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Negli Atti degli Apostoli, il discorso di Paolo all’areopago testimonia in modo molto efficace l’incontro fra due mondi molto distanti tra loro, eppure in grado di confrontarsi. Questo confronto è soprattutto di carattere religioso e filosofico, e nelle parole di Paolo – il fariseo folgorato da Cristo sulla via di Damasco – riecheggia innanzitutto la fede nel Dio unico delle Scritture e del popolo eletto, Israele.
Questo libro di mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, ci fa approfondire queste due polarità così decisive per la nostra identità culturale e la storia della civiltà del nostro continente.
La prima parte è dedicata alle origini della religione dell’antica Grecia: dalla narrazione di Omero ed Esiodo a quella delle tragedie e alla riflessione più articolata e complessa dei grandi filosofi.
Gli dèi omerici, personificazione delle forze naturali, dei vizi e delle virtù umane, appagati dal loro mondo celeste, «non disdegnano di intervenire nelle cose umane: possono avere pensiero e compassione per gli uomini, ed eccezionalmente anche un sentimento amorevole, oppure scatenare contro di loro le guerre; dimostrano così una certa propensione all’arbitrio e al capriccio, potendo oscillare facilmente tra atteggiamenti benefici o malefici verso gli uomini, senza alcun motivo apparente» (p. 23).
Nella relazione fra gli dèi e l’uomo – si tratti di un eroe epico o di un semplice fedele – permane una condizione d’incertezza; l’obiettivo di accaparrarsi la benevolenza divina non è sempre raggiunto, tanto più che al di sopra degli dèi, ancora più imperscrutabile, domina il fato, personificato dalla Moira.
L’orfismo e i culti misterici di Dioniso e Demetra rappresentano «il contraltare interiore al culto pubblico rivolto alle divinità olimpiche» e rispondono «al bisogno di definire delle vie iniziatiche o esoteriche più spirituali, ascetiche e mistiche» (pp. 29 s).
In questo contesto così complesso si delinea l’epoca – il V secolo – delle grandi tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide, ancora imperniate attorno alla nozione di «fato», con una profondità «delle domande sgorgate dalla condizione umana, alla quale questi eccezionali documenti danno voce» (p. 45).
A partire dal VI secolo, la civiltà greca compie un ulteriore passaggio dal mythos al logos, dalla mitologia alla filosofia, con un’originale ricerca dell’archè, «del principio della realtà, rifacendosi alla ragione anziché alla tradizione», culminante nel «motore immobile» di Aristotele, autoreferenziale e amante di sé stesso.
«Se il divino greco, sia nella sua forma politeista sia in quella filosofica, è autarchico e atemporale, quello ebraico è proteso fuori di sé, cerca l’uomo, entra nella storia, vuole stringere patti con un popolo che sceglie tra tutti gli altri per portare il suo Nome alle genti» (p. 75).
Ripercorrendo i temi dell’origine delle Scritture, dell’ispirazione divina in rapporto agli autori sacri e della rivelazione, mons. Castellucci ci introduce nel monoteismo ebraico e nella concezione di una divinità dentro la storia dell’umanità: «La storia non si dà nel ripetersi sempre uguale delle vicende, ma si dà nell’incontro fra due libertà, quella divina e quella umana» (p. 94).
Una storia che diventa storia di relazioni (il Dio d’Israele è il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe), di alleanza e di liberazione, a partire dalla quale si può comprendere il senso stesso della creazione. Interessante è l’ultimo capitolo, dedicato al «Dio misterioso», che ci ricorda come nella Bibbia non sia mancata la riflessione sulla sofferenza, sull’ingiustizia e sul silenzio di Dio, in particolare attraverso le parole di Geremia, di Giobbe e di Qoelet.
Il volume offre un percorso di approfondimento ben strutturato e un originale contributo al dibattito su «Atene e Gerusalemme», città che hanno una valenza simbolica in un tempo in cui risulta sempre più complesso ritrovare identità e radici.
ERIO CASTELLUCCI
Autarchia e alleanza.
Antiche esperienze del divino fra Atene e Gerusalemme
Milano, FrancoAngeli, 2021, 156, € 20,00.