RECENSIONE

Enzo Appella

GIUSEPPE DI GIACOBBE

Racconto della fraternità compiuta

Quaderno 4117

pag. 93 - 94

Anno 2022

Volume I

1 Gennaio 2022
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Il libro della Genesi si chiude (cc. 37-50) con la lunga storia di Giuseppe e dei suoi undici fratelli, figli di Giacobbe, ma non della stessa madre. Infatti, l’amata Rachele aveva dato a Giacobbe solo un figlio, Giuseppe, ed era poi morta dando alla luce il secondogenito, Beniamino (cfr Gen 35,16-20). La storia è nota: Giuseppe, ancora giovane e un po’ ingenuo, racconta i suoi sogni e suscita l’invidia mortale dei suoi fratelli. Questi colgono l’occasione buona per eliminarlo. Per una serie di circostanze fortuite, Giuseppe finisce venduto a dei mercanti e portato in Egitto. Qui riceve un buon impiego, ma viene accusato ingiustamente di adulterio. Finito in prigione, ne uscirà grazie alla sua capacità di interpretare i sogni. Entrato nei favori del faraone, sarà nominato viceré e incaricato di gestire un lungo periodo di carestia. La fame spingerà i fratelli di Giuseppe a recarsi in Egitto per acquistare grano. Giuseppe li riconosce, ma non si fa subito riconoscere: vuole prima vedere il suo fratello materno, Beniamino, e poi il padre, Giacobbe. In una sorta di tira e molla con i suoi fratelli, finalmente si trovano tutti insieme e Giuseppe si rivela: ma la sua non è una vendetta, bensì è il traguardo della fraternità.

Il biblista Enzo Appella rilegge questa storia come una meditazione ad alta voce fatta sul tema della fratellanza. Non è la prima volta che quella storia è letta alla luce di questo tema (si veda la bibliografia indicata a p. 197), ma Appella lo fa con la finezza della penetrazione psicologica e con lo stile di un eccellente scrittore. La scienza esegetica rimane nello sfondo, per lasciare spazio a una stimolante attualizzazione: «È questa la bellezza dei racconti biblici, ispirati perché divenissero “parola” per noi» (p. 153).

La chiave di lettura è il Salmo 133, che canta «la dolcezza dell’amore tra fratelli, l’esultanza della fratellanza», dopo aver superato «il demone della gelosia» (ivi). Come mai il «desiderio di fraternità» (p. 157), che è presente in tutti, è così spesso contraddetto dai fatti? La convivenza umana è inquinata da altre tendenze, «sesso e potere», «cupidigia e menzogna» (p. 93), che di fatto soffocano ogni anelito di fraternità. Giuseppe attraversa questa storia tenebrosa come se fosse senza peccato originale: disprezzato, voluto morto, venduto, accusato, egli ne esce puro, non per la propria capacità, ma perché si è fatto discepolo della Sapienza, che gli ha insegnato «la fraternità come il bene più grande della sua vita» (p. 67).

Dio sembra assente da questa storia, ma compare nelle parole finali di Giuseppe, che fa una lettura teologica della sua vicenda: non sono i suoi fratelli che lo hanno venduto, ma è Dio che lo ha mandato in Egitto per la salvezza loro e di tutto il popolo (cfr Gen 45,4-8).

Quando leggiamo la scena finale – «[Giuseppe] si gettò al collo di suo fratello Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva, stretto al suo collo. Poi baciò tutti i fratelli e pianse» (Gen 45,14-15) –, «è facile che a noi […] venga un groppo alla gola, così coinvolti nel testo da non rimanere insensibili» (p. 153). Per questo la figura di Giuseppe anticipa quella di Gesù, che effettivamente «è stato messo a morte per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25).

Ma Giuseppe non ritrova solo i suoi fratelli: ritrova anche il padre. È possibile una fraternità senza un padre che ci renda tutti fratelli? Sullo sfondo, però, possiamo scorgere anche la presenza della madre: forse «il figlio di Rachele» ha potuto «fronteggiare l’aggressività altrui, sia quella dei fratelli, sia quella degli egiziani» (p. 179), proprio perché era nato da un grande amore materno.

ENZO APPELLA
Giuseppe di Giacobbe. Racconto della fraternità compiuta
Milano, Paoline, 2021, 200, € 15,00.

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