
Nel dicembre 2024 papa Francesco ha espresso la sua vicinanza al popolo nicaraguense, scrivendo: «La Madre di Dio non smette di intercedere per voi, e noi non smettiamo di chiedere a Gesù che vi tenga sempre per mano»[1]. Quel Paese, che al pari di molte altre nazioni latinoamericane ha vissuto periodi di colonizzazione e di evangelizzazione, di rivoluzione e di indipendenza, di divisione interna e di disuguaglianza, oggi si trova ad affrontare la povertà, l’instabilità sociale e l’isolamento internazionale.
In effetti il Nicaragua ha raggiunto in qualche modo una pietra miliare: nel 2025 è più lontano dalla Rivoluzione decisiva del 1979 di quanto quell’anno importante lo fosse dall’insediamento del governo di Somoza (1936) che aveva rovesciato. È quindi un momento proficuo per riflettere sul progresso della nazione.
Il contesto storico
La storia della Repubblica del Nicaragua è lunga e variegata. Le ricche risorse naturali, la terra fertile e una posizione invidiabile tra il Mar dei Caraibi e l’Oceano Pacifico ne hanno fatto per lungo tempo un crocevia delle Americhe, e ancora oggi essa è caratterizzata dalla diversità di popoli, culture e lingue. Nonostante l’attuale povertà economica, la cultura nicaraguense rispecchia i frutti di molte culture, tra cui quella dei popoli indigeni Nahua, quella meticcia, l’eredità coloniale spagnola e quella anglo-caraibica.
Lo sbarco di Cristoforo Colombo sulla costa caraibica, nel 1502, preannunciava secoli di colonizzazione europea; nel 1524 gli spagnoli stabilirono la loro presenza con i presìdi (presidios), che oggi sono due delle principali città del Nicaragua: Granada e León. I tre secoli della colonizzazione spagnola terminarono nel 1821, quando il Nicaragua raggiunse l’indipendenza, insieme agli altri Stati dell’America Centrale. Dopo due anni trascorsi sotto il controllo dell’Impero messicano, il Nicaragua fu un membro costituente della Repubblica federale del Centro America, per poi divenire, nel 1838, una Repubblica indipendente. Da allora, i Paesi dell’America Centrale hanno continuato a perseguire l’unità e la cooperazione, che oggi vengono espresse negli intenti del Sistema dell’integrazione centroamericana, noto con l’acronimo spagnolo Sica.
Per il Nicaragua, come per gran parte dell’America Latina, il XIX secolo è stato un tempo segnato dal conflitto tra fazioni elitarie, spesso genericamente etichettate come «liberali» e «conservatrici», ma in effetti espressioni di gruppi d’interesse che si contendevano il controllo politico ed economico del Paese. Esse si scontravano su questioni politiche e sociali, come l’uguaglianza e la democrazia, il capitalismo, il ruolo della Chiesa cattolica e, in seguito, i rapporti con gli Stati Uniti, mentre
Contenuto riservato agli abbonati
Vuoi continuare a leggere questo contenuto?
Clicca quioppure
Acquista il quaderno cartaceoAbbonati
Per leggere questo contenuto devi essere abbonato a La Civiltà Cattolica. Scegli subito tra i nostri abbonamenti quello che fa al caso tuo.
Scegli l'abbonamento