FILM
a cura di V. FANTUZZI
La sposa promessa (Israele, 2012). Regista: RAMA BURSHTEIN. Interpreti principali: H. Yaron, Y. Klein, I. Sheleg, C. Sharir, R. Israely, H. Feldman, R. Raz, Y. Tal, M. D. Weigl, I. Samuel, M. Tal.
Shira (Hadas Yaron) è emozionatissima. Al supermercato assieme alla madre (Irit Sheleg) fruga con lo sguardo tra gli scaffali. «Lui è al reparto latticini». L’informazione arriva con il cellulare. Le due donne sbirciano impazienti finché, tra yogurt e formaggini, scorgono un uomo giovane, pastrano e cappello neri, boccoloni rossicci ai lati delle guance. Mamma e figlia si scambiano uno sguardo soddisfatto: il giovanotto appare dotato di tutti i requisiti che una giovane può desiderare dal partner che le è stato assegnato. Le trattative per le nozze possono cominciare.
Inizia così il film La sposa promessa, che la regista Rama Burshtein, al suo primo lungometraggio, ha presentato alla Mostra di Venezia 2012, dove la Yaron ha vinto la coppa Volpi come migliore attrice. Il film è ambientato nella comunità dei Chassidim di Tel Aviv, i più ortodossi tra gli ebrei, facilissimi da individuare per le palandrane nere degli uomini e i foulard delle donne. Difficilissimi da avvicinare, perché evitano di proposito i contatti con chi non appartiene al loro gruppo.
Le comunità degli ebrei ortodossi, sparse in diversi Paesi, seguono regole proprie che rimangono immutate nonostante il mutare dei tempi. In Israele gli ortodossi godono di uno statuto speciale. Non riconoscono la formazione dello Stato ebraico in quanto istituito prima dell’avvento del Messia. Sono esentati dal servizio di leva anche perché, obbligati a rispettare scrupolosamente il riposo del sabato, risultano inadatti nei confronti di qualsiasi operazione militare.
Il film descrive con precisione questo ambiente sociale, separato dal resto del mondo, dove la religione permea ogni aspetto della vita e fa sentire la sua presenza soprattutto nell’ambiente familiare, regolando l’educazione dei bambini e degli adolescenti, separando fin dalla più tenera età i maschi dalle femmine, stabilendo regole precise per i rapporti tra i fidanzati, che devono giungere vergini alle nozze, e tra i coniugi con l’esclusione di ogni genere di contraccettivo.
Ma torniamo a Shira, impaziente di convolare a nozze con il giovane che è stato scelto per lei dai responsabili della comunità. Giunge il giorno della festa di Purim, quando si commemora con gioia la salvezza del popolo ottenuta ai tempi della regina Ester. La sorella di Shira, che si chiama come l’antica regina (Renana Raz) ed è incinta al nono mese, è colta da improvviso malore e muore dando alla luce un bel maschietto, il cui padre Yochay (Yiftach Klein) riceve dopo qualche tempo la proposta di risposarsi con una vedova che vive in Belgio, dove dovrebbe trasferirsi con il figlioletto.
Interviene la mamma di Shira, la quale è anche suocera di Yochay e nonna del bambino appena nato. Vede che il nucleo familiare, che prima viveva unito, sta per disgregarsi. Non sopporta l’idea di doversi separare dal nipotino rimasto orfano di madre nel momento in cui è nato. La comunità chassidica ha una struttura patriarcale: soltanto gli uomini possono studiare la Torah; nelle celebrazioni religiose e nei banchetti ufficiali, alle donne è riservato un posto a parte; ma nella vita ordinaria, come madri e consigliere, esse hanno un ruolo predominante. Shira, che ha 18 anni, dovrà scegliere se ascoltare il suo cuore sposando il coetaneo intravisto al supermercato oppure assecondare il desiderio di sua madre, la quale, per tenere unita la famiglia, vorrebbe che sposasse il cognato.
Il film accompagna passo dopo passo il percorso della giovane, che dovrà compiere in maniera responsabile la scelta fondamentale della sua vita, alla luce di una visione di fede, tenendo conto delle circostanze concrete all’interno delle quali si muove e ascoltando i saggi consigli del rabbino. Anche Yochay compie nel frattempo il suo percorso. I due perverranno a una vera unione d’amore, anche se guidati dalla volontà divina attraverso una strada che nessuno dei due aveva previsto.
Alcuni spettatori potranno pensare che la comunità dei Chassidim sia il retaggio di una mentalità medievale in totale disaccordo con la mentalità oggi predominante. Altri vi scorgeranno il fascino di un ambiente regolato da leggi diverse, ma che sa garantire a tutti coloro che ne fanno parte una giusta porzione di felicità. L’intero film si regge sui primi piani di Hadas, gli occhi spesso pieni di lacrime, i sorrisi timidi e, alla fine, il volto luminoso di chi sente di aver fatto la cosa giusta.