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ABSTRACT – Nel suo Messaggio per la I Giornata mondiale dei poveri, papa Francesco ha sottolineato «la grande difficoltà che emerge nel mondo contemporaneo di poter identificare in maniera chiara la povertà». Una delle parole di moda per tentare di farlo è «vulnerabilità». Si è cominciato a utilizzarla negli anni Settanta, e nel 2000 ha soppiantato il concetto di «esclusione», che andava di moda negli anni Novanta, quando si rifletteva sulle «fragilità sociali».
Il fatto che questo termine venga usato in discipline diverse è un vantaggio e al contempo un rischio: permette di dialogare su un terreno comune, ma rischia trasporre caratteristiche di una vulnerabilità tecnica o fisica, per esempio, nell’ambito della vulnerabilità umana senza il dovuto discernimento. Denunciare una concreta lesione dei diritti e della dignità di qualcuno e analizzare e misurare il grado di vulnerabilità di quella certa persona o di quel gruppo sociale non sono la stessa cosa. Per evitare che la misurazione del grado di vulnerabilità dei feriti finisca per «occultare» il vulnus, il ferito concreto e chi ha causato la ferita, è bene considerare le eventuali responsabilità e le cure migliori.
Per farlo può essere utile ordinare e precisare i significati della parola «vulnerabilità», ricorrendo alla sua etimologia e al suo uso in varie discipline. E poi considerare i paradossi suscitati da questo termine su diversi livelli.
Le statistiche si fanno con i dati disponibili, mentre altri dati vengono trascurati, quando non sono affidabili o non si possono acquisire in tutti i Paesi. Nel riflettere, per esempio, sulla vulnerabilità sociale, uno dei grandi paradossi da considerare è che proprio gli aspetti meno misurabili dal punto di vista quantitativo – come la libertà, il valore dell’opinione personale, il riconoscimento sociale-politico, la libera espressione religiosa – sono, dal punto di vista qualitativo, quelli che incidono di più, se non vengono rispettati, sull’eventuale sentirsi vulnerabili da parte di una persona o di un gruppo umano.
D’altra parte, la vulnerabilità è anche una potente risorsa. Afferma papa Francesco: «È un pericoloso inganno pensare di essere invulnerabili», perché «la vulnerabilità appartiene all’essenza dell’uomo» e manifesta «la necessità di essere sostenuti da Dio». Ha affermato questo pensando a un incontro avvenuto durante il suo viaggio in Colombia, in cui tre bambine con disabilità mentali hanno letto un discorso. Il Papa è rimasto colpito da ciò che ha detto una di loro, e chiamandola per nome, le ha chiesto di rileggerlo: «Vogliamo un mondo in cui la vulnerabilità venga riconosciuta come essenziale in ciò che è umano. Lontana dall’indebolirci, ci rafforza e ci dona dignità. Un luogo di incontro comune che ci umanizza».
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THE PARADOXES OF VULNERABILITY
In his Message for The First World Day of the Poor, Pope Francis underlined «the great difficulty that emerges in the contemporary world of being able to identify poverty in a clear way». One of the fashionable words to identify poverty is “vulnerability”. The Author – also in the light of his long experience in welcoming the vulnerable at the Hogar de San José, Buenos Aires – here tries to clarify the meanings of this word, using its etymology and its use in various disciplines. So as to avoid that the measurement of the degree of vulnerability of the injured ends up «concealing» the vulnus and the injured person, the author considers the possible responsibilities and the best therapies to treat such injuries.