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Con grande soavità l’A. ci conduce attraverso lo spazio e il tempo nei quali Roma si distende. La città, infatti, non è solo uno spazio urbano, una macchina da abitare, ma un luogo dello spirito, un’identità inclusiva, nella quale pure i suoi moltissimi ospiti continuano a sentirsi romani, anche se non per anagrafe. Così, dalla testimonianza dei mille santi, grandi e piccoli, negli infiniti luoghi della pietà romana – alcuni ora desueti e abbandonati, altri ancora vivissimi – e, ancora, dalla ricerca di un senso, di un fine, di una verità cui tutti anelano, siamo spinti a trovare anche noi quel «nonsoché che assomiglia alla felicità».
E forse lo troviamo, questo «nonsoché» impalpabile, proprio in quella verità profonda dell’incontro di noi stessi – al di fuori e al di là di tante apparenze che ci costruiamo addosso – con Gesù Cristo, che sa trarre da noi il meglio e condurci a quella felicità che si può avere in questa terra.
«Circondàti da una tale moltitudine di testimoni – dice la Scrittura –, […] corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti» (Eb 12,1). E davvero vediamo nei rioni, nelle strade e nelle chiese camminare, correre, vivere un’umanità pulsante, viva. Se è vero che i luoghi si trasformano e la Roma urbana è cambiata moltissime volte – e non sempre in meglio –, i medesimi personaggi continuano a popolarla: siamo noi, gli uomini e le donne di sempre, con i loro desideri, le loro storie, le loro fatiche, contraddizioni e speranze. Con loro e come loro, incontriamo in questa città – «onde Cristo è romano» – anche il Salvatore, colui che è «via, verità e vita».
Questo libro di poesia e di fede viva ci apre il cuore a una nostalgia che ci fa bene, a un’attesa, a un Incontro.