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Il film Il Piccolo Principe, che ha portato sullo schermo l’opera della letteratura francese più letta nel mondo[1],ha richiamato l’attenzione del grande pubblico non solo sul capolavoro di Saint-Exupéry, presente da mesi nella classifica dei libri più venduti, ma anche sulle vicende personali e biografiche del suo autore. Rientrano in tale approfondimento diversi epistolari, alcuni pubblicati da tempo[2], altri più recenti[3], e soprattutto le Lettere a mia madre, ora riedite da Santi Quaranta[4].
Ogni persona, e a maggior ragione uno scrittore, sente la necessità di scrivere e dare notizie alla propria famiglia; comunicare inoltre alla propria madre i sentimenti più intimi è qualcosa di naturale e di istintivo. È difficile tuttavia trovare un epistolario come quello di Antoine de Saint-Exupéry, che abbraccia un’intera vita: dall’età di dieci anni (le prime lettere sono del 1910) fino alla sua ultima lettera del 1944. La madre, Marie de Saint-Exupéry, ha conservato queste lettere e, 15 anni dopo la morte di Antoine, le ha donate agli «Archivi di Francia».
Questa corrispondenza con la «mamma adorata» può considerarsi una sorta di autobiografia di Saint-Exupéry, fino all’ultima lettera, appassionata e commovente, che la donna riceve un anno dopo la morte del figlio pilota, abbattuto con il suo aereo nel mare antistante Marsiglia. Nella Seconda Guerra Mondiale Antoine si era schierato dalla parte del generale De Gaulle, contro i nazisti, e per molto tempo non si era saputo nulla della sua scomparsa, fino al ritrovamento e al recupero dell’aereo, e alla testimonianza del pilota tedesco che lo aveva colpito.
Le diverse stagioni di un grande scrittore
Le lettere sono particolarmente interessanti sia per quello che documentano, sia per lo stile in cui lo narrano. Il «padre» del Piccolo Principe vi si rivela gradualmente.
Innanzitutto vi appaiono, come in filigrana, le diverse stagioni della vita di uno dei più grandi scrittori del Novecento. Sono chiarissime già dal modo in cui queste lettere esordiscono: l’adolescenza («Cara mamma»), la giovinezza («Mammina cara»), la maturità («Mia adorata mamma»). Poi le confidenze alla madre rivelano la storia personale di Antoine, il suo affetto per lei, ma anche i suoi gusti letterari e cinematografici, gli spettacoli e le esposizioni cui assiste, i diversi lavori che ha fatto, la vita professionale non sempre coronata dal successo, la cronica mancanza di denaro, e soprattutto la sua passione per il volo, con le prime esperienze di pilota, le traversate avventurose, l’impiego all’Aeroposta argentina, e infine gli incidenti dai quali è uscito miracolosamente illeso.
Vi sono inoltre riportate le prime impressioni dell’uomo che vola: le descrizioni dei paesaggi, la sabbia del deserto, il sole rosso fuoco che sorge all’orizzonte, la Cordigliera delle Ande, che appare infinita. Le lettere manifestano il quotidiano di ogni uomo, visto in una trasparenza che è insieme ordinaria e straordinaria, piccola e grande, folgorante e dimessa.
A trent’anni, Saint-Exupéry scrive da Buenos Aires: «Vi abbraccio, mamma. Avete ragione che di tutti gli affetti il vostro è il più prezioso: infatti è tra le vostre braccia che torniamo nei momenti difficili. Abbiamo ancora bisogno di voi, come quando eravamo bambini. Siete un’immensa riserva di pace e la vostra immagine ci rassicura ancora oggi come quando ci allattavate» (p. 227).
Nelle lettere sono poi interessanti lo stile e la modernità dello scrivere, che segnano i punti fermi della sua formazione letteraria — se così si può dire —, poiché egli è nato scrittore: una narrativa semplice e coinvolgente, lo humour sbarazzino e acuto, la verità dei sentimenti, soprattutto dell’amicizia e dell’amore, la riflessione vivace e intelligente, lo sguardo sensibile e attento, fondamentale per la scrittura. Egli lo teorizzerà nelle Lettere di giovinezza all’ amica inventata: «Non si deve imparare a scrivere, ma a vedere. Scrivere è una conseguenza». «Ogni reazione che un soggetto produce in noi non è mai banale: diviene parte del nostro intimo, del mistero di ciò che in noi è più profondo». Sembra già di cogliere il consiglio della volpe al Piccolo Principe: «Non si vede bene che col cuore»[5].
Quella volpe «sgattaiola» fuori anche tra le confidenze alla madre: «Sto addestrando una volpe fenech. È più piccola di un gatto e ha delle orecchie gigantesche. È adorabile. Sfortunatamente è una belva selvaggia e ruggisce come un leone» (p. 205).
La scrittura e l’esercizio del vivere
La scrittura di Saint-Exupéry è strettamente saldata all’esercizio del vivere, ed è lontanissima da quella di chi scrive per «vendere se stesso», per inserirsi nel mercato dei best-sellers. È chiaro che le lettere alla madre non sono state scritte per essere pubblicate. Eppure, quelle pagine non sono altro che l’espressione compiuta della sua esistenza di uomo, della sua vita: una vita che nell’esprimersi con semplicità e verità diventa letteratura. Anzi, l’effetto letterario è tanto più nuovo e originale, quanto meno è ricercato.
«[Voi] avete riempito la mia vita di una dolcezza tale come nessun altro avrebbe mai potuto fare. Siete il più “rinfrescante” dei miei ricordi, quello che risveglia la mia gioia. E ogni oggetto, anche il più piccolo, che proviene da voi è capace di riscaldarmi il cuore: un vostro maglione, un vostro guanto, non fanno che proteggermi. Sappiate che considero la mia vita meravigliosa!» (p. 183).
Non stupisce perciò trovare l’esperienza dell’infinito nella precarietà del quotidiano: «Chi mi ha insegnato il significato di immensità non è stata la Via Lattea, il volo o il mare… ma il secondo letto della vostra camera. Ammalarsi diventava una fortuna eccezionale. A turno [con il fratello], ci si invidiava l’un l’altro. La febbre dava diritto a un oceano senza limiti. E poi c’era pure un caminetto sempre acceso» (p. 223).
Nell’intimità della cameretta distante migliaia di chilometri, Antoine ripensa spesso all’affetto della mamma: «Quando sono lontano capisco che le amicizie sono solo un rifugio, mentre una vostra parola, un vostro ricordo, guariscono la mia malinconia. Sul tavolo ho il pastello scuro che voi adoperate, un ramo di nocciolo — che non è ancora un ramo — che manda una luce affascinante, e la vostra fotografia, con la vostra aria pensierosa che conosco bene. Nel cassetto tengo tutte le vostre lettere degli ultimi tre anni» (p. 177).
Le missive che vengono dalla madre lo commuovono. Particolare è quella che egli può leggere dopo essere incorso in un drammatico incidente aereo, che lo ha fatto precipitare in mezzo al deserto libico: «Mammina cara, ho pianto leggendo le vostre parole così piene di sentimento, perché mentre ero lì, nel deserto, io vi invocavo. Ero in collera perché non c’era anima viva, solo un silenzio tombale, e allora mi sono messo a chiamare il vostro nome» (p. 229). Antoine era riuscito ad atterrare malamente tra le dune, insieme al meccanico che era con lui; essi vengono ritrovati dopo diversi giorni da una carovana di beduini: «Era di voi che avevo bisogno, mamma adorata. Era a voi che chiedevo di proteggermi e difendermi, e invocavo il vostro nome con un egoismo degno di una capra» (ivi).
La moglie Consuelo
L’affetto materno non scalfisce l’amore per Consuelo Suncin-Sandoval, che Antoine sposa nel 1931; anzi, ringrazia più volte la madre per essersi presa cura affettuosamente della salute della moglie, in seguito alle difficoltà economiche dell’Aeroposta argentina. Il ritorno per riabbracciare la moglie diventa occasione per benedire la madre: «Sono tornato anche per Consuelo, ma è soprattutto per merito vostro che ritorno. Voi così delicata, voi che sapete tutto, voi che siete il mio angelo custode, e voi siete forte, saggia e piena di benedizioni, voi sapevate che solo, nella notte, invocavo voi?» (p. 229 s).
Consuelo poi scriverà, nelle Memorie della rosa: «Mio Dio, essere la moglie di un pilota è un mestiere; ma essere la moglie di uno scrittore è un sacerdozio»[6], perché nei voli spericolati del marito sa apprezzare e comprendere la grandezza e la debolezza dell’uomo.
La scoperta della Bibbia
Non manca l’esperienza religiosa del diciassettenne nel collegio dell’Accademia Navale, dove ciò che emerge è il rispetto reciproco dei giovani per il proprio credo religioso: «Ci sono meno credenti in confronto a una scuola religiosa, c’è però, cosa che può apparire strana, molto più rispetto. […] Io posso leggere la magnifica Bibbia […], senza che nessuno vi faccia minimamente caso. Non si sentono mai pronunciare quelle frasi, “credi davvero a queste frottole?!?”, che si sentono in tutte le altre scuole. […] Si potrebbe dire che qui quelli che non credono rispettino e stimino quelli che credono» (p. 18).
Qualche tempo dopo Antoine comunica alla madre l’entusiasmo per alcuni libri della Sacra Scrittura che ha scoperto e da cui è elettrizzato: «Che meraviglia, che semplicità, che energia e, spesso, che poesia! I comandamenti, a cui sono dedicate 25 pagine, sono un capolavoro di legislazione e di buon senso. Le leggi morali risplendono per la loro bellezza e per il loro valore: è fantastico!» (p. 26). E poi lo stupore di fronte ai Proverbi di Salomone, al CanticodeiCantici, all’Ecclesiaste.
Il dolore e l’eroismo
L’epistolario è anche attraversato dal dolore per la morte del fratello François e della sorella Marie-Madeleine, lutti che rendono ancora più stretta e appassionata l’unione affettuosa con la madre. Tuttavia non mancano altri momenti dolorosi, e nello stesso tempo eroici, come, per esempio, quello riguardante la liberazione di uno schiavo: «Usiamo come manovali alcuni mauri e uno schiavo. Questo povero cristo è un negro rapito quattro anni fa a Marrakech, dove ancora vivono sua moglie e i suoi figli. Essendo qui la schiavitù ammessa, lavora al servizio del mauro che l’ha acquistato e a cui ogni settimana consegna la sua paga. Poi, quando sarà troppo vecchio per lavorare, verrà lasciato morire di fame, come si usa qui. Gli spagnoli non possono fare nulla, dato che sta fra i ribelli. Fosse per me, lo farei salire sul primo aereo diretto ad Agadir, ma se così facessi verremmo tutti assassinati. Vale 2.000 franchi. Se conoscete qualcuno a cui ripugna questa situazione e che sarebbe disposto a mandarmi dei soldi, lo potrei riscattare io stesso e rimandarlo da sua moglie e dai suoi figli. È un povero cristo dannatamente sfortunato» (p. 195 s.). Dal curatore dell’epistolario apprendiamo che Antoine, dopo lunghe trattative, è riuscito a liberare lo schiavo.
«[I mauri] sono ladri, bugiardi, banditi, falsi e crudeli. Uccidono un uomo con la stessa indifferenza con cui ucciderebbero un pollo, mentre poi appoggiano a terra con delicatezza i propri pidocchi. Se hanno un cammello, un fucile e dieci cartucce, si credono i padroni del mondo. Ti dicono amabilmente che se ti trovassero a un chilometro di distanza dal forte, ti farebbero a pezzettini. Mi hanno però dato un simpatico soprannome, “il comandante degli uccelli”» (p. 200), alludendo al lavoro, per loro meraviglioso, di pilota di aerei e di capo della squadriglia.
I podcast de “La Civiltà Cattolica” | LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE
Da parecchio tempo, le cronache italiane sono colme di delitti perpetrati contro le donne. Il fenomeno riguarda tutte le età e condizioni sociali, tanto da sembrare endemico nella nostra società. A questo tema è dedicato un episodio monografico di Ipertesti Focus, il podcast de «La Civiltà Cattolica».
Singolare è l’accenno a un’opera che sta scrivendo, Volo di notte, che apparirà nel 1931: «Ora sto scrivendo un libro sul volo di notte. Ma nel suo significato più profondo direi che è un libro sulla notte. (Mi sembra di aver sempre vissuto solamente dopo le nove di sera!)» (p. 223). E di seguito ne riferisce l’incipit, che è il primo ricordo sulla notte: la notte in cui la madre si china sui figli, perché il viaggio notturno nei sogni sia sereno, tranquillo, sicuro; e poi la notte dell’oggi, quella delle traversate notturne aeree meno protette: sono le notti passate sul lavoro del servizio aeropostale, un lavoro che è una novità assoluta e in certo modo pionieristico.
L’uomo che vola di notte scopre dentro e fuori di sé un paesaggio diverso, impensabile, dove volare è fatica e rischio quotidiano, dove si ammira il buio del mondo, ma ci si rivolge anche al proprio mondo e alla propria oscurità interiore. Tuttavia la precarietà della situazione, il vento, le perturbazioni atmosferiche e la tempesta lo riportano al pensiero della madre: «Non potete conoscere fino in fondo l’immensa gratitudine che provo nei vostri confronti, né la valanga dei ricordi che mi avete lasciato» (p. 224).
L’epistolario: un omaggio affettuoso a una madre straordinaria
L’epistolario si rivela un sincero omaggio di amore a una madre fuori del comune: Marie de Saint-Exupéry è una donna eccezionale, disegnatrice e pittrice, aperta alle forme dell’arte e dello spirito, segnata anche dalla sofferenza e dalle difficoltà della vita (nel 1904, vedova a 28 anni, deve portare avanti la famiglia da sola e poi vede la morte di due figli). Un elogio di lei da parte di Antoine, quando ha 21 anni, è particolarmente toccante: «Voi avete fatto così tanto per noi e io quasi mai l’ho riconosciuto. Sono stato egoista e sciocco. Non sono stato il sostegno di cui avreste avuto bisogno. Mi sembra che ogni giorno che passa imparo a conoscervi e ad amarvi un po’ di più. È proprio vero che la “mamma” è l’unico rifugio per un uomo in difficoltà» (p. 108). «Mamma, stringetemi a voi come io vi stringo forte, dal profondo del mio cuore» (p. 239): sono le parole, quasi profetiche, dell’ultima lettera alla madre, che lei riceverà dopo aver appreso della morte del figlio.
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[1] Il Piccolo Principe, regia di Mark Osborne, 2016.
[2] Cfr A. de Saint-Exupéry, Lettere a una sconosciuta. L’ ultimo amore del piccolo principe, Milano, Bompiani, 2009.
[3] Cfr Id., Lettere di giovinezza all’amica inventata, Bagno a Ripoli (Firenze), Passigli, 1998; Lettere a una giovane amica, Treviso, Santi Quaranta, 2015.
[4] Id., Lettere a mia madre, Treviso, Santi Quaranta, 2015. Le citazioni all’interno dell’articolo si riferiscono a questa edizione. Precedentemente le lettere erano state pubblicate da Gallimard, Paris, 1954, e in versione italiana da A. Mondadori, Milano, 1994.
[5] Cfr G. Pani, «“Lettere di giovinezza all’amica inventata”, di A. de Saint-Exupéry», in Civ. Catt. 2016 I 178.
[6] Consuelo de Saint-Exupéry, Memorie della rosa. Il manoscritto ritrovato, Siena, Barbera, 2008, 194.