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Anna Tifu, violinista italo-rumena, è tra le giovani eccellenze musicali che testimoniano il valore della professionalità e del senso artistico della scuola italiana nel mondo. I suoi studi hanno inizio all’età di sei anni sotto la guida del padre, primo violino della filarmonica George Enescu di Bucarest, prestigiosa orchestra, fondata nel 1868 sotto la direzione del compositore Eduard Wachmann (1836-1908). In breve tempo, Anna suona già come solista con l’Orchestre National des Pays de la Loire, mentre debutta a 12 anni alla Scala di Milano con il Concerto n. 1 di Max Bruch.
È sicuramente un enfant prodige, con doti artistiche innate che le permettono, oltre che di completare velocemente gli studi accademici, anche di mantenere un equilibrio, una costanza e una profondità di suono che le consentono di affrontare programmi e concerti accompagnata dalle più importanti orchestre nazionali e internazionali. Suona, infatti, insieme all’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, a quella della Rai di Torino, all’Orquesta Sinfónica Simón Bolívar del Venezuela, alla George Enescu Philharmonic Orchestra, sotto la direzione di Gustavo Dudamel, David Afkham, Julian Kovatchev (allievo di Herbert von Karajan) ed Ezio Bosso. I suoi maestri sono stati, inoltre: in Italia, il celebre Salvatore Accardo; a Philadelphia, presso il prestigioso Curtis Institute of Music, Aaron Rosand, Shmuel Ashkenazy e Pamela Frank. Infine, a Parigi ha conseguito il Diplome Supérieur de Concertiste all’École Normale.
La purezza del suono di un violino
Così il violinista italiano Accardo descrive le qualità della sua allieva: «È uno dei talenti più straordinari che mi sia capitato di incontrare: quello che impressiona è la maturità del suono, la capacità di intendimento e la velocità d’apprendimento che sono assolutamente al di fuori dell’ordinario»[1]. Intensa è stata anche la collaborazione con il direttore d’orchestra e compositore Ezio Bosso[2], che l’ha voluta anche nella trasmissione della Rai intitolata «Che storia è la musica – La Quinta e la Settima di Beethoven»[3], facendole interpretare un brano da lui composto, «In Her Name, The Sea Rain».
Bosso ha presentato così questo suo brano: «La cosa bella della musica, delle storie che entrano nella musica, è che purifica; perché dietro questa musica c’è una storia, proprio precisa. C’è una storia fatta di cos’è la pioggia dentro il mare, cos’è il cielo che tocca la terra, ma, allo stesso tempo, c’è la storia di una bambina. Allora penso a questa storia che ho incontrato, che da un lato è triste, dall’altro è di una umanità meravigliosa, perché è una umanità che trova un fagotto che sembra una nuvola; dentro c’è una bambina che non c’è più e le si dà un nome, la battezzarono, di modo che lei potesse andare in paradiso, ma ogni anno tornare con i monsoni».
Dopo questa presentazione, che sembra, in qualche modo, appartenere proprio alla musicista, Anna Tifu ha imbracciato il suo violino, sprigionando una sonorità appassionata, drammatica, di forte sensibilità, suonando i continui arpeggi e scale con chiarezza timbrica, modulando l’intensità sonora e intrecciando il suono del suo strumento all’accompagnamento dell’Orchestra Europa Filarmonica, fondata e diretta dallo stesso Bosso.
Un’annotazione importante è sul violino suonato dalla Tifu: è lo Stradivari «Maréchal Berthier» del 1716, che appartiene alla Fondazione Pro Canale di Milano. Questo strumento del famoso liutaio cremonese è denominato «Berthier» in quanto appartenuto ad Alexandre Berthier, maresciallo di Francia e principe di Neuchâtel, che probabilmente l’aveva ottenuto come dono dal bottino della guerra di Spagna direttamente da Napoleone. Il prestigioso violino, dal fondo in acero e dalla verniciatura dalle tinte rosso e arancio, tra le dita delle mani della musicista sprigiona una sonorità ampia e profonda, capace di diffondersi con maestosità nei teatri e nelle sale da concerto.
«Tzigane»
Un’importante registrazione per l’etichetta «Warner Classic» è intitolata «Tzigane» ed è suonata dalla Tifu insieme al pianista Giuseppe Andaloro. In questa incisione musicale l’artista rilegge pagine musicali di Franck, Ravel ed Enescu, omaggiando così anche le sue radici. La chiarezza e la precisione di suono, eredità del maestro Accardo, si uniscono alla nervosità del movimento dell’archetto sulle corde, come si ascolta nel «solo» di apertura – Ménétrier – di «Impressions d’enfance op. 28» di George Enescu, un’opera composta nel 1940 in 10 momenti concatenati. In essa si susseguono, in un continuo intreccio virtuosistico, colori e sonorità che evocano melodie antiche dell’Est Europa, passaggi dal sapore impressionistico, con un finale maestoso dai forti ed energici vibrati, che mostrano quasi una prova di forza tra la potenza del suono del pianoforte e la drammaticità della sonorità del violino.
L’ultima traccia dell’album è «Tzigane», brano complesso e tecnicamente impegnativo di Ravel. Questa musica, composta nel 1924, viene definita dallo stesso autore nella Esquisse autobiographique «pezzo di virtuosismo nel gusto di una rapsodia ungherese». Essa rientra nella corrente delle «Rapsodie ungheresi» di Franz Liszt, ma anche con le difficoltà tecniche di Paganini, come testimonia il pensiero di un’altra violinista e critica musicale dell’epoca, Hélène Jourdan-Morhange, parlando di «Tzigane»: «Mentre stava componendo questo brano di tecnica trascendentale, Ravel mi mandò un telegramma con la preghiera di precipitarmi a Montfort, portando con me il violino e i “Ventiquattro capricci” di Paganini. Li voleva riascoltare tutti per non dimenticare nessuna diavoleria»[4].
La musica fu scritta per Jelly d’Arányi, violinista anglo-ungarica che morì a Firenze nel 1966. E forse un esile filo rosso corre tra Anna Tifu e Jelly d’Arányi, due donne che hanno fatto della propria vita un’unione indissolubile con la musica, entrambe con radici e un sentire caratteristici sia dell’Europa occidentale sia di quella orientale e che, con caparbietà e professionalità, si sono inserite nella tradizione di uno strumento, come il violino, che era di appartenenza soprattutto maschile.
La prima parte di «Tzigane», per violino solo, libera, evocativa e fortemente espressiva, viene affrontata dalla Tifu con quella passione di chi sente scorrere nelle vene le danze zigane, suonando con naturalezza e decisione quelle accentuazioni irregolari e quei glissando sulle note e cadenze tipiche dei motivi di carattere popolare. La violinista conferisce alla partitura l’idea dell’improvvisazione libera, del non scritto, con pause che creano una dinamica dell’inatteso, oppure affrontando il pizzicato come fosse un passaggio dei «Capricci» di Paganini, producendo un repentino cambio di prospettiva e di colore musicale. Poi, con l’entrata del pianoforte di Giuseppe Andaloro inizia un intrigante gioco tra i due musicisti, come se si trattasse di un duello all’ultimo respiro, tra fraseggi armoniosi, grappoli di note, sonorità vertiginose, ma dove il tocco è sempre in punta di fioretto.
Una musica per il mondo
La Tifu ama soprattutto il periodo romantico, caratterizzato dalle musiche di Brahms e Čajkovskij; tuttavia, come appare chiaramente dai programmi che sta presentando nelle tournée, affronta una varietà ampia e diversificata di musica, che va dal Seicento ai giorni nostri, suonando musiche di Bach, Mozart, Beethoven, Mendelssohn, Sibelius, Sostakovič, fino ad arrivare a Piazzolla, accompagnata dal Tango Quartet. Inoltre, è stata scelta come testimonial per il progetto «Fendi Renaissance – Anima Mundi»[5], a cura della Maison Fendi e dell’Accademia nazionale, per offrire un messaggio di speranza durante il periodo della pandemia di Covid-19, attraverso l’unione della bellezza della moda, dell’arte e della musica.
Nell’arco dell’intera giornata del solstizio d’estate la Tifu, accompagnata dall’Orchestra di Santa Cecilia, ha interpretato, nel suggestivo Palazzo della Civiltà italiana all’Eur, l’«Estate» di Vivaldi, come auspicio per la popolazione di poter tornare a una situazione in cui bellezza, ascolto ed espressione artistica possano divenire aspetti fondamentali per vivere con pienezza la complessità della realtà.
La Tifu è una giovane artista che sta prendendo nelle mani la propria vita, per farne, come ha detto san Giovanni Paolo II, «un autentico e personale capolavoro»[6]. E ogni opera d’arte che si crea diviene per l’umanità un’esperienza esistenziale che conduce non solo ad avere consapevolezza delle proprie possibilità, ma anche a scoprire una visione profonda, articolata e infinita della realtà stessa.
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THE INFINITE IN ANNA TIFU’S VIOLIN
Anna Tifu, an Italian-Romanian violinist, is among the promising young classical musicians. Her musical interpretations maintain a deep look towards the different musical cultures that crisscross Europe, from East to West, as can be seen in the recording «Tzigane», in which she passionately reinterprets and with authority composers such as Franck, Ravel and Enescu. Tifu is an artist who is taking her own life into her hands, to make of it an authentic personal masterpiece.
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[1] «Anna Tifu, vita da enfant prodige», in La Nuova Sardegna, 13 gennaio 2006.
[2] Cfr C. Zonta, «Ezio Bosso: fino all’ultimo respiro», in Civ. Catt. 2020 II 498-502.
[3] E. Bosso, «Che storia è la musica», in www.raiplay.it/video/2019/06/La-Quinta-e-la-Settima-di-Beethoven
[4] «L’orchestra virtuale al Flaminio», in www.flaminioonline.it/Guide/Ravel/Ravel-Tziganepf.html
[5] Cfr www.youtube.com/watch?v=HAKyY1wA7Zg
[6] Giovanni Paolo II, s., «Incontro con i giovani della Sardegna», Cagliari, 20 ottobre 1985, in www.vatican.va