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Di recente, in Francia, l’Alto consiglio per l’uguaglianza tra le donne e gli uomini (Hce), in vista dell’annunciata revisione della Costituzione, ha proposto di sostituire, nel motto nazionale della Repubblica, la parola fraternité con adelphité, parola che deriva dal greco e che significa «fraternità», ma privata della connotazione maschile, propria del termine precedente. Altri, per evitare il neologismo, propongono semplicemente solidarité. E le polemiche tra chi è a favore e chi è contrario a una o all’altra proposta non si sono fatte attendere.
Sollecitati anche dal dibattito che questa parola sta suscitando, vogliamo riflettere sul suo significato a partire dal fatto che in un recente Messaggio alla professoressa Margaret Archer, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, papa Francesco ha fatto riferimento proprio ai tre princìpi guida della Rivoluzione francese: libertà, uguaglianza, fraternità[1]. Si tratta di tre ideali, a cui gli esseri umani hanno a lungo anelato, proposti insieme, anche se non si sono realizzati simultaneamente. Potremmo dire che alla fine del XVIII secolo sia iniziato un processo di grande importanza nella storia dell’Occidente. In questo processo di manifestazione e concretizzazione dei tre ideali, la fraternità è stato indubbiamente quello meno sviluppato e – sottolinea Francesco – ha finito per essere cancellata dal lessico politico-economico. Tuttavia, è proprio essa il principio che dovrebbe regolare l’insieme delle proposte della Rivoluzione.
Si può dire, riprendendo una simpatica espressione di Henri Bergson, che libertà e uguaglianza «sono due sorelle che litigano»[2] e che alla fine hanno bisogno di qualcuno che le accordi tra loro. È questa la funzione della fraternità. Quegli ideali, desiderati a lungo e raggiunti dopo molte sofferenze, hanno prodotto in realtà nuove forme di disuguaglianza e di schiavitù, a causa della mancanza della funzione regolatrice della fraternità, a lungo trascurata. Il problema cruciale è che le forme autentiche di fraternità scaturiscono «dal basso», da coloro che si sentono fratelli ed esprimono tale relazione in un’uguaglianza e una libertà rispettose delle differenze e dei bisogni dell’altro.
L’umanità è una famiglia
Alla base di questa consapevolezza della fraternità c’è un’unica certezza: quella di avere un padre, dal momento che possiamo riconoscere che siamo fratelli solo se riconosciamo un padre che ci rende tali. I tentativi di prendere il posto del padre per costringere gli uomini a vivere la fraternità scaturiscono, invece, «dall’alto». E l’esito di questi tentativi sono state, tra l’altro, le molteplici forme illegittime di fraternità in un ampio spettro che va dal comunismo al liberalismo.
Papa Francesco sottolinea che in questo processo, che ha impiegato più di due secoli per svilupparsi, è giunto il momento di dare spazio all’ideale della fraternità, in quanto non semplice ideale della Rivoluzione francese, ma anelito naturale per l’uomo, che si manifesta nei desideri profondi di una vita pacifica e nella società: «La fraternità è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura. E occorre subito ricordare che la fraternità si comincia a imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore»[3].
La fraternità non è teorica, non può esserlo: ha bisogno di essere incarnata, perché l’amore è un’arte e, come ogni arte, è fatto di dettagli. È importante tradurre questa convinzione in gesti concreti. Nel documento di Aparecida, nella cui redazione Bergoglio ha avuto un ruolo centrale, troviamo i modi concreti di incarnare la fraternità e come imparare a farlo a partire dai più piccoli gesti: «È necessario educare e favorire nella nostra gente tutti i gesti, le opere e i percorsi di riconciliazione e amicizia sociale, di cooperazione e integrazione. La comunione raggiunta nel sangue riconciliatore di Cristo ci dà la forza di essere costruttori di ponti, annunciatori di verità, balsamo per le ferite. La riconciliazione è al centro della vita cristiana. È iniziativa propria di Dio in cerca della nostra amicizia, che comporta la necessaria riconciliazione con il fratello»[4].
Una società di figli unici?
Questi gesti sono importanti, perché creano in noi un atteggiamento di uomini appartenenti alla cultura della fraternità: guardare negli occhi, ricordare un volto, accarezzare un ammalato, ascoltare quelli che soffrono, tutti gesti che implicano un incontro, il dimenticare se stessi, e che esprimono il substrato esistenziale di quella cultura.
Mentre è un elemento essenziale della vita dell’uomo, la proposta di creare una società fraterna si fonda sulla relazione che Dio ha stabilito con gli uomini. È l’amore di Dio che ci invita a vedere gli uomini con i suoi occhi, gli occhi del Padre, e a riconoscere in loro dei fratelli, e non dei nemici: «Non sono i criteri di efficienza, di produttività, di ceto sociale, di appartenenza etnica o religiosa quelli che fondano la dignità della persona, ma l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26-27) e, ancora di più, l’essere figli di Dio; ogni essere umano è figlio di Dio!»[5].
«Nel fratello sta il prolungamento permanente dell’Incarnazione per ciascuno di noi» (Evangelii gaudium [EG], n. 179). In questa linea, la proposta di Francesco va oltre il piano delle virtù sociali: raggiunge la radice, l’essenziale dell’uomo, e da lì ci invita a costruire la vita sociale. Questo appare con chiarezza quando il Papa mette in relazione la solidarietà con la fraternità: «Mentre la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la fraternità è quello che consente agli eguali di essere persone diverse. La fraternità consente a persone che sono eguali nella loro essenza, dignità, libertà, e nei loro diritti fondamentali, di partecipare diversamente al bene comune secondo la loro capacità, il loro piano di vita, la loro vocazione, il loro lavoro o il loro carisma di servizio»[6].
La fraternità che cresce nel cuore non si realizza sotto la minaccia della punizione, ma nella consapevolezza che la propria felicità dipende da quella del fratello e che la preoccupazione per l’altro e per i suoi bisogni sorge spontaneamente. «Non è capace di futuro la società in cui si dissolve la vera fraternità; non è cioè capace di progredire quella società in cui esiste solamente il “dare per avere” oppure il “dare per dovere”. Ecco perché, né la visione liberal-individualista del mondo, in cui tutto (o quasi) è scambio, né la visione stato-centrica della società, in cui tutto (o quasi) è doverosità, sono guide sicure per farci superare quella diseguaglianza, inequità ed esclusione in cui le nostre società sono oggi impantanate»[7].
La proposta di costruire una società fraterna è quindi «un’alternativa alle proposte neoliberale e neostatalista, entrambe guidate dall’egoismo, dall’avidità, dal materialismo e dalla concorrenza sleale». In questo modo «si formerà una nuova mentalità politica ed economica che contribuirà a trasformare la dicotomia assoluta tra la sfera economica e quella sociale in una sana convivenza»[8].
L’invito del Papa a camminare in questa direzione ha le sue radici nell’essenza dell’uomo, nella storia, nella cultura, ma fondamentalmente è la proposta del Vangelo, che Francesco ci ricorda, facendo proprie le parole del suo predecessore[9]: «“Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33) è stata ed è tuttora un’energia nuova nella storia che tende a suscitare fraternità, libertà, giustizia, pace e dignità per tutti. Nella misura in cui il Signore riuscirà a regnare in noi e tra di noi, potremo partecipare della vita divina e saremo l’uno all’altro «strumenti della sua grazia, per effondere la misericordia di Dio e per tessere reti di carità e fraternità»[10].
Fraternità «dall’alto» o «dal basso»
Nel Martín Fierro, il poema epico argentino ed espressione mitica nazionale, troviamo un insegnamento che è alla base di questa proposta del Papa. Alla fine della seconda parte del poema, poco prima di accomiatarsi dai suoi figli, il gaucho Martín Fierro canta: «Voglia Dio concedere / che questo Stato possa migliorare; / ma nessuno dovrà dimenticare, / perché l’opera intrapresa abbia valore, / che la fiamma, se deve riscaldare, / deve stare sempre sotto»[11]. Il fuoco, per riscaldare, deve sempre salire dal basso. Le forme di fraternità imposte pretendono di partire dall’alto e, come dimostra la storia, falliscono. Soltanto quelle che nascono dal basso riescono a formare un popolo. Soltanto quando viene riconosciuta un’autentica uguaglianza e un’autentica libertà, si può formare un popolo[12]. E questo lo si ottiene riconoscendosi fratelli.
Vorremmo terminare questa riflessione con la descrizione che un altro scrittore argentino, Leopoldo Marechal, molto apprezzato da papa Francesco, ha fatto della «città dei fratelli, Filadelfia»: «Filadelfia innalzerà le sue cupole e i suoi campanili sotto un cielo splendente come il viso di un bambino. Come tra i fiori la rosa, come tra gli uccellini il cardellino, come tra i metalli l’oro, così regnerà Filadelfia, città dei fratelli, fra le metropoli del mondo. Una moltitudine pacifica e felice percorrerà le sue strade: il cieco vedrà la luce, chi negò affermerà ciò che ha negato, l’esiliato calcherà il suolo natio, e il dannato sarà infine redento. A Filadelfia i conducenti di omnibus porgeranno la mano alle signore, aiuteranno i vecchi, e ai bambini accarezzeranno le gote. Gli uomini non si calpesteranno fra loro, non lasceranno aperta la porta dell’ascensore, non si ruberanno la bottiglia del latte, non metteranno la radio a tutto volume. Gli agenti di polizia diranno “Buongiorno, signore! Come sta, signore?”. E non ci saranno investigatori né usurai, nessun ruffiano o prostituta, niente banchieri, non un solo squartatore. Perché Filadelfia sarà la città dei fratelli, e conoscerà i cammini del cielo e della terra, come le colombe di rosea trozza che un giorno faranno il nido sui suoi campanili svettanti, sui suoi aggraziati minareti»[13].
Non si tratta di fare cose impossibili: si tratta piuttosto di fare le cose di tutti i giorni con un cuore aperto, affinché questo cuore diventi il ponte fra il cielo e la terra.
Infine, ci può essere di aiuto ricordare quello che predicava sant’Agostino: «Ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene»[14]. Certo, se ami, puoi fare ciò che vuoi; l’unica cosa che non puoi fare è non amare.
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«LIBERTY, EQUALITY, FRATERNITY». An alternative to neoliberalism and neostatalism
The ideals of the French Revolution, expressed in the words «liberty, equality and fraternity», were the fulfilment of humanity’ long-sought for desires. However, the French Revolution cannot be considered as the definitive realization of such ideals, but rather as a stage in a process which requires constant growth and improvement. Pope Francis recalls the regulating function exercised by the «fraternity», so that «liberty» and «equality» do not make human relationships fail.
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[1] Cfr Francesco, Messaggio alla prof.ssa Margaret Archer, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 24 aprile 2017, in w2.vatican.va
[2] G. Galeazzi, «Il pensiero di papa Francesco», in Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, n. 215, 2016, 302.
[3] Francesco, Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale della Pace 2014.
[4] V Conferencia General del Episcopado Latinoamericano y del Caribe, Documento de Aparecida (29 junio 2007), n. 535. Su Aparecida e sul ruolo di Bergoglio, cfr D. Fares, «A 10 anni di Aparecida. Alle fonti del pontificato di Francesco», in Civ. Catt. 2017 II 338-352.
[5] Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale del rifugiato, 5 agosto 2013.
[6] Id., Messaggio alla prof.ssa Margaret Archer…, cit.
[7] Ivi.
[8] Id., Discorso ai nuovi Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, 16 maggio 2013.
[9] Cfr Benedetto XVI, enciclica Caritas in veritate, n. 5.
[10] Francesco, Messaggio alla prof.ssa Margaret Archer…, cit.
[11] J. Hernández, Martín Fierro, Milano, La Civiltà Cattolica – Corriere della Sera, 2014, 729-731.
[12] Cfr J. M. Bergoglio, «Prefazione» a J. Hernández, Martín Fierro, cit., V-XXX, in particolare IX-XIV.
[13] L. Marechal, Adán Buenosayres, Firenze, Vallecchi, 2010, 342 s.
[14] Agostino d’Ippona, s., Commento alla lettera di San Giovanni, Omelia 7, 8.