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Nella teologia di sant’Ireneo di Lione non si capisce la redenzione portata da Cristo se non si tiene conto del peccato. Esso è fondamentalmente una aversio a Deo, cioè una libera separazione da Dio e, poiché Dio è la fonte prima dell’essere e della vita, separarsi da lui significa cadere nella morte.
Ci si separa da Dio in vari modi, e da qui vengono anche i numerosi termini che designano il peccato: trasgressione, disobbedienza, apostasia, menzogna, bestemmia, ingiustizia, iniquità, male. Alla radice poi ci sono alcuni atteggiamenti di fondo che portano facilmente al peccato, come l’invidia, la superbia, l’ingratitudine, il disprezzo.
Tutti questi termini vengono qui esaminati in dettaglio attraverso la duplice opera di Ireneo: quella maggiore, l’Adversus haereses (AH), in cinque libri, e quella minore, la Dimostrazione della predicazione apostolica, in un solo libro. L’analisi linguistica è condotta in base alle tre lingue nelle quali la sua opera ci è giunta. Infatti, l’originale greco è andato in gran parte perduto, mentre ci resta un’antica versione latina dell’Adversus haereses e una versione armena del libro IV e della Dimostrazione.
Nel suo ponderoso studio, l’autore non manca di introdurre veri e propri excursus, come quello sulla creazione dell’uomo, «plasmato a immagine e somiglianza di Dio» (pp. 222-255), quello sui concetti di «fede» e «credere» (pp. 143-182), quello sul «peccato originale» (pp. 576-606).
In un contesto di «storia della salvezza», Lees sottolinea ciò che chiama «la dinamica negativa del peccato» e la «dinamica positiva dei disegni di Dio» (p. 606). La dinamica negativa è quella che «per la menzogna diabolica si inserisce nei “meccanismi” ordinati alla salvezza per inserirvi un circolo vizioso, il quale per sua forza intrinseca avrebbe come esito definitivo la morte» (ivi).
Invece, la dinamica positiva, «in cui la libertà coopera con la grazia», instaura «un circolo virtuoso che porta l’uomo verso i compimenti dei disegni di Dio: la filiazione divina» (ivi). Il centro propulsivo di questa dinamica non può essere che Cristo, il quale nel mistero pasquale realizza «l’originario disegno di Dio: la divinizzazione dell’uomo» (p. 607). In Cristo, infatti, «il peccato è vinto con la giustizia, la menzogna con la verità, il male e la morte con il bene e la vita risorta» (ivi).
Pur parlando della «drammaticità del peccato» (p. 610) e accennando al tema dell’eschaton, l’autore, a nostro parere, rimane ancora troppo appiattito su una concezione debole della «storia della salvezza», che sembra conclusa con la risurrezione di Cristo: «Nella morte cruenta di Gesù Cristo il male è integralmente “assunto” nel bene dell’amore divino, vittorioso nella gloria della risurrezione» (p. 607).
Tutto questo è vero, ma ciò non toglie che per Ireneo la storia continui, e sia prevista una fase finale drammatica, prima della seconda venuta del Signore nella gloria. Ci sarà infatti il regno dell’Anticristo, il quale si farà adorare come Dio, inducendo i credenti al peccato di apostasia (cfr AH V, 25, 3-4); quindi ci sarà una persecuzione della Chiesa (cfr AH V, 26, 1) e l’ultimo combattimento dei giusti (cfr AH V, 29, 1).
Ireneo vede quindi il tempo finale della storia come un crescere dell’iniquità, fino a raggiungere il suo culmine nell’Anticristo, «la bestia che deve venire», nella quale «si avrà la ricapitolazione di tutta l’iniquità e di ogni inganno, affinché tutta la potenza dell’apostasia, dopo essere confluita ed essersi ammassata in lei, sia gettata nella fornace del fuoco» (AH V, 29, 2).
Proprio per questa recrudescenza del male è importante che i fedeli siano avvertiti della grande tribolazione finale alla quale saranno sottoposti, perché non cadano vittime della menzogna, come quelli che «non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nell’iniquità (2 Ts 2,12)» (AH V, 25, 3).
DAVIDE LEES
Il peccato nella teologia di Ireneo di Lione.
Uno studio analitico-sistematico
Roma, Gregorian & Biblical Press, 2022, 736, € 65,00.