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Il contesto storico
Matteo Ricci arrivò a Macao nel 1582 e a Pechino nel 1601. Cercava di illustrare il cristianesimo in termini che riteneva accettabili per i cinesi: pensava in particolare che il Vangelo, per entrare in profondità nella vita della Cina, dovesse trovare punti di contatto con la cultura confuciana locale.
Il confucianesimo non è una religione, ma la raccolta degli insegnamenti del suo fondatore e dei suoi discepoli: un insieme di ideali etici, concetti intellettuali e un processo di civilizzazione che si ripromette di umanizzare i costumi e le pratiche sociali, trasformando l’etica.
Una delle componenti più importanti del confucianesimo è la deferenza nei confronti degli antenati, che ha il suo complemento nella pietà filiale. Praticandole, le persone riescono a comprendere la funzione sociale e personale dei loro bisogni spirituali. Si tratta di un elemento centrale della cultura cinese dell’epoca.
Il profondo apprezzamento, da parte di Ricci e dei suoi compagni, dei valori culturali e morali della Cina consentì loro di capire che i «riti cinesi» di venerazione degli antenati erano cerimonie sociali, non religiose, e che si sarebbe dovuto consentire ai convertiti di continuare a parteciparvi.

“Springs Comes To The Lake”, Wu Li.
Tuttavia, il loro percorso di inculturazione dovette affrontare notevoli ostacoli. La Chiesa cattolica del tempo disapprovava tali riti, e sostanzialmente fu questa la ragione che finì per indurre nel 1720 l’imperatore Kang Xi, della dinastia Qing, a vietare le attività missionarie: una proibizione che si protrasse per circa 100 anni.
L’incidente, noto come «controversia dei riti cinesi», durò fino a quando papa Pio XII, nel 1939, emanò l’Istruzione Plane compertum est, che autorizzava i cattolici a partecipare ai riti cinesi.
Quella controversia evidenziò anche lo scontro tra potere imperiale e potere religioso, come pure i conflitti di interessi tra gli Ordini religiosi coinvolti e quelli tra le nazioni europee, nonché…
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THE WORK AND INCULTURATION OF THE CHINESE JESUIT WU LI
The Chinese Jesuit Wu Li (1632-1718) had inherited Matteo Ricci’s style of inculturation. He made this way of evangelizing his own, integrating into his pictorial, musical and poetic works many Christian elements with the classics and traditions of his people. His modesty and discretion, his respect for traditional customs, his use of the language of his homeland and his Western theological training not only contributed in his day to his success among scholars and authorities, but continue to inspire and guide us today to be true ambassadors of inculturation