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ABSTRACT — Si è scritto molto a proposito di Matteo Ricci e di altri missionari occidentali in Cina, mentre molto meno si sa sul ruolo dei cattolici cinesi nell’incontro tra questi due mondi. Spicca tra le altre la vicenda di Fan Shouyi, un cattolico cinese che all’inizio del Settecento venne in Europa e decise di diventare gesuita.
Come possiamo leggere dal suo rapporto di viaggio, il Shenjianlu 身見錄 (Rapporto su ciò che io ho visto personalmente, 1721), Fan fu profondamente colpito dalla civiltà occidentale e dalle istituzioni culturali e sociali del cristianesimo, in particolare dal sistema educativo, dalle biblioteche e dalle università.
Nella sua duplice veste di suddito cinese dell’imperatore Kangxi e di sacerdote gesuita, Fan Shouyi s’impegnò a fare il proprio dovere di religioso e di politico nei tempi difficili della Controversia dei riti cinesi. Mentre i gesuiti avevano sempre presentato il Papa come un’autorità rispettata e venerata da tutti i re dell’Europa, Fan Shouyi invece fece capire che il Papa, come sovrano temporale, contava poco in Europa. La sua intenzione più profonda appare essere stata quella di tenere aperta la possibilità di una comunicazione tra Clemente XI e Kangxi. Così, sebbene fosse sospettato, in ambito ecclesiale, di mettere a rischio la missione della Chiesa, Fan Shouyi rese di fatto un grande servizio sia alla Chiesa sia alla Cina. Dicendo la verità, svolse un ruolo positivo verso una vera reciproca comprensione.
Morto nel 1753, fu sepolto nel cimitero cattolico di Zhalan, vicino alla tomba di Matteo Ricci. Il disegno della lapide riflette la sua doppia identità: da una parte, il dragone, che simboleggia la lealtà al suo Paese; dall’altra, la croce, che simboleggia la sua fede cristiana. Nel 1955 la Scuola del Partito comunista di Pechino prese possesso di Zhalan, e la lapide di Fan Shouyi da allora è diventata una reliquia culturale sotto la protezione dello Stato cinese.