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Agli inizi degli anni Duemila alcune cattedre di diritto penale esaminarono in modo approfondito la riforma del carcere di Tihar a Nuova Delhi, in India, come possibile modello di rieducazione. La riforma, elaborata dalla direttrice Kiran Bedi, si basava su un’idea di carcere «correzionale», «collettivo» e «comunitario», e poneva al centro del modello la meditazione profonda. In soli due anni la recidiva di quel carcere di 10.000 detenuti scese dal 70% al 10%, grazie agli effetti della meditazione, che permetteva ai detenuti di conoscersi interiormente e di comprendere il male compiuto.
Al termine del Giubileo della misericordia, la proposta continua a provocare gli Ordinamenti civili a una conversione culturale che includa nel modello rieducativo la dimensione spirituale della persona.