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Perché la pace di Parigi è stata duramente criticata ed etichettata come «fragile», «falsa», «cartaginese», «distruttiva»? Perché ai vincitori è stato rimproverato di «aver vinto la guerra e di aver perso la pace»? Questi sono i temi affrontati dall’autore nella sua dettagliata ricostruzione storica.
Per la prima volta una conferenza di pace fu trasformata in un evento mediatico, con luoghi e gesti carichi di significato simbolico. La Reggia di Versailles, emblema della grandezza della Francia ma anche dell’umiliazione subìta con la proclamazione del Secondo Reich, ospitò la cerimonia nella Galleria degli specchi, il 28 giugno 1919. Per i francesi, celebrare la rivincita significava restituire l’onta ai tedeschi; a tale obiettivo rispondeva la presenza dei mutilati di guerra sfigurati, dinanzi ai quali fu costretta a sfilare la delegazione tedesca. Questa fu l’efficace immagine dell’accusa rivolta alla Germania di aver provocato la Grande Guerra.
La colpa della guerra fu presto trasformata in «un’arma di guerra» dal Partito nazionalsocialista, che strumentalizzò le pesanti condizioni delle clausole di colpevolezza, additandole come la causa della crisi economica e della miseria dei tedeschi. Hitler fece leva sull’orgoglio nazionale ferito, trovando terreno fertile nel «trauma della guerra», raccontato da Conze con documenti, testimonianze e cronache che trasportano il lettore nell’atmosfera cupa dell’epoca. Il giorno della firma dell’armistizio il quotidiano Kreuzzeitung uscì listato a lutto, e altri giornali pubblicarono editoriali dai toni bellicosi. La Germania, istigata dalla propaganda nazista, reagì con una politica aggressiva di espansione territoriale che condusse alla Seconda guerra mondiale.
Dopo il 1945, il fallimento della Repubblica di Weimar e l’ascesa di Hitler furono attribuiti da molti tedeschi agli accordi di Versailles. Secondo Conze, questa fu un’ulteriore strumentalizzazione politica della colpa della guerra, tesa a farne un alibi per attenuare le responsabilità dei tedeschi. Un errore, sostiene l’autore, che impedì ai tedeschi di fare una piena autocritica sulle responsabilità della presa del potere dei nazisti.
Il testo, pur concentrandosi prevalentemente sulle questioni tedesche, offre un’analisi della complessità del Trattato che ridisegnò la carta geografica dell’Europa e del Vicino Oriente, cancellando gli Imperi ottomano, zarista e asburgico, al posto dei quali nascevano gli Stati-nazione. La fine di un mondo che Conze lascia al racconto dello scrittore Stefan Zweig, testimone casuale della partenza dell’ultimo imperatore degli Asburgo: «Tutti noi avvertivamo in quella vista tragica il passare della storia. In quel momento la monarchia quasi millenaria era davvero finita. Sapevo che era un’altra Austria, un altro mondo quello in cui facevo ritorno». È una delle microstorie che si intersecano nel libro, come nel film del 1937 La grande illusione si intrecciano con la grande storia.
L’autore dedica ampio spazio anche ad aspetti meno noti del Trattato, che avrebbero assunto notevole rilevanza in seguito. A Parigi iniziò a prendere corpo un sistema internazionale di giustizia penale che vige tuttora. Per punire i crimini di guerra furono introdotte nuove fattispecie di reato e abolite l’amnistia e la «clausola della dimenticanza». I processi di Lipsia e di Istanbul si rivelarono una farsa, in quanto gli imputati furono giudicati dai loro connazionali, ma sono stati un importante banco di prova per l’applicazione successiva di quelle norme a Norimberga e, più recentemente, nei procedimenti contro Slobodan Milośević e Radovan Karadžić dinanzi alla Corte penale internazionale.
Le argomentazioni approfondite evidenziano la complessità della sfida a cui furono chiamati i vincitori: instaurare un equilibrio globale di fronte al prevalere di interessi nazionali e di sentimenti di odio. E soprattutto mettono in risalto le nefaste conseguenze provocate dall’illusione di un potere forte e dei nazionalismi. Impossibile, conclude l’autore, non vedere le analogie con la storia recente, con il ritorno del nazionalismo in Europa e nel mondo nelle forme del sovranismo e dell’autoritarismo, con i tentativi di mettere in discussione l’unità dell’Europa di fronte alla crisi economica.
ECKART CONZE
1919. La grande illusione. Dalla pace di Versailles a Hitler. L’anno che cambiò la storia del Novecento
Milano, Rizzoli, 2019, 576, € 28,00.