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Joker, film diretto da Todd Phillips, vincitore del Leone d’Oro all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, interpretato dall’attore statunitense Joaquin Phoenix e con la partecipazione di Robert De Niro, è ispirato al romanzo a fumetti Batman. The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland (1988). La storia di Joker è collegata alla figura del notturno supereroe di Gotham city, Batman, del quale diventerà l’acerrimo nemico; il film di Todd Phillips narra proprio le origini di questo personaggio vestito da clown, dalla risata isterica e di una spietata crudeltà.
Trama
Il protagonista principale, che diverrà Joker, si chiama Arthur Fleck, un ragazzo che si guadagna da vivere facendo il clown a pagamento per le strade di Gotham; il suo sogno è diventare un comico conosciuto, e partecipare alla trasmissione televisiva di Murray Franklin (interpretato da Robert De Niro), che evoca il film Re per una notte (1983) di Martin Scorsese. L’ispirazione di Arthur è genuina, prende vigore da una frase che egli ripete: «Mia madre mi diceva sempre di sorridere e mettere una faccia felice. Mi diceva che ho uno scopo: portare risate e gioia nel mondo».
Tuttavia le sue vicende sin dall’inizio sono colme di dolore e violenza: il film si apre con una inquadratura che si sofferma su una lacrima scura che scende dall’occhio destro del giovane ragazzo che, allo specchio, si sta truccando da clown, mentre in sottofondo si susseguono le notizie di cronaca nera che accadono nella città. È un’anticipazione di ciò che accadrà nella scena successiva: una banda di ragazzini ruba il cartellone giallo che indica l’imminente svendita di un negozio in fallimento, che Arthur tiene in mano per la strada; egli li insegue fino ad un vicolo, dove viene picchiato e malmenato dalla banda.
L’inquadratura del regista rimane allo stesso livello del corpo dolorante di Arthur steso per terra, indietreggiando e aprendo il campo visivo del vicolo, ai cui lati sono addossati sacchi di immondizia. Arthur fa parte della spazzatura della società, di coloro che sono vinti dalla vita. Anche la sua famiglia è compromessa: sua madre trascorre le giornate a letto, aspettando di vedere il programma televisivo condotto dal cinico Murray Franklin, e attendendo una risposta alle quotidiane lettere che invia al noto miliardario Thomas Wayne, presso cui aveva lavorato come governante. Arthur Fleck, inoltre, soffre di una sindrome pseudobulbare, una patologia che porta a non controllare i muscoli facciali, provocando momenti di pianto o riso improvvisi, che lasciano attoniti e impauriti coloro che incontrano il giovane.
Ogni personaggio incontrato da Arthur Fleck, in qualche modo lo umilia, lo deride, lo esaspera. Simbolo della fatica di una vita sempre più ardua da sopportare è una scalinata che porta alla sua casa, che nella realtà si trova al 1165 della Shakespeare Avenue nel Bronx, che diviene, con il trascorrere del tempo, sempre più faticosa e ripida da salire. La telecamera del regista, inoltre, inquadra molto spesso Arthur dall’alto in basso, quasi a mostrare il suo punto di vista, che non è alla pari degli altri, sottolineando come la sua esistenza sia un continuo confrontarsi con ciò che è più alto e irraggiungibile.
Inoltre, in molte delle scene la telecamera si sofferma, con primi piani, sul corpo e sul volto di Arthur, mostrando i segni degli ematomi delle botte ricevute e una magrezza allarmante (Joaquin Phoenix ha dovuto perdere 23 kg di peso per girare queste sequenze).
Se il corpo, nella sua esile e asciutta fisicità, continua a sopportare le umiliazioni, la psiche comincia ad essere turbata profondamente, con il trascorrere delle innumerevoli angosciose traversie, fino al momento in cui, totalmente alienato a causa dei drammatici insuccessi e dalla propria malattia, Arthur si trasformerà in Joker, omicida spietato, con il volto dipinto da clown. Egli, inoltre, verrà inconsapevolmente preso dalla popolazione povera e subissata dalle ingiustizie sociali come modello e liberatore.
Sofferenza individuale e strutturale
Il film, pur nella sua tragicità e violenza, apre a importanti considerazioni che possono aiutare a comprendere anche alcune dinamiche presenti nella società contemporanea. Arthur è all’interno di una società ingiusta e spietata: sin dagli inizi del film le inquadrature si soffermano su scene di violenza che accadono nella città, in un’atmosfera che ricorda Taxi driver (1976). Il protagonista, pur nei suoi colori sgargianti di clown, è invisibile alla società, ad eccezione dei momenti in cui viene scatenata la violenza verbale e fisica, come accade all’interno della metropolitana quando egli attira con la sua strana risata tre giovani ben vestiti che, dopo aver infastidito una ragazza, lo attaccano, innescando la sua violenza omicida.
Nel procedere del film il senso di pesantezza della società si aggrava, in ogni ambito, da quello più disagiato a quello più elevato, rappresentato da una politica che ha solo come obiettivo di difendere i propri privilegi, anche a scapito delle politiche sociali. L’unica soluzione da questa angosciosa situazione sembra essere la violenza; essa, in concomitanza con gli omicidi di Joker, comincia a dilagare, come l’alta marea, fino alle scene finali, in cui la città è messa a ferro e fuoco dalla popolazione più povera, che, travestita da clown, a sua volta innesca brutalità e rapine.
Si potrebbe parlare di situazione di ingiustizia strutturale, che è determinata dalla concretizzazione in un sistema di una visione culturale ed etica inadeguata e sbagliata, e da una totale mancanza di solidarietà tra gli uomini. Arthur si trasforma in Joker a causa di un sistema sociale che non prevede la cura dei più deboli, come si può osservare nel momento in cui l’assistente sociale di Arthur afferma che, a causa del taglio dei fondi, lo sportello a cui si rivolgeva dovrà chiudere, con la conseguenza anche dell’impossibilità di ottenere i medicinali necessari per la cura della sua patologia.
I personaggi presenti nel film sono alienati nella propria esasperata individualità e agiscono seguendo l’istinto di sopravvivenza – come mostrano tutti i compagni di lavoro di Arthur –, oppure per difendere ciò che hanno accumulato, come il miliardario Thomas Wayne, padre di Bruce, il futuro Batman, che vive in una villa cinta da alte mura e da un imponente cancello. Le sbarre metalliche creano un limite invalicabile sociale, ma soprattutto umano, visibile quando Arthur dialoga con il piccolo Bruce Wayne, entrambi sembrando rinchiusi nel proprio carcere.
Nella città di Gotham ogni azione compiuta porta a estreme conseguenze: così la pistola regalata per difendersi ad Arthur da un collega di lavoro, dopo che era stato assalito dalla banda di ragazzi, diventerà l’elemento scatenante di una serie di drammi. Mentre sta facendo uno spettacolo per rallegrare alcuni bambini ricoverati in un reparto oncologico, essa gli scivola e viene vista da tutti; ciò comporterà l’imminente e definitivo licenziamento. La pistola, inoltre, verrà utilizzata durante l’aggressione nella metropolitana a opera dei tre giovani; Arthur, preso dalla paura, sparerà, uccidendo e accorgendosi del potere attrattivo della violenza.
Il regalo dell’arma, che è forse una critica alla facilità con cui si acquistano le armi negli Stati Uniti, sarà l’elemento scatenante di tutta una serie di violenze. Ricorda anche il fucile da caccia regalato a un pastore marocchino e che diventerà l’elemento comune di una serie di eventi drammatici, nel film Babel di Alejandro González Iñárritu, con Brad Pitt e Cate Blanchett (2006).
L’unico vero sorriso
In un mondo in cui Arthur cerca di dare sorrisi, la risposta sembra essere unicamente violenza ed egoismo. È presente solo una figura compassionevole, quella di Sophie Dumond, interpretata dall’attrice Zazie Olivia Beetz. Ella abita nello stesso pianerottolo di Arthur ed è l’unica che si accorge del giovane, pur nelle sue stranezze. Arthur vivrà con la ragazza una storia d’amore: se fantasticata dalla mente di Arthur o realmente vissuta, rimane il dubbio e l’incertezza.
Questa scintilla d’amore o di attenzione è l’unico piccolo germe di umanità in una storia di sofferenze: una madre con una piccola figlia, che, nonostante le tante difficoltà, continua a essere capace di sorridere all’esistenza. Al contrario, il sorriso di Arthur diviene sempre più dettato dall’angoscia, compulsivo, malato, fino a quando non si tramuterà definitivamente nella risata, contornata dal rosso del sangue, di Joker. Il regista, a proposito della risata, afferma: «C’è la risata che viene dalla sua afflizione, quando è rannicchiato e dolorante, poi c’è la risata che fa quando vuole adattarsi agli altri, che è falsa e forzata. L’unica volta in cui Arthur ride davvero nel film, è nell’ultima scena».
Conclusioni
Joker è un film non banale, ricco di intuizioni che intessono un arazzo complesso e che danno la possibilità di riflettere su molteplici tematiche tra loro collegate. Inizia con il disagio personale di Arthur, strettamente collegato a quello della madre, che conduce alla mancanza di prospettive future. Mostra successivamente come gli egoismi individuali portino alla costruzione di una società che non è più capace di rapportarsi con il prossimo: Gotham è l’emblema, al pari delle bibliche Sodoma e Gomorra, dell’inospitalità, un luogo in cui l’esistenza va quotidianamente difesa attraverso la violenza. La follia diviene il simbolo del rifiuto di questo stile di vita e l’alienazione da queste prospettive disumane, come mostra anche la presenza di alcuni stralci del film Modern Times di Charlie Chaplin, paradossalmente proiettato durante una serata per l’aristocrazia di Gotham.
Il film Joker, senza compromessi e con asprezza, porta all’estremo le conseguenze di una società che è improntata sulla negazione dell’altro come appartenente alla medesima collettività. La mancanza di fiducia, di speranza, di identità e di affiliazione causa nelle frange più disagiate un desiderio di invidia e di vendetta, mentre, nei ceti più ricchi, un delirio di onnipotenza, indirizzato a salvaguardare e a difendere i propri interessi. Entrambi i comportamenti sfoceranno in uno scontro violento, senza vincitori, e con una scia di sangue e dolore che non risparmierà nessuno, come è possibile osservare nella scena in cui un rivoltoso, vestito da clown, durante una protesta uccide i genitori del piccolo Bruce Wayne, proprio davanti ai suoi occhi. Così, sia Joker sia Bruce Wayne – che diventerà da adulto Batman – sono vittime della stessa ingiustizia strutturale, che si alimenta costantemente attraverso l’assolutizzazione del proprio egoismo. Nel film la follia del male sembra trionfare, ma, ancor più, interroga e mette in questione molti aspetti delle società globalizzate contemporanee, che possiedono atteggiamenti non dissimili da quelli presenti nella città di Gotham.
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«JOKER»: LIVING INHOSPITALITY
The film Joker by New York director Todd Phillips, starring Joacquin Phoenix and Robert De Niro, in the role of Murray Franklin, tells the story of the origins of Joker, the arch enemy of Batman, the superhero of D.C. Comics, created in 1939. Through the dramatic and painful scenes of young Arthur Fleck’s life, who will become the fearsome and cruel Joker, the director touches on the problems of marginalization, psychic distress, injustice elevated to a system and how all these aspects lead to tragic consequences throughout society. The Joker and the future Batman are affected by the same violence, to which they will have to respond, for better or for worse.