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L’interdisciplinarietà ha aperto nuovi orizzonti nello studio dei testi biblici, offrendo indubbi vantaggi nella comprensione della Scrittura. Su questa frontiera si muove il gesuita Vincenzo Anselmo, professore di Scrittura alla Pontificia Facoltà Teologica di Napoli, cercando in questo studio di far luce sugli elementi della dimensione interiore dell’uomo presenti nella Bibbia, mettendo in dialogo esegesi biblica, teologia e psicologia.
Il volume si articola in cinque capitoli, di cui il primo ripercorre a volo d’uccello la graduale apertura dell’esegesi biblica alle scienze umane e in particolare il complesso rapporto fra psicologia e Bibbia. Le esperienze non sono mancate, ma con esiti discutibili: dal rischio di «riduzionismo psicologista» (p. 13), come nel caso della psicoanalisi freudiana, ad approcci che fanno della Bibbia «una sorta di test di Rorschach dove poter proiettare teorie e/o precomprensioni che precedono il testo e quanto esso voglia dire» (p. 15). Sulla scorta di questi tentativi, l’A. si propone di «cogliere una prospettiva psicologica dentro la Bibbia che emerga a partire dalla lettura ravvicinata senza ingiustificate sovrapposizioni teoriche che potrebbero forzare il testo e spingerlo a dire più di quanto effettivamente dica» (p. 17).
L’analisi narrativa offre un contributo significativo per realizzare questo obiettivo. Dopo aver richiamato alcuni elementi preliminari di tale approccio alle Scritture, il secondo capitolo si sofferma sulle «strategie che la Bibbia mette in atto affinché il lettore possa accedere all’interiorità di un personaggio» (p. 22). Si tratta di segnali presenti nel racconto: il punto di vista e il suo cambiamento, ad esempio, o anche «la visuale interiore (inside view)» (p. 26), che permette di entrare in ciò che il personaggio prova. In alcuni passaggi è possibile rilevare la drammatizzazione dell’interiorità delle figure bibliche, come, ad esempio, nell’incontro, nel libro della Genesi, fra Giuseppe e il padre Giacobbe. Nel discorso diretto o nei monologhi interiori è poi il personaggio stesso a manifestare la propria interiorità. «Anche il dialogo tra le figure della narrazione si rivela fondamentale per la caratterizzazione degli affetti e delle disposizioni interiori […]. La parola, infatti, non cade a vuoto, ma può colpire affettivamente colui a cui è indirizzata suscitando reazioni e contrasti» (p. 45).
La narrazione biblica condivide con il lettore anche uno sguardo profondo sull’intimità di Dio. Soprattutto le pagine iniziali della Bibbia formano le prime percezioni del lettore su di lui, che lo aiuteranno a comprendere il suo modo di essere e operare nel corso della storia biblica, grazie al «cosiddetto primacy effect, cioè i fatti, le impressioni o gli elementi presentati per primi si apprendono e si ricordano meglio rispetto al materiale presentato più avanti in una sequenza» (p. 52).
I capitoli successivi dimostrano, attraverso l’analisi di numerosi passi biblici, la tesi e il suo metodo, seguendo le tre parti in cui si articola la Bibbia ebraica (Torah – Profeti – Scritti) e avvalendosi di traduzioni condotte dall’A. stesso. Vengono analizzate alcune teofanie della Torah, nel loro risvolto interiore, con una incursione nel Nuovo Testamento, che prende in considerazione il battesimo di Gesù. Poi gli scritti di alcuni profeti, in particolare le parti in poesia all’interno di narrazioni in prosa come squarci rivelativi del vissuto del personaggio. Infine, gli Scritti, prendendo in considerazione alcuni Salmi attribuiti a Davide, letti come rimando a episodi della sua storia. I Salmi esprimerebbero i sentimenti e il mondo interiore di Davide, che nella narrazione dei due libri di Samuele è prevalentemente assente.
Il lettore conosce Dio attraverso i vissuti dei personaggi biblici e fa esperienza di un incontro personale con lui nella propria intimità. La Bibbia, dunque, non solo può confrontarsi con la psicologia per la profondità con cui tratta il cuore dell’uomo, ma attraverso la Parola rivela «i pensieri e gli affetti che albergano negli uomini e nelle donne e le loro intenzioni più nascoste» (p. 182), tanto che il confronto può essere bidirezionale, «poiché anche la psicologia apprende dalla visione dell’essere umano presente nella Scrittura» (ivi). «È necessario leggere la Bibbia, altrimenti non capiremo mai la psicologia. La nostra psicologia, tutte le nostre vite, il nostro linguaggio e il nostro corredo d’immagini sono costruiti sulla Bibbia» (p. 11). L’A. riporta affermazioni di Carl Gustav Jung, a conferma dell’esperienza di ogni lettore: mentre egli scorre le pagine della Bibbia, sono esse a scrutare il suo cuore e a modellarne i vissuti a misura divina.