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Questo libro è il racconto di una famiglia ebrea, che si tramanda di generazione in generazione come memoria storica e grande testimonianza umana, capace di legare tante altre famiglie ebree, tracciandone i percorsi di vita attraverso gesti, sguardi e parole. Gli Ottolenghi, protagonisti della vicenda narrata, assurgono a simbolo di tutta quella umanità ferita e oltraggiata in tempo di guerra, che riesce a trovare nella condivisione e nella solidarietà la forza di lottare per sopravvivere.
A narrare la vicenda è Ada Valabrega Ottolenghi, che dopo la scomparsa del marito Guido, imprenditore farmaceutico e solida colonna della famiglia, sente il bisogno morale di affidare alla nipote Raffaella il ricordo di un periodo buio nella loro vita e nella storia dell’umanità. Ada rievoca gli anni difficili vissuti, quando, per sfuggire alle leggi antiebraiche, insieme al marito Guido, ai loro tre bambini Luisella, Emilio ed Emma e alla fedele domestica Marie, si trovò costretta, nel giugno 1940, a lasciare Torino, la loro amata città, per rifugiarsi prima a Porto Corsini, vicino Ravenna, poi a Cotignola, dove furono accolti generosamente dai contadini romagnoli, e infine a Roma.
Suonano come un testamento spirituale le parole con cui Ada si rivolge alla nipote: «Quindi, ti prego, dopo il diario di Anna Frank leggi altri libri che, se pur ti faranno piangere, ti daranno un gran desiderio di aiutare gli uomini a essere liberi e ti daranno un grande desiderio di giustizia; e ti daranno la convinzione che val la pena di essere onesti e dignitosi e fieri di mantenersi ebrei in mezzo a tante traversie» (p. 19).
Gli Ottolenghi affrontano continue fughe e peripezie alla ricerca della libertà, sempre accompagnati dalla mano invisibile di Dio, che soffre con loro attraverso i volti di tutti quegli amici buoni che essi incontreranno e che mai li tradiranno: «Non osavamo quasi mai affrontare l’argomento del futuro, ci sentivamo come in preda a un destino più grande di noi e vedevamo i giorni passare senza che una soluzione si presentasse» (p. 49).
Questo è un libro di grande attualità, che parla di lacrime, di persecuzioni – frutto di un odio irragionevole e insensato –, di paura, ma anche di speranza, di salvezza, di vera solidarietà degli umili e dei semplici, e soprattutto di fede incrollabile in un Dio buono che aiuta chi si affida a lui nei momenti di disperazione estrema.
A guerra finita, la famiglia Ottolenghi si ritiene fortunata, perché è tutta miracolosamente viva: «Noi ci sentimmo subito dei privilegiati: eravamo salvi tutti e cinque, i bambini erano lustri, eleganti, nemmeno denutriti, e noi due, dopo tante lotte e tante ansie, ci volevamo più bene che mai. Come avremmo potuto ringraziare Iddio per tutto questo che ci era concesso, mentre vicino a noi c’era chi piangeva sette persone della stessa famiglia trucidate alle Fosse Ardeatine, e chi aveva visto deportare tutti i suoi?» (p. 144).
Profondamente provata, Ada è assillata da tante domande, ma la certezza di un Dio misericordioso resta l’unico punto fermo cui appigliarsi: «… se non ci fosse arrivato un qualche aiuto improvviso. E questo non poteva venirci che da Dio, in cui credevamo fermamente tutti e due. Perché però Dio avrebbe aiutato proprio noi, mentre tutto era distruzione e sfacelo? Quali potevano essere i suoi misteriosi disegni? Non cercavamo di capire, ma confidavamo in lui» (p. 103).
Un messaggio forte, che apre uno squarcio di luce e che sembra riecheggiare le parole cariche di pathos che in quegli stessi anni una giovanissima Anna Frank vergava nelle pagine del suo Diario, continuando a sognare «che tutto si volgerà nuovamente al bene»: «È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo».
ADA OTTOLENGHI
Ci salveremo insieme. Una famiglia ebrea nella tempesta della guerra
Bologna, il Mulino, 2021, 192, € 15,00.