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«Oggi la fratellanza s’impone». È il 22 dicembre 1964. Nel radiomessaggio di s. Paolo VI si avverte tutta l’attesa non solo per il Santo Natale imminente, ma anche per un anno – il 1965 – che in effetti mostrerà a livello globale tutti risvolti della tensione tra il desiderio di pace e di fratellanza mondiale e la tirannia della logica della guerra e delle contrapposizioni ideologiche. Sarà l’anno, tra le altre cose, dell’escalation della guerra in Vietnam, ma anche della conclusione del Concilio Vaticano II, condotto in porto con grande perseveranza proprio dal Santo Padre. Il quale Pontefice diceva anche in quel messaggio che gli ostacoli che si contrappongono alla fratellanza umana sono il risorgente nazionalismo, il razzismo, il militarismo, il classismo e lo spirito di partito e di fazione, «che oppone ideologie, metodi, interessi, organizzazioni nell’intero tessuto stesso delle varie comunità».
Sono passati più di 50 anni, eppure queste espressioni e le preoccupazioni che incarnano non appaiano affatto anacronistiche. Poi il Papa prova a rispondere a una domanda collettiva, senza tempo: «La religione è motivo di divisione fra gli uomini?». E Paolo VI risponde: «Oh, sì», se risulta – si sta riferendo «specialmente» alla religione cattolica – «così dogmatica, così esigente, così qualificante», da impedire «una facile conversazione e una spontanea intesa fra la gente». La tensione per la fratellanza umana e il richiamo a un ruolo positivo delle religioni è una costante nel magistero di s. Paolo VI, tanto che la ritroviamo anche nel Messaggio per Giornata della Pace del gennaio 1971.
Oggi quella stessa tensione e quel medesimo richiamo risuonano, in altri termini e tempi, nel magistero di papa Francesco. Non si evoca la fratellanza come un’aspirazione astratta e consolatoria, se non addirittura minacciosa per l’identità e la dottrina cristiana – come alcuni tendono a dipingerla – ma come fattivo e praticabile criterio di convivenza, e quindi criterio politico in senso alto, che sgorga dalla storia e dalla consapevolezza comune dei medesimi pericoli all’orizzonte; un valore che si misura sulla quotidianità dell’incontro, delle mense condivise, delle strade e piazze abitate insieme, dei figli ai quali regalare un futuro, e non sulle idee e sulle logiche di potere.
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Tutto questo è stato sancito il 4 febbraio 2019 nel Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato ad Abu Dhabi dal Grande imam di al-Azhar, al-Tayyeb, e da papa Francesco.
Il testo rappresenta un passo molto importante e irrituale nel dialogo tra cristiani e musulmani, e simbolicamente, tra tutte le religioni. Di fronte a un’umanità ferita e divisa, i due leader religiosi firmatari mostrano che non è un’utopia promuovere la cultura dell’incontro e il rispetto reciproco al fine di sbarrare la strada a quanti soffiano sul fuoco dello scontro di civiltà.
In quell’occasione il Pontefice spiegò che «il punto di partenza è riconoscere che Dio è all’origine dell’unica famiglia umana […]. Essa ci dice che tutti abbiamo uguale dignità e che nessuno può essere padrone o schiavo degli altri». A quel punto, facendo un balzo aldilà del principio di reciprocità che a lungo ha connotato il rapporto tra le religioni, il Papa ha sottolineato che «se crediamo nell’esistenza della famiglia umana, ne consegue che essa […] domanda il coraggio dell’alterità, che comporta il riconoscimento pieno dell’altro e della sua libertà, e il conseguente impegno a spendermi perché i suoi diritti fondamentali siano affermati sempre, ovunque e da chiunque. Perché senza libertà non si è più figli della famiglia umana, ma schiavi».
Infine, con un’espressione altrettanto forte di quella usata da s. Paolo VI in quel Radiomessaggio del 1964, Francesco esprime così l’urgenza della fratellanza e di un ruolo positivo delle religioni: «Non c’è alternativa: o costruiremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro».
Nella stessa circostanza, il 4 febbraio 2019 il Grande imam al-Tayyeb rivolgendosi al «fratello e amico caro, Santo Padre Papa Francesco» mostrava con un’immagine della quotidianità, che possiamo tutti comprendere, il fondamento di questo dialogo fraterno possibile: «Il Documento di Fratellanza che celebriamo – disse al-Tayyeb nel suo discorso – è un documento che è nato intorno a un tavolo, un tavolo al quale sono stato ospite del mio fratello e amico Francesco, a casa sua, quando uno dei giovani presenti ha lanciato questa idea».
Nella stessa immagine, possiamo ritrovare anche una proiezione concreta di quel versetto del profeta Gioele tanto caro al Papa: l’incontro, intorno alla mensa comune, di due vecchi che sognano e la profezia di un giovane.
Quello che stupì il Grande imam, come egli stesso ha voluto ricordare, «è che Sua Santità e i suoi pensieri erano esattamente i miei pensieri, le nostre preoccupazioni erano uguali».
Per al-Tayyeb quel Documento è «una Costituzione, una Carta di principi per la vostra vita […] perché […] è un’estensione della Costituzione dell’Islam, è un’estensione delle Beatitudini del Vangelo».
Inserendoci dunque nel solco tracciato da quel Documento, inatteso dagli osservatori e irrituale nella forma, e cercando di interpretare lo spirito di quegli eventi e gli sviluppi che possono avere, abbiamo raccolto qui sia i testi essenziali legati al Documento di Abu Dhabi, sia i saggi pubblicati dalla nostra rivista che possano aiutare a leggerlo più in profondità.
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Iniziamo il nostro itinerario con una preziosa Prefazione del cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso. Il Cardinale inserisce il Documento sulla Fratellanza nel cammino delle relazioni interreligiose della Chiesa cattolica, che ha trovato espressione ufficiale nel Concilio Vaticano II. E afferma che esso, pur essendo nato da una lunga e attenta riflessione comune in ambito musulmano e cattolico, «non ha nulla che non possa essere condiviso da altri. Si tratta di un invito concreto alla fratellanza universale che riguarda ogni uomo e ogni donna».
Il nostro percorso prosegue con la dichiarazione di una prospettiva chiara: la fratellanza è oggi la vera sfida all’apocalisse. La fratellanza non è solamente un dato meramente emotivo o sentimentale. Invece è un forte messaggio dal valore anche politico e porta direttamente a riflettere sul significato della «cittadinanza»: tutti siamo fratelli, e quindi tutti siamo cittadini con uguali diritti e doveri, sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Parlare di «cittadinanza» allontana sia gli spettri di una fine accelerata sia le soluzioni politiche posticce pur di evitare il peggio. Scompare, infatti, l’idea di «minoranza», che porta con sé i semi del tribalismo e dell’ostilità, che vede nel volto dell’altro la maschera del nemico. L’approccio di Francesco è sovversivo rispetto alle teologie politiche apocalittiche che si vanno diffondendo sia nel mondo islamico sia in quello cristiano. E non solo.
A seguire presentiamo il tema della fratellanza dal punto di vista biblico: Antico e Nuovo Testamento. I due saggi di Saverio Corradino ci mostrano come in molti i passi della Scrittura venga sviluppato il tema della fratellanza. Nel Nuovo Testamento il tema dei fratelli, presente anche negli altri evangelisti, è trattato a fondo da Luca e risalta in diversi racconti propri del suo Vangelo, come la parabola del Padre misericordioso, l’episodio di Marta e Maria, la parabola del fariseo e del pubblicano, e nella fratellanza ideale dei due malfattori in croce.
La seconda sezione raccoglie le cronache di tre «viaggi della fratellanza» compiuti da papa Francesco a cavallo della firma del Documento di Abu Dhabi, tre viaggi sulla frontiera tra culture e religioni, tra il Mediterraneo e il Medio Oriente. Il primo, in Egitto, un viaggio brevissimo ma drammatico, terapeutico e profetico, è nato in risposta all’invito fatto dai protagonisti della vita politica e religiosa del Paese, a volte in tensione tra loro. Sono stati il coraggio della profezia e «l’estremismo della carità» a gettare un seme di futuro. Poi, troviamo proprio la cronaca del viaggio apostolico di papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti, ad Abu Dhabi. L’occasione è stata il «Convegno Internazionale sulla Fratellanza», promosso dal Consiglio islamico degli anziani. È in quella circostanza e in quel contesto che il Papa e il Grande imam hanno firmato insieme il Documento «sulla fratellanza umana». Infine, il viaggio apostolico di papa Francesco in Marocco. Nelle parole di accoglienza del re del Marocco, Mohammed VI, nel quale egli ha sottolineato «la fraternità imparata dai figli di Abramo», c’è la conferma che il seme gettato ad Abu Dhabi già germogliava. In Marocco è emerso anche il ruolo della Chiesa, di tutti i cristiani, come «piccola quantità» di «lievito delle beatitudini e dell’amore fraterno». Le cronache di viaggio sono state scritte a presa diretta, man mano che gli eventi si sono succeduti.
Quindi abbiamo cercato di raccogliere alcuni contributi capaci di offrire indicazioni di lettura di ciò che è accaduto il 4 febbraio 2019 e del Documento firmato.
Felix Körner ce ne offre una lettura storico-contestuale e spiega in che modo integri le formulazioni del Concilio Vaticano II e le richieste dei Papi degli ultimi 55 anni sul dialogo interreligioso.
Poi, eccezionalmente, due articoli inediti. Laurent Basanese sottolinea due elementi importanti del Documento. Innanzitutto, si tratta di un’esortazione da mettere in pratica, in forma di leggi e riforme reali, in particolare dei sistemi educativi a livello mondiale. In secondo luogo, non siamo di fronte a un’ennesima «dichiarazione islamo-cristiana»: essa è indirizzata a tutti, ben oltre le appartenenze religiose. Eppure, al contempo, il Documento invita a rinnovare in modo concreto il discorso e lo stile degli incontri interreligiosi. E qui Damian Howard si inserisce proponendo alcune osservazioni che scaturiscono dall’esperienza «sul campo» dello specifico dialogo islamo-cristiano: su ciò che in esso, nella pratica, potrebbe costituire un aiuto efficace per migliorare il dialogo in corso, sulle sfide che affronta e sugli ostacoli che si frappongono.
Diego Fares descrive, su quattro diversi livelli di riflessione – familiare, evangelico, filosofico ed economico-sociale – in che senso nell’itinerario di papa Francesco la fratellanza, l’essere fratelli, sia un valore trascendentale e programmatico.
Pino Di Luccio e Francisco Ramírez Fueyo, commentando un intervento del Papa nel Convegno intitolato «La teologia dopo “Veritatis gaudium” nel contesto del Mediterraneo», mostrano che il percorso che ha portato ad Abu Dhabi non è affatto estemporaneo o naives, ma basato su una precisa e solida «teologia del dialogo».
Infine, ricordiamo come la fratellanza è stata celebrata ed elevata a valore «laico» in particolare dalla Rivoluzione francese. José Luis Narvaja spiega, però, perché la Rivoluzione francese non può essere considerata la realizzazione definitiva degli ideali che proclamò, ma piuttosto come una tappa di un processo. Proprio papa Francesco ha ricordato la funzione regolatrice esercitata dalla fraternità, in modo che la libertà e l’uguaglianza non facciano fallire le relazioni umane.
Il volume quindi offre il Documento di Abu Dhabi, ma anche altri documenti a esso strettamente legati. Il primo è il discorso di papa Francesco alla Conferenza internazionale per la pace del Cairo il 28 aprile 2017 durante il suo viaggio apostolico in Egitto. A seguire i due discorsi del Papa e del Grande imam che hanno preceduto la firma del Documento il 4 febbraio 2019. Presentiamo, infine, il discorso che Francesco ha tenuto davanti alle autorità a Rabat il 30 marzo 2019, durante il suo viaggio apostolico in Marocco. Ma abbiamo deciso di inserire anche un extra: il radiomessaggio di san Paolo VI del 22 dicembre 1964 sulla fratellanza umana che abbiamo citato all’inizio di questa presentazione.
Il nostro volume si chiude con alcune testimonianze e risonanze per noi di grande valore. Molto importante è il contributo del Presidente Ronald S. Lauder del World Jewish Congress. Così come quella del prof. Adnane Mokrani, docente presso il Pontificio Istituto di Studi Islamici (Pisai) e presso la Pontificia Università Gregoriana.
Ricordiamo poi che Francesco, durante il suo viaggio in Thailandia, ha donato il testo del Documento di Abu Dhabi al Patriarca buddista; durante il viaggio in Giappone lo ha citato a Hiroshima, dove l’atomica è stata sganciata su tutta l’umanità con la sua energia distruttiva apocalittica; e poi anche nel suo discorso davanti al Primo ministro. Il Documento viaggia verso oriente, verso l’Estremo oriente. E già sono giunte forti risonanze di sintonia dal mondo buddista, induista, sikh, che qui riportiamo.
Per questo motivo pubblichiamo qui alcune parole di religioni dell’Estremo oriente. Esse sono frutto di un incontro di riflessione tenutosi a Roma il 15 novembre 2019. L’evento è stato organizzato dall’Ambasciata Argentina presso la Santa Sede, con la sponsorizzazione del Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso e in collaborazione con l’Istituto di dialogo interreligioso dell’Argentina. Ringraziamo l’ambasciatore Rogelio Pfirter per averci donato questi testi.
Nel chiudere questa presentazione ringrazio il dott. Simone Sereni con il quale ho lavorato alla selezione dei saggi che compongono il volume. Con lui ho condiviso l’ideazione e la realizzazione di questo numero degli «Accènti».
Affidiamo queste pagine ai nostri lettori con la speranza che siano da guida per una comprensione più approfondita e personale di ciò che è accaduto ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, del Documento che è stato firmato allora, e della fratellanza come potente «sfida all’apocalisse».
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Il presente volume è pubblicato con il patrocinio dell’«Alto Comitato per la Fratellanza umana».
L’«Alto Comitato per la Fratellanza Umana» è composto da leader religiosi, studiosi dell’educazione e figure del campo della cultura che si ispirano al Documento e si dedicano a condividere il suo messaggio di comprensione reciproca e di pace.
Essi agiscono in base alle aspirazioni delineate nel Documento e si incontrano con i leader religiosi, i capi delle organizzazioni internazionali e altri in tutto il mondo per sostenere e diffondere i valori del rispetto reciproco e della coesistenza pacifica. Il Comitato si occupa anche dell’esecuzione di piani, programmi e iniziative per assicurare un futuro di pace alle nuove generazioni.
Tra i compiti del Comitato vi sono la supervisione dell’attuazione del Documento a livello regionale e internazionale e l’organizzazione di incontri internazionali con personalità religiose, leader, capi di organizzazioni internazionali e altre parti interessate. Oltre a ciò, il Comitato ha un ruolo fondamentale nella supervisione della Abrahamic Family House ad Abu Dhabi, una delle sue iniziative iniziali, che incarna il rapporto tra le tre fedi abramitiche e fornisce una piattaforma per il dialogo, la comprensione e la coesistenza tra le loro religioni.
Il Comitato è stato costituito il 20 agosto 2019 e si è riunito per la prima volta l’11 settembre 2019, alle ore 8.30, a Casa Santa Marta.
Con il progredire delle attività internazionali del Comitato, i suoi membri includeranno col tempo leader di altre fedi, confessioni e credenze. Esso aspira ad affrontare le sfide complesse che le comunità di tutte le fedi devono fronteggiare, con un approccio dettato da uno stile di apertura, apprendimento e dialogo.
Varie le iniziative e gli incontri che hanno visto il Comitato protagonista. Di esse si dà conto in dettaglio sul sito forhumanfraternity.org In particolare, ricordiamo che il Comitato ha incontrato a New York il 4 dicembre 2019 il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, al quale ha consegnato un messaggio di papa Francesco e del Grande imam di al-Azhar, in cui si propone che il 4 febbraio sia dichiarato Giornata mondiale della fratellanza umana. Si chiede inoltre alle Nazioni Unite di partecipare, assieme alla Santa Sede e alla prestigiosa università sunnita del Cairo, all’organizzazione di un Summit mondiale sulla Fratellanza umana, in un prossimo futuro. Guterres ha manifestato apprezzamento e disponibilità per l’iniziativa, sottolineando l’importanza di lavorare a servizio dell’umanità intera, e ha designato Adama Dieng – suo Special adviser for Hate speech and the Prevention of genocide – rappresentante delle Nazioni Unite per seguire le attività proposte e collaborare con il Comitato.
Il Comitato è attualmente composto da 9 membri. Il Presidente è S.E. mons. Miguel Ángel Ayuso Guixot MCCJ, presidente del Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso. Il Segretario del Comitato è Mohamed Mahmoud Abdel Salam, giudice ed ex consigliere del Grande imam al-Tayyeb. La Santa Sede è rappresentata anche da mons. Yoannis Lahzi Gaid, segretario particolare del Santo Padre.
L’Università al-Azhar vi partecipa anche con il prof. dott. Mohamed Husin Abdelaziz Hassan.
Gli Emirati Arabi Uniti sono rappresentati da S.E. Mohamed Khalifa al Mubarak, presidente del Abu Dhabi Culture, Yasser Saeed Abdulla Hareb Almuhairi, scrittore e giornalista, e da Sultan Faisal al Khalifa Alremeithi, segretario generale dei Muslim Elders.
Il 17 settembre 2019 è stato cooptato il Rabbino anziano M. Bruce Lustig della Washington Hebrew Congregation. Il 16 novembre anche Irina Bokova, già direttore generale dell’Unesco. Altre personalità si aggiungeranno successivamente.