In questo libro il professor Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, analizza il sistema democratico nel suo funzionamento reale, in relazione alle diverse componenti del contesto nazionale e sovranazionale. La democrazia è un «valore universale fondato sulla libera espressione della volontà dei popoli», come recita lo stralcio di una risoluzione approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, e costituisce un limite al potere, ma è limitata sia per la sua natura intrinseca sia per la presenza di altre forze. Soprattutto i «vincoli esterni», che derivano dalla dimensione globale, in particolare dall’Unione Europea, rappresentano un arricchimento per ogni singolo Stato, perché al rapporto verticale popolo-rappresentanti si aggiunge quello di legittimazione orizzontale, una sorta di horizontal accountability fra Stati diversi.
L’analisi dell’A. fornisce chiavi di lettura interessanti per comprendere le motivazioni che in Italia hanno favorito il prevalere della concezione kelseniana della democrazia. L’orientamento della condivisione dei poteri, al fine di frenare o impedire una maggioranza di governo nel timore che uno dei due gruppi contrapposti prevalesse sull’altro, influenzò la genesi della Costituzione, quando il mondo era diviso in due blocchi dalla cortina di ferro. A distanza di 70 anni, in uno scenario storico completamente diverso, il dibattito sulla riforma costituzionale ha riproposto gli stessi timori, e oggi continua a prevalere l’impostazione kelseniana di democrazia, del freno da porre alla maggioranza, invece di quella schumpeteriana, di contrapporle cioè un potere capace di contrastarla con proposte politiche più efficaci, per porsi come una valida alternativa e tentare di prenderne il posto.
Un dato evidenzia il sintomo della crisi della democrazia nei Paesi sviluppati: l’astensione dalle urne di circa un quarto dell’elettorato. In Italia, agli albori della storia repubblicana, l’affluenza superava il 90%; nel 2010 era sotto la soglia del 64%. Una delle cause di questa diminuzione è da ricercare nell’indebolimento dei partiti, che ha dato vita alla nascita di movimenti populisti e, al tempo stesso, ha determinato un vuoto di educazione civica e di selezione della classe dirigente.
I populismi costituiscono la principale forma di malessere. Invocano una «democrazia illimitata», in contrasto con il concetto stesso di democrazia, limitata per sua natura.
Le democrazie moderne sono in una fase delicata, impegnate da una parte a sperimentare nuovi modi e regole e, dall’altra, a fronteggiare minacce provenienti dall’esterno – la più grave delle quali è il terrorismo di matrice religiosa estremista –, ma soprattutto dall’interno. La più pericolosa è la corruzione (sperimentata, non percepita), che comporta costi non soltanto economici, per il dispendio di risorse pubbliche, ma anche politici, perché genera disuguaglianze e sfiducia nelle istituzioni. Il fenomeno alimenta il sentimento di ribellione, i movimenti di protesta e le forme di populismo, rischiando di minare le basi del sistema democratico. Per un’azione di contrasto più efficace, al fianco della Magistratura è impegnata l’Autorità nazionale anticorruzione.
La democrazia va difesa da ogni insidia, perché è l’unico sistema che riesce a garantire la giustizia, i diritti e il benessere economico. «È la meno peggio delle forme di governo», conclude l’A., facendo sua la celebre definizione di Winston Churchill: «Inutile cercare alternative o surrogati».
SABINO CASSESE
La democrazia e i suoi limiti
Milano, Mondadori, 2017, 140, € 17,00.