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Questo volume raccoglie le pagine dei Diari di Antonio Maccanico (1924-2013) relative al periodo compreso tra il giugno del 1985 e il luglio del 1989. Al 2014 risale invece la pubblicazione del primo tomo dell’opera, dal titolo Con Pertini al Quirinale, in cui l’autore, segretario generale presso la presidenza della Repubblica, ha redatto giorno dopo giorno i propri resoconti per oltre sei anni, dal febbraio del 1979 al giugno del 1985.
Si tratta dunque di un periodo piuttosto lungo, nel corso del quale Maccanico – prima stretto collaboratore di Pertini e poi, per due anni, del suo successore Cossiga – ha messo a disposizione della massima carica dello Stato tutte le competenze e le esperienze che aveva acquisito lavorando in Parlamento in qualità prima di funzionario e poi di alto dirigente.
Eletto presidente di Mediobanca all’inizio del 1987, egli ne conduce in porto la sofferta privatizzazione. Nell’aprile dell’anno successivo – in quanto esponente del Pri – assume il primo incarico spiccatamente politico della sua vita come ministro per gli Affari regionali e i problemi istituzionali nel governo presieduto da Ciriaco De Mita: vi svolge un’attività molto intensa, finalizzata soprattutto ad avviare un percorso riformatore, al quale cerca di dare impulso anche nell’ambito del nuovo esecutivo – guidato da Giulio Andreotti – che giura nel luglio del 1989.
È il periodo in cui si concludono queste pagine diaristiche, che appaiono caratterizzate, per un verso, da una gradevole concisione e, per l’altro, da un’atmosfera decisamente crepuscolare, ben evidenziata, del resto, dallo stesso titolo del libro. Avendo lavorato in alcune grandi istituzioni pubbliche e private, l’autore sembra percepire meglio di altri come l’Italia non sia in grado di affrontare le sfide imposte dalla globalizzazione e disponga al contempo di un sistema politico ormai prossimo alla paralisi. In altri termini, egli vede delinearsi il rischio che alla crisi economica si associ quella della Prima Repubblica, cioè di quell’assetto dei soggetti costituenti che gli appare ormai incapace sia di comprendere la gravità della situazione sia di correre ai ripari. Scrive al riguardo nel gennaio del 1989: «I tre maggiori partiti italiani (Dc, Pci e Psi) hanno invincibili tentazioni populistiche, anche se nel loro seno hanno personalità e gruppi sensibili alle ragioni del “buon governo”» (p. 484). Personalità e gruppi che, come sappiamo, non riuscirono ad avere la meglio. Maccanico, però, aggiunge all’osservazione appena citata: «Ruolo dei repubblicani è quello di costituire una barriera di contenimento delle suggestioni populistiche in politica economica, istituzionale e internazionale».
Dalle oltre 500 pagine del volume emerge anzitutto un’analisi lucida e impietosa della cosiddetta «Repubblica dei partiti»: una «democrazia bloccata», contraddistinta per di più da governi deboli, la cui azione si connota per la limitatissima capacità riformatrice. Riguardo poi alle prospettive, l’autore vede l’Italia sospesa tra la spettacolarizzazione della politica, gli azzardi istituzionali, le tendenze populiste, e persino qualche pulsione autoritaria. Intanto il debito pubblico continua a crescere a ritmi preoccupanti, costituendo fin da allora il mezzo attraverso il quale la nostra classe politica tende ad assicurarsi quel consenso di cui ha disperato bisogno, nonché un fattore di grave e perenne instabilità. Di lì a poco, la caduta del Muro di Berlino avrebbe rimesso in discussione equilibri geopolitici che venivano ritenuti immutabili, aggiungendo così instabilità a instabilità.
ANTONIO MACCANICO
Il tramonto della Repubblica dei partiti. Diari 1985-1989
Bologna, il Mulino, 2018, 568, € 36,00.