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Il volume, a cura di Lisa Cremaschi, ci presenta alcuni racconti di donne nella vita monastica che hanno avuto una particolare incidenza nell’antichità cristiana. Si tratta, come sottolinea la curatrice, di una raccolta di parole e azioni di monache, vissute tra il IV e VI secolo, nelle quali si manifesta il modo in cui si è delineato, alle origini, il monachesimo femminile.
Cercare di ricostruire il percorso spirituale di queste donne significa provare a dar voce, nella Chiesa antica, alla presenza femminile, superando la marginalità cui possono essere confinate. Per questo la Cremaschi ci mette immediatamente a contatto con le tracce del monachesimo femminile, che sono evidentemente molto inferiori rispetto a quello maschile (cfr p. 10). Tuttavia è possibile attingere, in particolare, ad alcune fonti: i racconti di viaggio, le biografie e i «detti» dei padri del deserto. Il testo ripercorre così questi racconti, racchiudendoli in un’antologia. In essi sono presenti donne che, in diversi modi, hanno vissuto la vita monastica in Egitto, Siria, Palestina, in Asia Minore, ma anche a Roma.
Queste storie lasciano emergere un’intensa vita spirituale e una profonda umanità. In esse la sequela di Cristo assume diverse sfumature e accenti: il coraggio di Sara; le lacrime e la forza di Sincletica; il modo in cui, attraverso il racconto di Gregorio di Nissa, Macrina rilegge la sua vita come un unico, grande «rendere grazie a Dio»; la fede e l’amore di Scolastica, che fu colei che poté di più perché amò di più.
In questo periodo la vita monastica è vissuta in casa o in città, oppure attraverso la ricerca di una solitudine che richiami l’esperienza del deserto. Nei racconti possiamo osservare come queste donne non siano semplicemente un modello esemplare di vita cristiana, ma, come precisa la curatrice, delle Amma, termine con il quale è designato il loro «insegnamento spirituale», la loro sapienza. E dunque sono teologhe, bibliste, madri spirituali e diaconesse.
Non possediamo, però, un’ampia documentazione di «parole di donne sulle donne» (p. 9); piuttosto, nella maggior parte dei casi, si tratta ancora di limitarsi a vedere e ascoltare quello che c’è. Se proviamo allora ad accostarci a queste voci, ci rendiamo conto che ogni storia alla sequela di Cristo è storia di umanità nella lotta. La riflessione su un modo nuovo di vivere la fede diventa infatti consapevolezza di sé. Per questo, ad esempio, la povertà, per quelli che la abbracciano, significa tribolazione nella carne, «ma sollievo nell’anima» (p. 103).
Per poter insegnare, poi, sarà necessario sperimentare in se stessi la divisione e il conflitto. L’anima è come una casa che va edificata, perché ricevere un altro è come ospitare qualcuno nella propria casa. Quando essa è pericolante, rischia di danneggiare i suoi ospiti. Allo stesso modo, edificarsi vuol dire costruire un’armonia tra l’interiorità e l’esteriorità, la parola e il comportamento, così che coloro che si avvicinano non siano, da un lato, esortati alla salvezza con la parola e, dall’altro, colpiti dalla malvagità del comportamento (cfr p. 108).
In tutta la vita spirituale il governo dell’anima deve essere accompagnato dal continuo discernimento, e la vigilanza segue costantemente l’incertezza con cui si naviga nel mare della vita. Infatti, anche nella calma della vita monastica si può perdere o abbandonare il timone della giustizia e, d’altra parte, nel caos della tempesta e delle tenebre, che rappresentano la vita nel mondo, è possibile ancora salvare la propria nave (cfr p. 115).
Il cammino di queste donne sembra dunque approdare a quella «vita pratica» in cui esse, che sono alla ricerca di Dio, trovano se stesse. La salvezza è così intravista in questo passaggio attraverso e oltre se stessi: «Come è impossibile costruire una nave senza chiodi, così è impossibile essere salvati senza umiltà» (p. 115).
Detti e fatti delle donne del deserto
a cura di LISA CREMASCHI
Magnano (Bi), Qiqajon, 2018, 288, € 28,00.