo critico sull’autore triestino e, per l’altro, di comprendere quanto lo studio dei romanzi e racconti di Svevo abbia influenzato le successive opere narrative e saggistiche di Pontiggia. In altri termini: l’analisi svolta su Svevo avrebbe fornito allo scrittore lombardo gli strumenti per mezzo dei quali egli avrebbe in seguito esaminato anche la produzione narrativa di autori come Kafka, Joyce e Čechov.
A questo riguardo, Daniela Marcheschi nota come ancora oggi questo suo contributo appaia stimolante e «quanto risultino vitali e profonde l’intuizione, la scelta critica e le terse osservazioni dello scrittore, […] che si rivela fin da questa prova universitaria anche un critico penetrante» (pp. 11 s).
A proposito del giudizio complessivo su Svevo, va rilevato anzitutto che Pontiggia ne loda la forza dello stile e lo colloca tra i grandi della letteratura europea. La sua tecnica narrativa viene poi analizzata prendendone in esame diversi aspetti: dal suo punto di vista al tempo, dal linguaggio ai personaggi, e al ruolo che vi svolge il paesaggio. Il risultato è costituito da una disamina che si caratterizza per una quantità di osservazioni acute e stimolanti. Per esempio, viene messo in risalto il cosiddetto «analismo», una modalità tecnica finalizzata a dare al lettore l’impressione di essere presente nel luogo e nel tempo dell’azione. Esso appare incessante, implacabile e inesorabile; impietoso nel suo costante procedere; e tuttavia è stupito e commosso a seguito delle scoperte. Si tratta – conclude l’A. – della «lente», estremamente sensibile, mediante la quale «Svevo realizza gli effetti più patetici e tragici, più comici e umoristici e amari: la sua arte dunque» (p. 44).
Riguardo infine alla proverbiale ironia di Svevo, Pontiggia, in una trasmissione radiofonica, ha fatto notare come essa abbia costituito, ai suoi occhi, «un punto di riferimento anche umano» (p. 33): un’ironia dunque «vissuta», capace di influenzarne tanto l’opera quanto la vita e che, sottile e tagliente, sembra aver rivestito una particolare importanza nel determinare molte delle sue predilezioni di carattere letterario.
GIUSEPPE PONTIGGIA
La lente di Svevo
a cura di DANIELA MARCHESCHI
Bologna, EDB, 2017, 168, € 17,50.