
Il 27 aprile, nel Giubileo degli adolescenti, papa Francesco eleverà agli onori degli altari Carlo Acutis, deceduto a 15 anni a Monza nel 2006. La madre, Antonia Salzano Acutis, tenta di rispondere alle domande che molti le pongono: qual è il segreto di suo figlio? Perché un ragazzo come tanti, morto giovanissimo, è invocato nel mondo intero?[1]. Carlo è davvero «il santo che non ti aspetti. È vissuto in un ambiente sociale che è quello di tutti i ragazzi e gli adolescenti del suo tempo. Ha amato anche lui ciò che piace ai giovani. […] Il suo proposito [era] fare di sé qualcosa di bello per Dio»[2]. Che cosa è «il bello»? «Ciò che veramente ci renderà belli agli occhi di Dio sarà solo il modo in cui lo avremo amato e come avremo amato i nostri fratelli»[3].
La testimonianza di un padre, guida spirituale della scuola
Ho incontrato uno dei testimoni che ha conosciuto Carlo due anni prima della sua scomparsa: padre Roberto Gazzaniga, oggi quasi ottuagenario, animatore spirituale dei liceali al Leone XIII di Milano. Lo studente aveva 14 anni e, dopo le medie, si era iscritto al liceo classico. Sono significative le caratteristiche con cui il gesuita ha incominciato a descriverlo: «Era un bel ragazzo, aveva un portamento signorile, perché apparteneva a una famiglia agiata, ma era un “signore” nel senso più bello del termine: non solo nel modo di comportarsi, nelle relazioni, nella generosità, ma in ogni cosa, anche la più umile. Fin dai primi giorni di scuola Carlo si era distinto per la delicatezza e la discrezione con cui si accorgeva di quanti erano in difficoltà, di chi faceva fatica a integrarsi nella classe, e si avvicinava ad essi con semplicità, cercando di sciogliere resistenze e silenzi». Sono state raccolte altre testimonianze di p. Gazzaniga sul suo discepolo. Egli afferma, per esempio: «Molte compagne e compagni sono grati a Carlo per questa sua capacità di creare e facilitare relazioni, di trasmettere fiducia e vicinanze senza invadenze»[4]. Inoltre sottolinea la vitalità e l’allegria di Carlo nei confronti dei compagni di scuola: «L’essere presente e far sentire l’altro presente è stata una nota che mi ha presto colpito di lui. […] Aveva una capacità d’iniziativa e di coinvolgimento rispettosa, vivace e molto giovanile nell’esuberanza»[5].
«La solarità di Carlo – continua il sacerdote –, la ricerca di contatto diretto non lasciavano
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