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ABSTRACT – Nel 1615, su richiesta dei gesuiti missionari in Cina, papa Paolo V accordò ai futuri sacerdoti cinesi l’autorizzazione a celebrare la Messa, recitare il breviario e amministrare i sacramenti e i sacramentali integralmente in lingua cinese. Così la via del sacerdozio fu aperta ai letterati cinesi anziani, considerati come i soli buoni candidati, ma non in condizione di apprendere la lingua latina; mentre i giovani seminaristi, date le difficoltà in fatto di castità, non accedevano al sacerdozio. Questa concessione audace, che precorse di tre secoli e mezzo il Concilio Vaticano II, non fu però mai attuata.
Spetta in ogni caso al gesuita siciliano Niccolò Longobardo il merito di aver trovato la difficile soluzione al problema del clero cinese. Padre Longobardo (1565-1654), di Caltagirone, entrò nella Compagnia di Gesù a Messina nel 1582. Si imbarcò nel 1596 e giunse in Cina come missionario nel 1597, per svolgere il suo apostolato nella regione di Shaoguan. Nel 1610, e fino al 1622, succedette a Matteo Ricci come superiore della missione di Cina. Continuò la sua attività fino alla morte, che lo colse a Pechino all’età di quasi 90 anni.
I grandi onori tributati al defunto padre Ricci fecero presagire a Longobardo un avvenire radioso per la Chiesa in Cina. Gli sembrò dunque che fosse venuto il momento di dare alla missione cinese dimensioni più vaste. Per questo gli occorrevano uomini, cinesi e non missionari, e risorse finanziarie. Sognò allora di rendere la missione cinese indipendente dal Giappone; era importante, inoltre, affrontare e risolvere la questione della lingua nella liturgia e quella a essa connessa dell’ordinazione del clero cinese.
Così, dopo una serie di vicissitudini, egli decise di inviare il suo procuratore in Europa, senza consultare il provinciale del Giappone. La sua scelta cadde su p. Nicolas Trigault. La missione di Trigault trovò un appoggio prezioso nel suo confratello card. Roberto Bellarmino, che godeva di grande prestigio presso il Papa e la Curia pontificia e da diverso tempo si interessava delle missioni dell’Estremo Oriente. Il successo dell’operazione venne sancito da un decreto, confermato poi il 27 giugno 1615 dal breve pontificio di Paolo V Romanae Sedis Antistes, che ne riprese quasi alla lettera le concessioni.
Già il 5 gennaio 1616, il preposito generale Muzio Vitelleschi aveva autorizzato Longobardo a servirsi delle nuove facoltà ottenute dalla Santa Sede. Ma in quel tempo iniziò una violenta persecuzione e in quel clima era da prevedere che l’esecuzione del breve Romanae Sedis Antistes avrebbe incontrato forti opposizioni. E così fu.
La questione venne ripresa dai gesuiti nei decenni seguenti, ma senza successo. Infine, essa fu riesaminata e risolta positivamente, il 10 marzo 1949, da Pio XII, il quale concesse la liturgia in cinese.
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CHINA AND LITURGY IN THE NATIONAL LANGUAGE. Niccolò Longobardo’s mission
Niccolò Longobardo (1565-1654), from Caltagirone, entered the Society of Jesus in Messina in 1582. In 1596, he embarked for China as a missionary, arriving there in 1597, to carry out his apostolate in the region of Shaoguan. In 1610 he succeeded Matteo Ricci as Superior of the Mission in China, a position he held until 1622. He continued his activity until his death, in Beijing, at the age of 90. He is credited with having found the solution to the difficult problem of the Chinese clergy, as well as having anticipated the times with his request and having received authorization from Paul V, for future Chinese priests, to celebrate Mass, to recite the breviary and to administer the sacraments in the Chinese language.