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ABSTRACT – Papa Francesco dal 30 al 31 marzo ha compiuto un viaggio apostolico in Marocco. La visita all’islam marocchino è stata segnata dal valore centrale del documento che papa Francesco e il Grande imam di al-Azhar avevano firmato il 4 febbraio ad Abu Dhabi, cioè – nelle parole del re del Marocco, Mohammed VI – «la fraternità imparata dai figli di Abramo».
Il Sovrano del Marocco è l’ultimo esponente della dinastia alawita, che regna sul Marocco dal 1666. È un convinto promotore del processo riformista. Rivolgendosi a Francesco, ha affermato: «Sul piano storico, questo nostro incontro riunisce apertura e fertilizzazione reciproca ed è simbolo di equilibrio. Volutamente ci incontriamo qui, tra Mediterraneo e Atlantico e a poca distanza tra Marocco e Siviglia, perché questo sia un punto di scambio e di comunicazione spirituale e culturale tra l’Africa e l’Europa. Abbiamo voluto che questa sua visita al Marocco sia un segnale di speranza, un punto di incontro tra islam e cristianesimo».
Recatisi poi al Palazzo reale o Dar el Makhzen, la residenza ufficiale e amministrativa dei sovrani del Marocco dal 1785, il Re – in veste di Presidente del Comitato Al Qods – e il Papa, riconoscendo l’unicità e la sacralità di Gerusalemme (o Al Qods Acharif, come è chiamata in arabo) e avendo a cuore il suo significato spirituale in particolare per le tre religioni monoteiste, e la sua peculiare vocazione di Città della Pace, hanno condiviso un appello comune.
Poi il Pontefice ha incontrato la Caritas del Paese, molto impegnata sul fronte dei migranti, il Centre Rural des Services Sociaux di Témara, che offre diversi servizi alla popolazione locale. E ha incontrato la Chiesa locale, che ha identificato come «piccola quantità di lievito» posta nella società in cui si trova: «il lievito delle beatitudini e dell’amore fraterno nel quale come cristiani ci possiamo tutti ritrovare» per rendere presente il Regno di Dio.
Durante la conferenza stampa sul volo di ritorno, Francesco ha ricordato anche il viaggio ad Abu Dhabi. Ha espresso la consapevolezza che la coscienza di tutti i credenti, siano essi cristiani siano musulmani, cresce. Il Papa è altrettanto consapevole che il suo discorso e il suo approccio si riferiscono a un futuro ancora non compiuto. Ha parlato dei «fiori» che già si vedono: «I frutti non si vedono, ma si vedono tanti fiori che daranno dei frutti. Andiamo avanti così». Il Pontefice parte dalla realtà e coglie i semi positivi che innaffia e dei quali si prende cura. E prescinde da approcci ideali che, se ribadiscono i princìpi, non aiutano a proseguire nel cammino. In questo senso il suo atteggiamento è stato quello auspicato da Mohammed VI nel suo discorso di accoglienza: «Dobbiamo dare prova di idealismo e di pragmatismo, dobbiamo essere realisti esemplari».
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“THE CHURCH BECOMES MEETING”. Pope Francis’ apostolic journey to Morocco
Pope Francis from 30 to 31 March made an apostolic journey to Morocco. Our director, on board the papal flight, offers a chronicle of the events, and considering their context, a reading of them. The visit to Moroccan Islam was marked by the central value of the document that Pope Francis and the Great Imam of Al-Azhar signed on February 4th , in Abu Dhabi, that is – in the words of the king of Morocco, Mohammed VI – “the fraternity learned from the children of Abraham”. The Pontiff met the Moroccan Charities which are very engaged with the migrants, the Centre Rural des Services Sociaux di Témara, which offers various services to the local population. In addition, he met the local Church, which he identified as “a handful of yeast” placed in the society where it finds itself; “the yeast of the Beatitudes and the fraternal love by which, as Christians, we can all join” in making present the Kingdom of God.